Casa coniugale: la mancata trascrizione del provvedimento di assegnazione non impedisce l’azione di simulazione della vendita a terzi
Cass. Civ., Sez. II, Ord. 26 settembre 2022, n. 27996
La Corte di Cassazione ha affermato che il difetto di trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare legittima l’assegnatario ad agire in giudizio ex art. 1415 comma 2 c.c. per far valere la simulazione di atti di alienazione della stessa casa familiare a terzi, indipendentemente dalla circostanza che gli si possa per ciò stesso rimproverare un atteggiamento di inerzia.
Riflessioni e spunti critici di commento – Conclamato l’interesse superiore del genitore assegnatario della casa coniugale a tutelare i figli per la conservazione di questa
Con questa recentissima e significativa pronuncia la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione sancisce, peraltro nel solco di una sua giurisprudenza consolidata nel tempo, la piena legittimazione del coniuge assegnatario della casa coniugale ad agire per la declaratoria di simulazione della vendita a terzi, a prescindere dal fatto che egli si sia reso parte diligente per la trascrizione del provvedimento di assegnazione.
Per comprendere gli esatti contorni della vicenda giudiziale che ci occupa e soprattutto le reali motivazioni sottese a questa decisione, occorre anzitutto ricordare che l’art. 1415 comma 2 c.c.[1] testualmente prevede che “I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti”.
Si tratta, in definitiva, di una legittimazione particolare che, in quanto tale, va ad interessare soggetti non strettamente coinvolti nell’atto giuridico o negoziale di riferimento, per non esserne state parti nel senso giuridico del termine.
La Corte di Cassazione, tuttavia, proprio al fine di evitare un’interpretazione per così dire indefinita di tale norma, ha opportunamente precisato[2] come quest’ultima non consenta di ravvisare un interesse indistinto di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, dovendo essere detta legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione e potendosi, pertanto, riconoscere il relativo potere di azione e/o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto.
Ebbene, nel caso oggi in commento il ricorso alla Corte Suprema muoveva dal presupposto che il Giudice di appello avesse negato al coniuge assegnatario della casa familiare la legitimatio ad causam per far accertare la simulazione della compravendita conclusa dall’altro coniuge in favore del terzo, ritenendolo privo di un diritto sostanziale pregiudicato dalla vendita.
In particolare, la Corte di appello sostanziava la propria pronuncia sull’eventuale minor tutela che fosse derivata al coniuge per il fatto, a lui ascrivibile, di aver negligentemente omesso di trascrivere il provvedimento di assegnazione al fine di assicurarne l’opponibilità ai terzi anche dopo i nove anni dalla pronuncia, in tal modo sostenendo come tale condotta escludesse quel “pregiudizio di un diritto cui la legge condiziona la legittimazione del terzo a far valere la simulazione“.
Il Giudice di Appello andava, dunque, di fatto a “colpevolizzare” la presunta inerzia del coniuge assegnatario, condizionandone gli effetti giuridici e sostanziali mediante la sua delegittimazione a far valere la simulazione della vendita, quasi a voler esclusivamente tutelare la posizione del terzo acquirente rispetto a quella, non meno rilevante, dei soggetti titolari effettivi del diritto di abitazione.
Al contrario, la Corte di Cassazione con la sentenza oggi in commento è giunta, correttamente, ad una giusta rivalutazione della posizione giuridica e sostanziale anche di tali ultimi soggetti che, si badi bene, nella maggior parte dei casi sono individuabili tra i figli, minorenni o comunque non autosufficienti economicamente, della coppia, vittime incolpevoli di una crisi coniugale che essi subiscono da parte dei propri genitori.
Rispetto, pertanto, ad un atteggiamento chiaramente “negazionista” come appunto quello assunto dalla Corte di merito, la Cassazione si fa portavoce di una linea interpretativa maggiormente coerente con il concetto, contenuto nel richiamato art. 1415 comma 2 c.c., di “legittimazione straordinaria” all’azione di simulazione, da intendersi come facoltà per il terzo di agire in giudizio per far accertare la simulazione di un contratto stipulato inter alios quando essa “pregiudichi” i suoi diritti.
Come detto, dunque, il timore che tale norma possa essere soggetta ad una interpretazione generalizzata ed informe è destinato a dissolversi proprio per la opportuna precisazione che i Giudici di legittimità hanno formalizzato nel tempo, andando a specificare come con tale espressione il nostro Legislatore abbia inteso individuare il tratto comune alle varie ipotesi rientranti in questa tipologia nella titolarità in capo al terzo che agisce di un diritto o di un rapporto collegato ad un altro da un nesso in forza del quale il primo diritto o rapporto viene ad essere “pregiudicato”.
La sentenza oggi in commento, quindi, si sottopone alla nostra attenzione proprio per la lettura, interessante e piena di spunti di riflessione, con la quale questo rapporto di “pregiudizialità” tra i due diritti o rapporti sottostanti venga ad essere affrontato.
In primo luogo, infatti, la Corte di Cassazione precisa che per attestare la sussistenza di tale legittimazione ad agire da parte del terzo il primo diritto e/o rapporto debba essere “giuridicamente dipendente” dal secondo e che quest’ultimo, pertanto, diventi quello pregiudiziale-condizionante del primo.
Secondo la Corte, dunque, in queste particolari ipotesi si deve venire a creare tra i due diritti sottostanti un necessario collegamento che la stessa Corte definisce in senso lato essere di “pregiudizialità- dipendenza”, tale da consentire al terzo titolare di quello dipendente di agire in simulazione in via assolutamente straordinaria e, quindi, di far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui[3].
Il ragionamento logico ed ermeneutico che i Giudici di legittimità seguono è, peraltro, quanto mai sottile, poiché essi affermano che ciò che legittima il terzo ad una azione di simulazione non sarebbe un “quid facti”, e dunque un danno o pregiudizio nel senso giuridico e sostanziale del termine, ma piuttosto un “quid iuris” e cioè, ove si tratti di legittimazione straordinaria o sostituzione processuale che dir si voglia, sempre un “pregiudizio” ma non nel senso di nocumento.
La finezza interpretativa dei termini in questione e dei relativi loro significati finisce per sostanziare queste ipotesi di “legittimazione straordinaria” sulla natura “pregiudiziale” del diritto o rapporto considerato, piuttosto che sul carattere “pregiudizievole” dello stesso, quasi a sottolineare la necessità che il predetto nesso giuridico tra le due situazioni oggetto di causa sia, appunto, condizionante.
In definitiva, dunque, secondo la Corte si prescinde del tutto dal concetto di danno, pregiudizio e/o nocumento che dall’esercizio di un diritto evidentemente simulato possa essere derivato al coniuge assegnatario per attenzionare unicamente la correlazione meramente preventiva e prioritaria sussistente con lo stesso diritto.
Applicando, infatti, questo ragionamento alla fattispecie in esame, secondo i Giudici di legittimità la legittimazione straordinaria del coniuge assegnatario ad agire in via di simulazione è data non già dalla semplice affermazione della titolarità del relativo diritto, bensì da quella, presupposta, del diritto dipendente nel senso sopra specificato che, nel caso di specie, coincide con l’acquisizione del diritto di abitazione nella casa familiare[4].
Ecco dunque perché nella soluzione al caso oggi in esame si esplicita come la mancata trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale da parte del soggetto interessato incida certamente sull’opponibilità ai terzi di tale atto, non potendosi ritenere in alcun modo che tale omissione possa comunque generare uno “scudo protettivo” in favore del coniuge assegnatario.
Se, infatti, è vero che la Corte Costituzionale[5] ha da tempo ormai dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 155 comma 4 c.c. nella parte in cui non prevedeva la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario della prole, è anche vero che l’opponibilità ex se di tale atto giudiziale, per espressa disposizione normativa di cui all’art. 6 della Legge n. 898 del 1970, risulterebbe confinata nello stretto termine novennale a tal fine espressamente stabilito.
Come è noto, il legislatore che ha provveduto, con la Legge n. 74 del 06 marzo 1987[6], a regolare la fattispecie della “abitazione nella casa familiare” spettante “di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età“, ha altresì statuito, all’art. 11 che modifica l’art. 6 sesto comma, che “L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 c.c.”[7]
La Corte Costituzionale, dunque, nel riprendere in mano la materia de qua ha avuto solo il merito di individuare nelle differenti disposizioni legislative che regolano gli istituti del divorzio e della separazione dei coniugi la “eadem ratio” dello “esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale” della prole, in tal modo stigmatizzando l’incomprensibile diversità di disciplina già esistente tra l’assegnazione dell’abitazione opponibile, previa trascrizione, al terzo acquirente nell’ ipotesi di scioglimento del matrimonio e quella, al contrario non opponibile, un tempo ravvisabile nell’ipotesi di separazione personale dei coniugi.
Una volta, invece, riportata la perfetta analogia di fattispecie similari grazie all’illuminato intervento costituzionale, la normativa speciale di riferimento, che come è noto richiama l’art. 1599 c.c., comporta oggi che, una volta trascorsi nove anni dal provvedimento di assegnazione, il difetto di tempestiva trascrizione non renda ulteriormente opponibile, e quindi possa pregiudicare o rendere da sé dipendente, l’assegnazione della casa familiare rispetto al legittimo diritto acquistato dal terzo su quest’ultima.
In definitiva, ed è questo il principio basilare che la Corte di Cassazione anche in questa occasione ribadisce, l’inerzia del coniuge assegnatario rispetto al suo onere di trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare non pregiudica il diritto regolarmente acquisito su di essa da un terzo, ma semmai legittima esso coniuge assegnatario a far valere le proprie ragioni, e segnatamente quelle dei soggetti a lui affidati, anche in via simulatoria senza che la sua omissione possa compromettere o escludere l’esercizio di tale diritto.
Si capovolge, dunque, il criterio colpevolistico che nella vicenda de qua il Giudice di appello aveva posto a base del proprio decisum, a dimostrazione della totale ininfluenza di tale presunta omissione rispetto a quell’interesse prioritario alla tutela di una situazione giuridica e sostanziale preminente quale è, appunto, quella di salvaguardare il diritto dei soggetti assegnatari della casa, coniuge e/o figli, rispetto a possibili atti simulatori posti da terzi in loro danno, pur mantenendo sempre inalterati il rispetto e l’attenzione per il contrapposto diritto del terzo, se in buona fede, all’acquisto, regolare, dell’abitazione oggetto di assegnazione.
[1] Art. 1415 c.c. “Effetti della simulazione rispetto ai terzi”
[2] Vedi in particolare Cass. Civ. Sez. Terza, sentenza n. 29923 del 30 dicembre 2020
[3] La Corte in proposito richiama in applicazione l’art. 81 c.p.c. “Sostituzione processuale”
[4] Si tratta di principio consolidato nella giurisprudenza della Corte come da sentenze nn. 29923/2020, 4023/2007 e 6651/2005
[5] Sentenza n. 454/1989
[6] Cfr “Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”
[7] Cfr “Trasferimento a titolo particolare della cosa locata”
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Nata a Lecce nel 1963 e conseguita la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Siena con la votazione di 110/110, svolge da subito la pratica legale presso uno studio di Milano abilitandosi all’esercizio della professione forense nel 1991 e nello stesso anno diventa titolare dello studio già avviato dal padre Avv. Renato da cui eredita, oltre alle qualità umane, l’inclinazione per il Diritto Civile, operando prevalentemente in tutto il Salento.
All’iniziale interesse per il Diritto di famiglia e dei minori si affianca l’approfondimento di altre branche del diritto privato, quali il Diritto Commerciale e la sicurezza sul lavoro, complice anche l’espletamento di ulteriori incarichi quali quelli di Giudice Conciliatore e di Mediatore Professionista. La sua attività professionale si estende nel tempo anche al campo dei diritti della persona e tutela degli stessi e l’acquisizione di una crescente esperienza in materia di privacy e sicurezza sul lavoro la incita ad incrementare l’impegno riposto nell’aggiornamento continuo. Particolare rilevanza assume anche lo svolgimento dell’attività di recupero crediti nell’interesse di privati e società, minuziosamente eseguita in ogni sua fase, nonché quella per la tutela del debitore con specifica attenzione alla nuova disciplina in materia di sovraindebitamento.
Dal 1990 è docente di Scienze Giuridiche ed Economiche presso gli Istituti ed i Licei di Istruzione Superiore di Secondo Grado, attività che svolge con passione e che, per il tramite della continua interazione con le nuove e le vecchie generazioni, le agevola la comprensione dei casi e delle fattispecie a lei sottoposte, specie nell’ambito del diritto di famiglia. E’ socio membro di FEDERPRIVACY, la più accreditata, a livello nazionale, Associazione degli operatori in materia di privacy e Dpo.
Dà voce al proprio pensiero per il tramite degli articoli pubblicati sul proprio sito - SLS – StudioLegaleSodo (www.studiolegalesodo.it) nonché attraverso i rispettivi canali social ( FaceBook e LinkedIn ) ed è autrice di vari articoli e note a sentenza su riviste telematiche del diritto di primario interesse nazionale.
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