Caso Englaro: il Consiglio di Stato ha condannato la Regione Lombardia al risarcimento del danno

Caso Englaro: il Consiglio di Stato ha condannato la Regione Lombardia al risarcimento del danno

La sezione III del Supremo Consesso amministrativo, nel condannare  la Regione Lombardia al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dal rifiuto di provvedere alla adozione delle richieste della persona interessata consistenti nel fornire le necessarie prestazioni sanitarie presso una delle strutture sanitarie regionali, propone al lettore significativi spunti di riflessione su di un tema di sicuro rilievo nel complessivo quadro dei diritti civili del nostro Paese.

Specificatamente, il Consiglio di Stato, respingendo il ricorso della Regione Lombardia, ha ammesso il risarcimento del danno per il caso Englaro.

Eluana Englaro era da 17 anni in stato vegetativo presso una struttura della ASL della regione Lombardia. La ragazza era rimasta vittima di un incidente il 18 gennaio del 1992, all’età di 21 anni.

Il padre chiese alla struttura (un istituto religioso convenzionato con la ASL) di sospendere il mantenimento in vita, staccando il sondino naso-gastrico, ma la regione si rifiutò adducendo sostanzialmente tre motivazioni:

  • mancanza di una legge chiara al riguardo;

  • il contrasto tra gli studiosi;

  • le possibili ripercussioni penali per chi eseguiva la sospensione.

Venne quindi inoltrata una causa legale nel 1999, che durò fino al 2006 anno in cui intervenne la decisione della Cassazione. A seguito dell’autorizzazione alla sospensione da parte della Corte, Eluana fu poi trasferita (a spese della famiglia) dalla casa di cura di Lecco alla casa di riposo la Quiete di Udine dove morì il 9 febbraio 2009.

L’iter processuale fu lungo e travagliato.

La richiesta di interrompere l’alimentazione forzata, considerata un inutile accanimento terapeutico scatenò in Italia  ma anche all’estero un acceso dibattito sul tema dell’interruzione dello stato di coma. La magistratura accentrò le sue indagini soprattutto sulla volontà della ragazza, che venne ricostruita tramite testimonianze della famiglia e degli amici. Amiche della ragazza raccontarono che Eluana aveva dichiarato che sarebbe stato preferibile morire che sopravvivere privi di coscienza e volontà e completamente dipendenti dalle cure altrui, e nell’occasione dell’incidente di un amico aveva pregato perché costui si spegnesse senza ulteriori sofferenze ed umiliazioni. E a seguito della morte di un compagno di scuola in un incidente di moto, Eluana aveva dichiarato: “nella disgrazia è stato fortunato a morire subito”.

In famiglia la giovane aveva dichiarato ai genitori che non avrebbe potuto tollerare che lo stesso capitasse a lei e che per quanto la riguardava avrebbe preferito la morte rispetto ad una sopravvivenza del genere ed aveva ripetutamente chiesto loro di non permettere mai che qualcosa del genere le capitasse.

Il Consiglio di Stato rileva dunque che “all’epoca del provvedimento di rifiuto, secondo parametri di ordinaria diligenza non poteva ragionevolmente porsi in dubbio l’obbligo della Regione – che aveva già in cura la persona assistita da ben 17 anni – di adottare, tramite le proprie strutture, le misure corrispondenti al consenso informato espresso dalla persona, come definite dalle pronunce del giudice civile, che aveva accertato – con decisione passata in giudicato – l’esistenza di una idonea e valida manifestazione di volontà in tal senso

In sostanza, i giudici hanno rilevato che il diritto di rifiutare le cure, riconosciuto ad Eluana dalla Corte di Cassazione “è un diritto di libertà assoluto, efficace erga omnes. Pertanto, si tratta di una posizione giuridica che può essere fatta valere nei confronti di chiunque intrattenga il rapporto di cura con la persona, sia nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche che di soggetti privati”.

La Regione “era tenuta a continuare a fornirle la propria prestazione sanitaria, anche se in modo diverso rispetto al passato, dando doverosa attuazione alla volontà espressa dalla stessa persona assistita, nell’esercizio del proprio diritto fondamentale all’autodeterminazione terapeutica”.

In particolare, il danno è stato suddiviso in 12.000 euro circa per danno patrimoniale, e il restante per il danno non patrimoniale (in totale 132.965,78 euro per danno patrimoniale e non patrimoniale più il pagamento delle spese legali).

Precisa il CDS che comunque non ci fu alcun dolo da parte della Regione, il cui atteggiamento era dovuto in prevalenza alla mancanza di riferimenti legislativi certi.

In una dichiarazione al messaggero Beppino Englaro ha dichiarato di essere soddisfatto della sentenza «ma non posso dire che mi faccia piacere, semmai è un provvedimento che davamo per scontato. Quello che davvero ci ha fatto piacere è stata la sentenza della Cassazione del 2007. Era loro legittimo diritto presentare ricorso ma noi non avevamo dubbi che sarebbe finita così. Perché dopo la sentenza della Cassazione tutto era ormai chiaro, quella venuta dai massimi organi amministrativi è stata una risposta dovuta. La vicenda di Eluana resta unica – ha aggiunto –: perché su questi temi prima del suo caso c’era in Italia il deserto culturale. Oggi, lo dimostrano i fatti, non è più così».


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Luigi Piero Martina (Lecce, 1992). Laureato con 110 e lode in Giurisprudenza (con qualifica Summa cum Laude) presso la Pontificia Università Lateranense, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea a carattere sperimentale. Laureato con il massimo dei voti in Operatore Giuridico di Impresa, del Lavoro e delle Pubbliche Amministrazioni, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea in materia di contrattualistica pubblica. Laureando in materie economiche e Avvocato Comunitario. Dipendente del Sovrano Militare Ordine di Malta. Ex Segretario e Tesoriere dell’Associazione Internazionale Lateranense della Pontificia Università Lateranense ed ex Consulente Professionale presso la Fondazione “Civitas Lateranensis” . Ex Consulente Professionale presso la Cattedra di Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee della Pontificia Università Lateranense. Autore scientifico ed ex Tutor Accademico presso la succitata università. Componente dell'Osservatorio di Studi sulla Dualità di Genere della Pontificia Università Lateranense. Membro del Gruppo Interdisciplinare di Ricerca in Neurobietica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Responsabile Qualità Accademica della Scuola di Alta Formazione e Studi Specializzati per Professionisti.

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