Cassa Forense, eredi dell’avvocato: nessuna restituzione dei contributi versati
Cassazione civile, sez. lav., 02 marzo 2018, n. 4980
La Suprema Corte conferma il proprio orientamento circa la legittimità della previsione della non restituibilità dei contributi non utilizzabili ai fini pensionistici… anche nei riguardi degli eredi!
Nel caso in esame, gli eredi di un avvocato, deceduto nel luglio 2006, senza aver maturato il diritto alla pensione, agivano in giudizio al fine di ottenere il diritto, ai sensi dell’art. 21 legge n. 576/1980, al rimborso da parte della Cassa Forense dei contributi soggettivi versati dal loro dante causa nei 25 anni di iscrizione alla Cassa. Il Tribunale rigettava la domanda. Proposto appello, ugualmente la Corte di merito respingeva il gravame. Proponevano così ricorso in Cassazione gli eredi del professionista.
Come noto, l’art. 21 della L. 576 del 1980 stabilisce, al comma 1, che: <<Coloro che cessano dall’iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione hanno diritto di ottenere il rimborso dei contributi di cui all’art. 10, nonché degli eventuali contributi minimi e percentuali previsti dalla precedente legislazione, esclusi quelli di cui alla tabella E allegata alla L. 22 luglio 1975, n. 319>>. Al comma 3 si specifica, poi, che: <<Il rimborso di cui ai precedenti commi spetta anche agli eredi dell’iscritto che non abbia maturato diritto a pensione, sempreché non abbiano titolo alla pensione, indiretta>>.
L’art. 4 del Regolamento Generale della Cassa Forense, approvato, dopo l’entrata in vigore dell’art. 3, comma 12, della legge 335/95, con d.i. 28 settembre 1995 ha modificato il descritto principio prevedendo che tutti i contributi versati legittimamente alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense non sono restituibili all’iscritto o ai suoi aventi causa, ad eccezione di quelli relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci.
Ai superstiti dell’iscritto aventi titolo al trattamento di reversibilità che non abbiano diritto alla pensione indiretta, in presenza di una anzianità di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa del dante causa di almeno 5 anni, viene liquidata, a domanda, una somma pari ai contributi soggettivi versati maggiorati degli interessi legali calcolati dal 1º gennaio successivo al versamento.
La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha ribadito che appare coerente con la facoltà di optare per il sistema contributivo (in quanto comportante un palese ampliamento dell’area di utilizzabilità a fini pensionistici dei contributi versati legittimamente alla Cassa) la contestuale previsione (art. 4, comma 1, del regolamento della Cassa) della non restituibilità dei contributi medesimi; pertanto, al pari della opzione per il contributivo, la previsione della non restituibilità dei contributi risulta rispettosa dei limiti dell’autonomia degli enti previdenziali privatizzati e, come tale, idonea ad abrogare tacitamente la contraria previsione, di cui all’art. 21, legge n. 570/1980, del diritto alla restituzione dei contributi non utilizzabili a fini pensionistici.
Ciò posto, gli Ermellini hanno ritenuto che il divieto di restituzione dei contributi versati debba estendersi anche agli eredi, sul presupposto che l’istituto del rimborso contributivo non implica necessariamente la corrispettività tra contributi e pensioni, ma soltanto una particolare configurazione dei doveri di solidarietà posti a carico di tutti gli iscritti. E deve ritenersi affidato alle valutazioni discrezionali del legislatore stabilire in quale misura l’interesse dei singoli alla restituzione dei contributi sia suscettibile di contemperamento con il principio di solidarietà.
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Avv. Giacomo Romano
Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.
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