Cassazione, categorie D1 e D3: differenza non solo economica ma anche professionale
A cura dell’Avv. Luciano Mottola
Dopo circa 19 anni dalla sua introduzione ad opera del CCNL del 31.3.1999, il sistema di classificazione del personale del Comparto Regioni Autonomie locali, lungi dal potersi considerare ormai definitivamente acquisito e consolidato, forma ancora oggetto di letture interpretative da parte di giuristi ed esperti del settore, non sempre coerenti con la ratio che ne è alla base e con le regole e gli istituti che effettivamente lo caratterizzano, con particolare riferimento all’eterno dibattito riguardante la differenza tra la categoria D1 (istruttore direttivo ex settima qualifica funzionale ) e la categoria D3 (funzionario ex ottava qualifica funzionale).
Al fine di comprendere la ratio delle norme relative alla classificazione del personale del Comparto Regioni Autonomie locali è opportuno chiarire storicamente tali fattispecie.
Il D.P.R. 347/1983 prevedeva un sistema di classificazione del personale degli enti locali (Comuni) in otto qualifiche funzionali in cui l’ottava qualifica funzionale rappresentava la funzione apicale dell’ente.
In base a tale sistema di classificazione la settima qualifica funzionale era rappresentata dalla figura dell’istruttore direttivo che svolgeva: “attività di natura tecnica, amministrativa, contabile consistente nell’istruttoria formale di atti e provvedimenti e nella elaborazione dei dati, nonché attività di studio, ricerca, elaborazione e progettazione. Dette attività comportavano altresì l’applicazione di norme e procedure avvera l’interpretazione delle stesse e dei dati elaborati e consistevano nella collaborazione con titolari di posizione di lavoro di maggior contenuto professionale, direzione e coordinamento”.
Ad un gradino più alto c’era l’ottava qualifica funzionale corrispondente alla figura del funzionario che svolgeva “attività di elevata complessità e difficoltà delle prestazioni. Attività di studio, di ricerca, di elaborazione di piani e di programmi che richiedevano elevata specializzazione professionale, nonché il controllo dei risultati nei settori amministrativi, tecnico- scientifici, ovvero l’istruttoria, la predisposizione e la formazione di atti e provvedimenti di notevole grado di difficoltà che potevano comportare la direzione di unità operativa organica e l’esercizio di funzioni con rilevanza esterna. Tali attività erano svolte in autonomia operativa e iniziativa essendo l’attività caratterizzata da facoltà di decisione e autonomia di iniziativa nell’ambito degli obiettivi e degli indirizzi generali”.
Per tali motivi era inequivocabile che il legislatore con il D.P.R. 347/1983 aveva inteso differenziare le due figure.
Il processo di privatizzazione del rapporto di lavoro comportò successivamente la necessità di ridefinire il contenuto della prestazione lavorativa ex novo rispetto al precedente sistema delle qualifiche funzionali. In base all’art.3 del nuovo CCNL del 31.3.1999, il sistema di classificazione del personale del Comparto Regioni-Autonomie locali, veniva articolato in sole 4 categorie (denominate A, B, C e D) nelle quali confluivano le otto qualifiche funzionali che caratterizzavano il precedente ordinamento professionale del personale, nella vigenza del D.P.R. 347/1983.
Per ciascuna di esse veniva prevista una sola e specifica declaratoria professionale contenente l’indicazione dei requisiti, delle competenze, delle conoscenze e capacità necessarie per l’inquadramento dei lavoratori. Tale operazione sembrava accorpare la settima e l’ottava qualifica funzionale in un’unica categoria avente la stessa professionalità creando non pochi problemi di natura tecnica, soprattutto per i dipendenti assunti con la precedente normativa.
All’interno delle categorie B e D, venivano previsti (art.3, comma 7, del CCNL del 31.3.1999 ed Allegato A al medesimo CCNL) alcuni specifici profili per i quali, in considerazione della maggiore rilevanza e complessità delle mansioni che li caratterizzavano, il trattamento economico stipendiale iniziale, di accesso (dall’interno e dall’esterno), veniva fissato non in relazione alla posizione economica iniziale delle categorie B e D, e cioè in B1 e D1, come avveniva in relazione alla generalità degli altri profili delle suddette categorie B e D, ma in corrispondenza alla più elevata posizione economica B3 e D3.
Si ricorda che il termine “accesso”, nella terminologia propria del pubblico impiego, sta ad indicare, non solo la fase propria dell’assunzione del dipendente ma anche quella del suo inquadramento in una categoria superiore (in tal senso, Corte di Cassazione, sentenza 1543/03).
Con riferimento specifico alla categoria D, tali profili non erano solo quelli già previsti nell’ambito della ex VIII qualifica funzionale e che quindi dovevano essere trasposti nel nuovo sistema di classificazione, ma anche quelli che avrebbero potuto essere individuati ex novo dagli enti del comparto. Pertanto, gli enti avrebbero potuto individuare ex novo altri profili “speciali”con trattamento stipendiale iniziale in B3 e in D3, attenendosi alle indicazioni contenute nell’ultimo periodo dell’allegato A, che a tal fine fa riferimento alle caratteristiche dei profili che nel precedente ordinamento erano collocati nella ex VIII qualifica funzionale. Conseguentemente, proprio per tali motivi, si deve senz’altro escludere che la previsione dell’art.3, comma 7, del CCNL del 31.3.1999 abbia avuto la sola finalità di salvaguardia della più elevata retribuzione di cui beneficiava precedentemente il personale della ex VIII qualifica funzionale in sede di trasposizione nel nuovo sistema di classificazione.
Recentemente la sez. Lavoro della Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sul tema con la sentenza n. 17/2007 riguardante il caso di un dipendente del Comune di Reggio Calabria inquadrato nella categoria D, profilo professionale di istruttore direttivo contabile, che aveva convenuto in giudizio l’ente territoriale assumendo di avere svolto, a partire dal 1° marzo 2001, mansioni superiori al livello di inquadramento, riconducibili alla categoria di quadro o di dirigente e, comunque, al profilo professionale D3, richiedendo il riconoscimento della qualifica superiore e la condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive.
La Suprema Corte, richiamando le sentenze 6295/2011 e la 20070/2015, ha cristallizzato la differenza tra le due categorie, ponendo fine all’annosa questione, con il il seguente principio di diritto:“ Il sistema di classificazione delineato dal c.c.n.l. Comparto Regioni Enti locali del 31 marzo 1999 configura, nell’ambito della categoria D, posizioni differenziate non solo sotto il profilo economico ma anche sotto quello professionale in relazione alla diversa professionalità di provenienza (nella specie, per le ex VII e VIII qualifica funzionale, confluite, rispettivamente, nella categoria D, posizioni economiche D1 e D3), atteso che l’art. 4 dell’accordo collettivo – come ribadito dall’art. 9 del c.c.n.l. del 5 ottobre 2001 – prevede per il passaggio all’interno della stessa categoria D ad una delle posizioni economiche superiori la medesima procedura selettiva stabilita per il passaggio da una categoria all’altra” (Cass. 18.3.2011 n. 6295 e Cass. 7.10.2015 n. 20070)”.
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Avvocato specializzato in Diritto del Lavoro sia nel Pubblico Impiego che nel settore privato. Giurista d'impresa.
Componente della Commissione di "Diritto d'impresa e penale dell'economia" del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli Nord.