Cassazione: l’assegno dato in garanzia e post-datato è nullo
Cass. civ., Sez. I, 24 maggio 2016, n. 10710
a cura di Antonio Di Mauro
L’emissione di un assegno in bianco o postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia – nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume enunciato dall’art. 1343 cod. civ.. Pertanto, non viola il principio dell’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 cod. civ. il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 cod. civ.
La Suprema Corte di Cassazione conferma categoricamente il proprio orientamento circa la nullità da cui è viziato l’assegno post-datato e lasciato a garanzia di un credito.
La tesi in parola era già illo tempore stata enucleata da parte dei giudici di legittimità con la nota sentenza n. 4368/1995, la quale è stata fatta propria altresì dai giudici di merito, ivi compreso il Tribunale di Napoli con la recente sentenza n. 432/2015.
Come è noto, nell’ambito dei rapporti commerciali intercorrenti tra privati, accade sovente che il debitore inadempiente (es: conduttore il quale non ha onorato una serie di canoni di locazione) si impegni, di solito a mezzo di un patto sottoscritto tra le parti, a ritornare adempiente (es: patto che prevede una dilazione di pagamento, con indicazione delle scadenze delle singole rate), emettendo al contempo un assegno, bancario o postale, a garanzia di quel credito (assegno che il creditore dunque dovrebbe riscuotere solo in caso di inottemperanza al predetto patto da parte del debitore), di solito post-datato (es: la data di emissione del titolo bancario è successiva all’ultima scadenza indicata nel patto sottostante l’assegno) e lasciato nelle mani del creditore.
Orbene la giurisprudenza insegna che l’assegno de quo persegua interessi non meritevoli di tutela, in quanto in violazione di norme imperative, che, nel caso di specie, sono rappresentate dalle norme di cui agli artt. 1 e 2 del R.D. 1736/1933, le quali indicano i requisiti di cui deve essere dotato l’assegno per poter essere considerato come tale (tra cui l’indicazione della data e dell’ordine incondizionato di pagare una somma determinata).
A ben vedere, in sussistenza di un assegno di tale portata, ad essere viziato da nullità è il patto di garanzia sottostante il medesimo.
Pertanto, qualora il creditore, in possesso di assegno emesso dal debitore a garanzia del credito e post-datato, proceda ad azionare il proprio credito a mezzo di procedura di ingiunzione di pagamento (Per approfondimenti acquista: Il decreto ingiuntivo telematico), il debitore, nel proporre opposizione (Per approfondimenti sul procedimento di opposizione: Le Opposizioni a Decreto Ingiuntivo: Le fasi del procedimento monitorio, il giudizio di opposizione, il decreto ingiuntivo europeo) entro 40 giorni dalla notifica del medesimo, potrà eccepire la nullità del patto di garanzia.
Ma non basta.
Anche qualora il patto fosse dichiarato nullo, l’assegno bancario è idoneo a fungere da “promessa di pagamento” ai sensi dell’art. 1988 c.c., secondo il quale vige una presunzione iuris tantum (cioè relativa) di esistenza del rapporto giuridico sottostante l’assegno.
Tale presunzione può essere superata qualora il debitore fornisca la prova dell’estinzione del suddetto rapporto (es. contratto scaduto in data antecedente la data di emissione dell’assegno).
PER UN SUPPORTO:
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Antonio Di Mauro
Nato a San Giorgio a Cremano nel 1987, ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza nel Novembre 2013, presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, preparando e discutendo tesi di laurea in “Diritto Processuale Civile”, dal titolo “La Causa Petendi”, relatore Prof. Angelo Scala.
Inizia tirocinio e successiva consolidata collaborazione fin da Gennaio 2014 presso studi legali ubicati in Napoli, occupandosi principalmente di diritto civile e tributario.