Cassazione: niente incontri padre-figlia se la minore li rifiuta consapevolmente

Cassazione: niente incontri padre-figlia se la minore li rifiuta consapevolmente

Con l’ordinanza n. 21969 del 5 agosto 2024, la Corte di Cassazione, sezione I civile, ha affrontato una delicata questione inerente gli incontri tra un genitore non affidatario e il figlio minorenne, con particolare riguardo al rifiuto espresso dalla minore nei confronti del padre. Tale ordinanza ribadisce e approfondisce i principi già affermati in precedenti pronunce, rafforzando l’attenzione rivolta al diritto del minore di essere ascoltato e rispettato nelle sue decisioni, specialmente quando queste derivano da una consapevole elaborazione di sentimenti profondi e difficili.

La vicenda. Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguardava una situazione di conflitto genitoriale, in cui la minore, adolescente e pienamente consapevole dei propri sentimenti, aveva manifestato una forte avversione nei confronti di entrambi i genitori. A seguito di tale contesto, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva prorogato l’affidamento familiare della minore agli zii paterni e disposto la sospensione degli incontri con i genitori, ritenuti potenzialmente dannosi per il benessere psicologico della ragazza. La decisione di interrompere i contatti era motivata non solo dalla sofferenza manifestata dalla minore, ma anche dalla valutazione dell’idoneità dei genitori, in particolare del padre, descritto come immaturo e incapace di fornire un adeguato supporto affettivo.

La pronuncia della Corte. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo corretta la sospensione degli incontri tra il genitore non affidatario e la figlia. La Suprema Corte ha chiarito che, in situazioni come quella in esame, non è rilevante stabilire eventuali responsabilità dei genitori rispetto all’atteggiamento della minore o verificare la fondatezza delle motivazioni che giustificano il suo rifiuto. L’elemento decisivo, secondo la Cassazione, è la profondità dei sentimenti di avversione manifestati dalla ragazza, il cui superamento, senza causare traumi psicologici, è stato ritenuto improbabile.

Ciò implica che, anche se non esiste una responsabilità diretta o una colpa del genitore non affidatario, il diritto di quest’ultimo di mantenere un rapporto con il figlio non può prevalere sull’interesse superiore del minore che in questo caso coincide con il suo benessere psicologico e la sua stabilità emotiva.

Il ruolo dell’interesse superiore del minore. La Corte ha confermato che l’interesse superiore del minore deve prevalere su qualsiasi altro diritto, compreso quello del genitore di vedere e frequentare il figlio. Tale principio, previsto dall’art. 337-ter c.c., è stato interpretato in modo da riconoscere il diritto della minore di essere tutelata da situazioni che potrebbero arrecare danni al suo sviluppo psicologico. La Suprema Corte ha, inoltre, ribadito l’importanza di tenere conto del grado di maturità e della capacità di discernimento del minore, in quanto la ragazza in questione era stata ritenuta capace di una valutazione autonoma e consapevole della situazione.

La Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la propria decisione, sottolineando come la situazione di affido agli zii paterni avesse portato un miglioramento nel benessere della minore, riducendo le sofferenze derivanti dai conflitti familiari. Inoltre, il comportamento del padre, descritto come immaturo e incapace di svolgere un ruolo tutelante, aveva rafforzato la convinzione che fosse necessario mantenere la sospensione degli incontri.

Le implicazioni della sentenza. Questa decisione della Cassazione rappresenta un importante punto di svolta nella giurisprudenza riguardante i rapporti tra genitori separati e figli. Essa sancisce che, quando un minore, specialmente se adolescente, manifesta una consapevole e profonda avversione nei confronti di un genitore, la sospensione degli incontri può essere giustificata, indipendentemente da una responsabilità diretta del genitore per tale avversione. La Corte sottolinea che forzare il minore a mantenere contatti contro la sua volontà può causare gravi ripercussioni sul suo equilibrio psicologico, contravvenendo al principio dell’interesse superiore del minore.

Questo orientamento della Cassazione potrebbe avere conseguenze rilevanti nella gestione di numerosi casi simili, dove i conflitti tra genitori e figli rendono difficoltosa la gestione dei diritti di visita. L’ordinanza, infatti, invita i giudici di merito a valutare con grande attenzione la situazione psicologica del minore, piuttosto che limitarsi a garantire meccanicamente il diritto di visita del genitore. In tal modo, si rafforza il principio secondo cui il benessere psicologico del minore deve essere considerato preminente e il diritto del genitore non può essere imposto a scapito della serenità e della stabilità emotiva del figlio.

In conclusione, l’ordinanza n. 21969 del 2024 segna un ulteriore passo avanti nel riconoscimento dei diritti dei minori all’interno delle dinamiche familiari conflittuali, sottolineando l’importanza di ascoltare le volontà dei figli, soprattutto quando queste derivano da una scelta consapevole e ponderata.


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