CCNL aziendale e facoltà di recesso unilaterale

CCNL aziendale e facoltà di recesso unilaterale

Trib. Napoli, n. 342 del 7 febbraio 2017

La sentenza in oggetto ha definito i presupposti sui quali  fondare la facoltà di recesso unilaterale dal contratto collettivo aziendale.

Al fine di una chiara lettura della stessa, occorre preliminarmente rendere brevi cenni in tema di contrattazione collettiva aziendale , fermo considerando che  l’evoluzione del mercato del lavoro  ha contribuito ad una differenziazione sempre più marcata delle realtà produttive, facendo  prevalere  l’applicazione di una contrattazione detta di “prossimità” o “aziendale”, più aderente ai bisogni dell’impresa e degli stessi lavoratori

A partire dal 2011, significative sono state le novità in materia, rappresentate sia da interventi normativi che da accordi  tra le parti sociali. In particolare, il 28 giugno 2011 Confindustria e le Confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL hanno siglato un Accordo Interconfederale che prevede che i contratti collettivi aziendali approvati dalla maggioranza dei componenti delle RSU “sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda” (c.d. efficacia erga omnes).

A tali accordi, si sono aggiunte novità , sempre nel 2011, introdotte  dal legislatore, in particolare con l’art. 8 del DL 138 del 2011 (convertito in Legge 14 settembre 2001,n.148.)

La norma stabilisce, innanzitutto, che detti contratti possono realizzare specifiche intese finalizzate ”alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.

Più in particolare, tali intese potranno regolare le materie di cui al comma 2, quali: l’utilizzo di impianti audiovisivi e di nuove tecnologie,le mansioni e l’inquadramento dei lavoratori, altre forme di rapporto di lavoro  (contratti a termine, part-time, etc.),l’orario ,il regime della solidarietà negli appalti e i casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;le modalità di assunzione e la disciplina del rapporto di lavoro, nonché la trasformazione e la conversione degli stessi. Proprio uno degli istituti disciplinati dal contratto collettivo aziendale, ossia il trattamento di premialità, è stato oggetto della controversia regolato dalla sentenza in argomento.

Il caso di specie, ha visto ricorrere in giudizio un lavoratore del settore metalmeccanico al fine di veder riconosciuta illegittima la disdetta unilaterale degli accordi collettivi aziendali in materia di premi di produttività con  contestuale richiesta a percepire le somme a titolo di premialità per gli anni successivi.

Nello specifico, a partir dal 2002, l’azienda sottoscriveva con le organizzazioni sindacali a livello aziendale, un accordo in merito all’erogazione dei premi di risultato , di durata quadriennale e rinnovabile tacitamente salvo disdetta da realizzarsi previo avviso in termini pattuiti ; rinnovo avvenuto automaticamente fino al  02 aprile 2012, data in cui  l’azienda formalizzava  disdetta di tutti gli accordi collettivi aziendali compresi  quelli riguardanti i premi di produzione.

Premesso che un accordo collettivo aziendale è suscettibile di disdetta qualora se ne preveda la facoltà, il Giudice di merito ha respinto il ricorso poiché ha ritenuto che la disdetta esercitata dall’azienda era di fatto pattuita negli  accordi aziendali e che, l’art. 9 del CCNL in vigore, prevedesse la mera facoltà e non l’obbligatorietà di istituire premi di produzione; in sostanza, secondo il Tribunale l’accordo aziendale rappresentava l’unica fonte di obbligazione tra le parti e, dunque, legittimamente disdettato. Peraltro, è da considerare che  anche un accordo negoziale, in quanto produttivo di obbligazione, deve ritenersi estinto qualora le parti abbiano apposto un termine e, qualora sia a tempo indeterminato, deve ritenersi comprensivo della facoltà di recesso previo avviso anche se non espressamente pattuito, secondo i principi civilistici posti a tutela della  libertà negoziale (cfr. Cass .n. 24533 del 30 . ottobre 2013; Cass. n.19351 del   18 settembre 2007).

Indipendentemente dalla non legittimazione  a percepire le somme a titolo di premialità da parte del ricorrente  in relazione anche alla differita modalità di pagamento, che consentiva il diritto a percepirle solo per l’anno maturande ma non in quello dell’effettivo pagamento, ( nello specifico per l’anno 2013, atteso che già nell’anno 2012 era stata formalizzata la disdetta unilaterale)  a sostegno della propria decisione il Tribunale di Napoli riconosceva al recesso operato dall’azienda una portata generale, in quanto riferito letteralmente a “tutti gli accordi sindacali, le prassi ed i contratti collettivi aziendali applicati ed applicabili”.

Appare evidente , dunque, che il Giudice di prime cure abbia fondato la sua decisione sulla scorta dei principi civilistici in materia di  libertà negoziale, senza voler evidentemente intraprendere un percorso più difficile caratterizzato dal rapporto tra contrattazione collettiva nazionale ed aziendale.


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