CGUE, 13.06.24, causa C-533/22 (Adient). Per la stabile organizzazione ai fini IVA non basta la qualifica di controllata dell’entità
Sommario: 1. Stabile organizzazione nella prassi internazionale – 2. Differenze tra stabile organizzazione ai fini dell’IVA e delle imposte dirette – 3. La sentenza C-533/22 della CGUE – 4. La prospettiva del diritto europeo – 5. La decisione dei giudici
La nozione di stabile organizzazione gioca un ruolo cruciale nella determinazione delle responsabilità fiscali delle imprese operanti in più giurisdizioni. L’OCSE, con il progetto BEPS, ha posto particolare attenzione su questo tema. Il concetto di stabile organizzazione si è evoluto nel tempo, ma alcuni punti cardine rimangono costanti, come l’importanza di una presenza continuativa e significativa di un’entità sul territorio di uno Stato, per decidere se la compagine è un ramo d’azienda o un’entità sussidiaria.
La recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riafferma i punti fondamentali della definizione di stabile organizzazione ai fini IVA. Tale pronuncia ha implicazioni non solo per la tassazione indiretta, ma anche per le imposte dirette, offrendo un quadro interpretativo che dovrebbe influenzare le future decisioni fiscali degli Stati membri.
1. Stabile Organizzazione nella prassi internazionale
La nozione di stabile organizzazione è un concetto cardine del diritto tributario internazionale ed europeo, tanto che il progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’OCSE ne ha fatto un punto di riferimento.
Come ogni nozione giuridica, anche quella di stabile organizzazione è una nozione evolutiva, e il diritto unionale, come il diritto interno degli stati membri, ha contribuito a chiarirne limiti e significato.
Ciononostante, alcuni aspetti di fondo restano immutati, come l’importanza di una presenza continuativa e apprezzabile sul territorio di uno stato di una branch di compagine estera, così come la caratura degli atti della branch, che non dovranno avere natura solo preparatoria, ma esecutiva, rispetto all’attività commerciale impulsata dalla controllante.
L’interpretazione delle amministrazioni finanziarie, e lo stesso dicasi delle supreme corti, sebbene, sotto il profilo del richiamo formale al Modello OCSE, si siano allineate con quanto deciso in sede unionale, sul piano dell’interpretazione sistematica delle fonti, hanno peccato, come la nostra Agenzia delle Entrate e gli Ermellini, di adozione parziale dei criteri elaborati dalla normativa e dalla giurisprudenza europee1.
Con questa pronuncia, la CGUE ribadisce i punti focali del concetto di stabile organizzazione ai fini IVA, che, a parere di chi scrive, dovrebbero valere anche in sede di imposte dirette.
2. Differenze tra stabile organizzazione ai fini dell’IVA e delle imposte dirette
Il concetto di stabile organizzazione ai fini IVA, può essere chiarito e contrariis, ponendolo a sistema con il contesto fiscale relativo alle imposte dirette, come delineato dall’amministrazione finanziaria.
Non ne trae giovamento soltanto la comprensione della normativa unionale, ma anche quella della normativa interna, che, in applicazione del sistema gerarchizzato delle fonti del diritto europeo-nazionale, recepisce e adatta il dettato sovranazionale, rendendo il dibattito non più solo ‘lussemburghese’, ma di immediato impatto sulla fiscalità di diritto interno.
La pietra di paragone pare essere la presenza o meno di risorse umane.
Infatti, già la Circolare n. 26/E/2014 dell’Agenzia delle Entrate asseriva che, per le imposte dirette “il requisito personale non sarebbe necessario, se non richiesto dall’attività svolta nella ‘sede d’affari’.”
Quindi, in tal caso, una stabile organizzazione può esistere anche senza personale, purché ci sia un luogo fisico in cui vengono svolte attività economiche.
Al contrario, sempre la stessa Circolare afferma che: “In ambito IVA, viceversa, il concetto di ‘stabile organizzazione’ presupporrebbe l’impiego di risorse umane e materiali, non essendo sufficiente la mera presenza di impianti o macchinari sul territorio.”
È necessario, dunque, che l’entità disponga di personale e mezzi tecnici adeguati a svolgere le sue attività.
La Corte di Giustizia ha ribadito, in più occasioni, la necessaria presenza del personale ai fini della stabile organizzazione IVA.
Citerò due di queste occasioni.
Caso Berkholz (Corte di Giustizia CE, 4 luglio 1985, causa 168/84): la Corte stabiliva che: “un ‘centro di attività stabile’ implica una presenza fisica, come un luogo di gestione, che deve avere un certo grado di permanenza e una struttura adeguata in termini di mezzi umani e tecnici”, escludendo così la mera presenza di macchinari automatici senza personale.
Caso Faaborg-Gelting Linien (Corte di Giustizia CE, 2 maggio 1996, causa C231/94): la Corte chiariva che: “la fornitura di servizi di ristorazione e catering implica l’uso di una stabile organizzazione se le attività richiedono la presenza di personale per la preparazione e il servizio dei pasti, nonostante le installazioni automatiche o semi-automatiche”, ribadendo così l’importanza dell’elemento umano nella definizione di stabile organizzazione ai fini IVA.
Dello stesso avviso la dottrina, che sottolinea come “la definizione di stabile organizzazione ai fini delle imposte dirette risulta essere sempre meno stringente rispetto a quella valevole ai fini IVA, in quanto non richiede necessariamente la presenza di risorse umane”2.
Anche per Villani (2003) “la stabile organizzazione ai fini IVA richiede una struttura più rigorosa con la presenza di mezzi umani e materiali adeguati, mentre per le imposte dirette può bastare un luogo fisico dove si svolgono attività economiche”3.
Mi pare, al netto delle differenze di contesto, che si debba convenire con Messina, S. M. (2022), secondo cui: “tanto in materia di imposte dirette quanto in ambito IVA l’individuazione di una stabile organizzazione è anzitutto una questione di fatto legata all’atteggiarsi dei modelli di business dei gruppi; di talché la verifica della sua esistenza necessita di un’indagine caso per caso”4.
Più che la norma astratta, sarà il contesto imprenditoriale del soggetto non residente a indicare se sussiste o meno una stabile organizzazione ai fini IVA, poggiante tanto su elementi materiali che personali.
La direttiva IVA 2006/112/CE (direttiva) e il regolamento di esecuzione n. 282/2011 (regolamento) costituiscono l’architrave del diritto europeo in materia e della sentenza della CGUE che ci occupa e di cui procederò a breve a dettagliare il contenuto.
3. La sentenza C-533/22 della CGUE
Nella causa C-533/22, sfociata in sentenza il 13 giugno 2024, la CGUE interviene sul concetto di stabile organizzazione, in particolare nel contesto di imprese infragruppo, sia con riguardo alla nozione generale, che ai fini IVA.
Nel caso di specie, è avvenuto questo.
La società Adient DE, con sede in Germania, è un fornitore di sedili, moduli e componenti per l’industria automobilistica.
L’attività di impresa della Adient DE si avvale di società, con sede in diversi Stati dell’unione europea, facenti parte dello stesso Gruppo.
Adient RO, società stabilita in Romania, si occupa della lavorazione, assemblaggio e stoccaggio dei componenti di tappezzeria, oltre a fornire servizi accessori e amministrativi.
Adient DE acquista la materia prima e la invia ad Adient RO per la lavorazione, mantenendo la proprietà durante l’intero processo.
Le spese sostenute da Adient RO per queste attività vengono fatturate alla partita IVA tedesca di Adient DE senza addebito di imposta, essendo considerati servizi resi a un committente soggetto passivo estero.
Adient DE è identificata a fini IVA anche in Romania, utilizzando il proprio codice identificativo IVA rumeno per gli acquisti nazionali e intracomunitari dei beni, nonché per la cessione dei prodotti lavorati da Adient RO in Romania.
Il fisco rumeno ha però ritenuto che, avendo Adient DE piena disponibilità dei mezzi umani e tecnici delle due succursali rumene di Adient RO, le attività di lavorazione sarebbero state effettuate da stabili organizzazioni di Adient DE in Romania, rendendo imponibili le prestazioni di servizi in Romania e non in Germania.
Il giudice rumeno rimetteva la questione alla CGUE chiedendo se, in base al diritto dell’unione, si potesse configurare stabile organizzazione per Adient RO, attesa la fornitura di servizi infragruppo, tenendo anche conto che Adient RO consegnava i prodotti finiti non solo in Romania, con conseguente imponibilità dell’IVA per le relative prestazioni, ma anche fuori dal territorio rumeno.
Inoltre, il giudice chiedeva di precisare se, per configurare la stabile organizzazione, si dovesse tenere conto delle caratteristiche tecniche e dei mezzi umani utilizzati dalla società rumena per fornire i servizi o per le attività amministrative corrispondenti.
4. La prospettiva del diritto europeo
La direttiva e il regolamento delineano chiaramente le implicazioni fiscali delle operazioni transfrontaliere per i soggetti passivi.
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva stabilisce che “sono soggette all’IVA le […J prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale”.
L’articolo 44 disciplina il luogo della prestazione di servizi, affermando che “il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione”.
Il regolamento precisa ulteriormente la nozione di stabile organizzazione.
L’articolo 11, paragrafo 1 specifica che “la ‘stabile organizzazione’ designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica […J caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione”.
L’articolo 192 bis della direttiva stabilisce ulteriori criteri per considerare un soggetto passivo come non stabilito in uno Stato membro, specificando che un soggetto passivo con una stabile organizzazione in un altro Stato membro si considera non stabilito se le cessioni di beni o le prestazioni di servizi sono effettuate senza la partecipazione della stabile organizzazione.
Infine, l’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento stabilisce che “se un soggetto passivo dispone di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l’IVA, si considera che tale organizzazione non partecipa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi […] a meno che i mezzi tecnici o umani di detta stabile organizzazione siano utilizzati dallo stesso per operazioni inerenti alla realizzazione della cessione di tali beni o della prestazione di tali servizi imponibili”.
In base ai chiarimenti offerti dal regolamento e alle sentenze, precedentemente citate, che offrivano il quadro di riferimento normativo prima della direttiva, emergono, come elementi fondanti della fattispecie di stabile organizzazione, un elemento strutturale, ovvero la presenza di una entità in grado di fornire servizi o utilizzarli, un elemento temporale, ovvero la natura non peregrina di tale entità, che invece deve persistere nel tempo e un elemento organizzativo, ovvero la presenza beni strumentali e personale incaricato di svolgere le mansioni assegnate all’interno della compagine così individuata.
5. La decisione dei giudici
In base alla giurisprudenza costante, i giudici hanno ribadito che il concetto di stabile organizzazione ha natura residuale.
Vi si ricorre quando quello di sede dell’attività economica del contribuente non è sufficiente per inquadrare adeguatamente la fattispecie in questione.
Ora, nel caso Adient, essendo stato sollevato un conflitto tra la non imponibilità dell’IVA evocata da Adient RO che fattura a Adient DE e il fisco rumeno che fa forza sul fatto che Adient DE si serve di partita IVA rumena, la CGUE ha dovuto rimettere mano alla direttiva e declinarla nei termini del rapporto tra controllante e controllata che regge le dinamiche infragruppo della Adient.
La qualificazione di stabile organizzazione, argomentano i giudici, deve essere valutata alla luce della realtà economica e commerciale e non può dipendere esclusivamente dalla qualifica di controllata dell’entità.
Pertanto, l’appartenenza allo stesso gruppo o un contratto di fornitura di servizi esclusivi non sono sufficienti per qualificare una stabile organizzazione.
Se per il nomen juris la constatazione della CGUE è pacifica, i contratti di fornitura, così come il fatto che i dipendenti di Adient RO abbiano accesso al sistema contabile di Adient DE e che Adient DE utilizzi un locale di stoccaggio in Romania, potrebbero destare qualche perplessità.
In realtà, quello che emerge dalla normativa citata è un principio di coerenza e buon senso, prima ancora che una regula juris: un’impresa è tale nella misura in cui l’attività economica che esercita è sorretta da una struttura produttiva, dal personale dipendente e dal capitale di rischio fornito dall’imprenditore, sia esso persona fisica o giuridica.
Ora, che la Adient RO operi per la fornitura di servizi e la consegna di prodotti per conto di Adient DE non ne fa una branch. Il fatto stesso che Adient DE emetta fattura con codice IVA rumeno e che Adient RO rimetta i costi aziendali alla controllante tedesca, depone per la sua natura sussidiaria rispetto alle direttive della società madre, su cui gravano il rischio d’impresa e il finanziamento delle operazioni.
Inoltre, la CGUE ha ribadito con estrema chiarezza che, per determinare il luogo di prestazione dei servizi, è essenziale individuare dove sono localizzate le risorse umane e tecniche utilizzate dal soggetto passivo d’imposta.
Nel caso di Adient DE, il fatto che essa disponga di mezzi in Romania per consegnare beni derivanti dai servizi di Adient RO non è sufficiente per configurare una stabile organizzazione. Le operazioni di consegna, anche se effettuate principalmente al di fuori della Romania, non influenzano la determinazione del debitore dell’IVA.
Si traggono dalla vicenda tre linee direttrici:
– l’appartenenza allo stesso gruppo o un contratto esclusivo di servizi non determina automaticamente l’esistenza di una stabile organizzazione;
– la stabile organizzazione deve essere valutata considerando le risorse umane e tecniche specifiche del soggetto passivo che riceve i servizi, non quelle della società che presta i servizi;
– le risorse utilizzate per prestare e ricevere servizi devono essere distinte. L’identità tra prestatore e beneficiario comporterebbe l’assenza di operazioni imponibili IVA.
Ancora una volta, la CGUE sottolinea l’importanza di valutare le fattispecie in modo oggettivo e non ascrittivo, delineando nel dettaglio la realtà economica e commerciale delle entità esaminate.
Vale la pena annotare che il fisco italiano, come quello rumeno in questo caso, si lascia troppo spesso prendere la mano da certa urgenza impositiva che oblitera nozioni, come quella qui ricordata, che inseriscono nell’indagine su una compagine commerciale la valutazione dell’elemento umano, insieme a quello meccanico, circostanza non determinante, secondo il fisco italiano, quando si tratti di imposte dirette, sol dovendosi rilevare la presenza della sede d’affari in quanto tale.
Pensa, forse, il fisco, di irreggimentare certe attività meno consentanee con la classica divisione del lavoro, come quelle online, che pure, giustamente, devono, se ne ricorrono i presupposti, versare danari all’erario.
Ma, anche volendo seguire questa interpretazione, non si evita, da un lato, l’obiezione che si tratta di un rilievo fallace, in quanto le strutture radicate nell’online non si autoimputano le attività da compiere che, pertanto, ancora necessitano dell’intervento umano, dall’altro, la dubbia validità di certe prese di posizione di fronte a pronunce della CGUE come quella che ho sin qui commentato.
1 V. Mayr, S., & Fort, G. (2018). La nuova definizione di stabile organizzazione (art. 162 del TUIR). Boll. Trib., 7, 487-498; Sansonetti, D. (2018). La disciplina interna della stabile organizzazione si conforma alle indicazioni BEPS. La Gest. Straord. Impr., 1, 21-35; Corte di Cassazione, sentenza n. 12237/2018; CGUE, causa n. C-650/16.
2 Osservatorio Tributario. (2018). Osservatorio Tributario n. 3/2018 Maggio – Giugno 2018, recuperato in https://www.consorziosrf.com/osse18/oss0318.pdf
3 Villani, S. (2003). L’istituto della “stabile organizzazione” nell’ordinamento tributario italiano,
recuperato in https://studiotributariovillani.it/public/ins_novita/docnovita/istituto_stabile_organizzazione_ordina mento_tributario_italiano.pdf
4 Messina, S. M. (2013). Stabile organizzazione e prezzi di trasferimento. Recuperato da https://www.giustizia-tributaria.it/allegati/Relazione_Messina.pdf
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.