Chi può chiedere la cartella clinica di un defunto? (T.A.R. Puglia Bari Sent. 2/2018)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) è stato chiamato ad occuparsi di un caso peculiare di diritto di accesso alla cartella clinica di un paziente defunto.
Come è noto e pacifico, possono ottenere copia della cartella clinica e di tutta la documentazione sanitaria i seguenti soggetti: a) il diretto interessato o un suo delegato; b) genitore, tutore, curatore, amministratore se la persona è, rispettivamente, minore o sottoposta a procedure di interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno; c) l’autorità giudiziaria, gli enti previdenziali, il Servizio Sanitario Nazionale; d) gli eredi legittimi e gli eredi testamentari, nel caso di un decesso.
Nel caso di specie una cittadina presentava alla ASL di Barletta Andria Trani un’istanza tesa ad ottenere copia delle cartelle cliniche, con relative lettere di dimissione ed esami diagnostici eseguiti nei ricoveri, relativi allo zio deceduto, precisando di avere interesse, nella qualità di successibile ex art. 565 c.c. siccome figlia della sorella, anch’essa deceduta, del de cuius.
La ricorrente motivava la propria istanza alla ASL sostenendo di aver l’esigenza di acquisire elementi utili, in ordine alle condizioni psicofisiche dello zio defunto, al fine di agire in sede giurisdizionale per impugnare i testamenti pubblici con i quali il defunto ha disposto dei propri beni in favore di altri nipoti, escludendola, ritenendo che lo stesso non fosse nelle condizioni di potere validamente manifestare le proprie ultime volontà.
L’ASL di Barletta Andria Trani denegava l’accesso asserendo che la richiedente non rientrasse tra i soggetti legittimati a richiedere copia della cartella clinica di un soggetto defunto in quanto dai testamenti pubblicati non risultava erede.
Veniva quindi proposto ricorso innanzi al Tar avverso il diniego all’accesso che veniva accolto ritenendo i giudici amministrativi la sussistenza del diritto della ricorrente ad accedere agli atti amministrativi richiesti.
Il Tribunale amministrativo dapprima rammentava che la giurisprudenza in materia di accesso si è più volte pronunciata in ordine ai limiti intrinseci alla sindacabilità delle ragioni poste a fondamento dell’accesso (Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55), facendo presente “che l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso non solo non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, dovendo solo essere giuridicamente tutelato purché non si tratti del generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa e che, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione. Questo rapporto di strumentalità deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve essere mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse. Pertanto, l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, escludendo che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata“.
Il Tar sottolineava infine che in materia di diritto di accesso ai dati concernenti persone decedute deve farsi riferimento alle disposizioni dell’art. 9, comma 3, del codice per la tutela dei dati personali (ratione temporis applicabile), che disciplinano in modo diretto l’esercizio del diritto di accesso per le informazioni relative a persone decedute, prevedendo che essi possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato o per motivi familiari meritevoli di tutela, e non all’art. 92 del medesimo codice, che consente l’accesso alle cartelle cliniche solo a persone diverse dall’interessato che possono far valere un diritto della personalità o altro diritto di pari rango.
Infatti, commenta il giudice amministrativo, se dovesse applicarsi questa disposizione anche dopo la morte, neppure i più stretti congiunti potrebbero accedere ai dati personali del defunto in assenza dei presupposti richiesti dalla norma, con conseguenze paradossali. Neanche sarebbe utile il richiamo per analogia all’articolo 82 del medesimo codice, che regola la diversa situazione della prestazione del consenso al trattamento dei dati personali in caso di impossibilità fisica o giuridica dell’interessato e che prevede che il consenso possa essere fornito, in assenza di chi esercita la potestà legale, da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato.
La disciplina dell’articolo 9 del codice regola, invece, compiutamente ed esaustivamente la questione del trattamento dei dati personali delle persone decedute, in quanto indica chi può esercitare l’insieme dei diritti previsti dall’art. 7 dello stesso codice, il quale, nel disciplinare il trattamento dei dati medesimi, considera non solo le posizioni soggettive di chi può esercitare il diritto di accesso, ma anche quello di chi può opporsi ad esso.
Conclude quindi affermando la tesi, che trova conforto anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, per la quale sopravvive una forma di tutela dei dati sensibili anche dopo la morte ma nelle forme specifiche e diverse previste dall’art. 9, che individua puntualmente gli interessi che possono bilanciare gli interessi di terzi ad accedere ai dati personali: la tutela del defunto e ragioni familiari meritevoli di protezione.
Applicando tali principi al caso concreto in esame, il Tar ha ritenuto che parte ricorrente (nipote del de cuius ex matre), avendo un interesse diretto, qualificato, concreto e attuale ad accedere agli atti richiesti, in quanto rivolto ad ottenere informazioni utili ad agire in giudizio a tutela della propria sfera giuridica, la cui fondatezza non deve essere valutata ai fini dell’accesso, ha diritto ad ottenere dalla ASL la copia della cartella clinica e della documentazione sanitaria ed ordinava quindi all’amministrazione pubblica l’esibizione degli atti richiesti, condannandola al pagamento delle spese di lite.
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Avv. Ida Santalucia
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