Circolazione dei beni immateriali e configurabilità di un leasing
È possibile prevedere una concessione in godimento temporaneo nelle forme del leasing dei beni immateriali dell’azienda?
Sicuramente non risulta possibile una scissione dell’azienda in sede di circolazione tale da stralciare dalla medesima i soli beni immateriali.
Si tratta infatti di beni afferenti l’azienda, che ne seguono le vicende circolatorie; beni inscindibili dal complesso aziendale in quanto il loro valore può essere compreso solo in forza del legame esistente con l’azienda stessa.
Dalla loro inscindibilità dal complesso aziendale discende pertanto la loro compatibilità a formare oggetto di un contratto di leasing congiuntamente all’azienda.
Tuttavia, il nostro ordinamento prevede la possibilità di una titolarità giuridica disgiunta da quella economica[1] ed è lo stesso legislatore che, con riguardo a determinati beni immateriali, sancisce una disciplina ad hoc per la circolazione anche individuale del loro godimento mediante la costituzione di un rapporto giuridico denominato licenza.
Il codice della proprietà industriale e la legge sul diritto d’autore, infatti, prevedono la libera circolazione di marchi, invenzioni, opere dell’ingegno e know-how, la quale risulta condizionata esclusivamente al requisito della forma scritta e alla necessità di apprestare una tutela nei confronti dei terzi.[2] In particolare l’art. 23 del codice della proprietà industriale sancisce che la circolazione del marchio deve essere tale da garantire la liceità dell’uso effettuato o da effettuare, la riferibilità dello stesso a beni simili o uguali a quelli riferibili al cedente e tale da rendere necessaria la determinazione di una finalità d’uso del segno distintivo.
Regime eccezionale è quindi solo quello afferente alla ditta giacché l’art. 2565 c.c. sancisce la sua trasferibilità unitamente all’azienda. Ad ogni modo se il leasing è configurabile per l’azienda alcun problema si pone per la sua estensione anche al trasferimento della ditta.
Appare pertanto indubbia una configurazione del leasing di beni immateriali anche disgiunta dal complesso aziendale in cui sono inseriti.
Ulteriore conferma si rinviene poi nella diffusa fattispecie contrattuale del leasing di azioni,[3] variamente applicato nella moderna realtà commerciale, così come del leasing di marchio[4] e del leasing di software.
Oltre a ciò la possibilità di una configurazione del leasing avente ad oggetto beni immateriali è contemplata anche dalla dottrina.[5]
Un autore[6] in particolare afferma che “la costruzione di un’operazione di leasing riguardante beni immateriali costituisce un problema di ordine esclusivamente contrattuale, di sapiente previsione delle clausole negoziali, di rispetto della legislazione speciale che interessa specificatamente quei beni”.
Dunque, traslando il discorso appena svolto con riferimento al leasing d’azienda, si può affermare che l’utilizzatore acquista il diritto di godimento dei beni immateriali compresi nell’azienda o meglio delle utilità derivanti dagli stessi, per un certo periodo di tempo. Utilità che si connaturano nell’incremento o decremento dell’attività imprenditoriale dallo stesso svolta. Solo al termine del leasing l’utilizzatore avrà la possibilità di acquistare un diritto di esclusiva sul bene immateriale stesso, sempre se ricorra il consenso espresso non solo della società di leasing, ma anche del venditore/fornitore.
Quanto alla disciplina applicabile, oltre alla normativa specifica dettata per la circolazione dell’azienda in generale[7], alle quali si rinvia, si fa riferimento a quella dettata in materia di licenza d’uso.
L’utilizzatore sarà tenuto verso la società di leasing nei limiti e con le modalità previste per il licenziatario e pertanto secondo quanto già esposto e sancito dagli artt. 23 e 63 del codice della proprietà industriale.
Un cenno conclusivo deve essere poi riferito alla cessione in leasing dell’avviamento.
Si rammenti, infatti, che l’avviamento, bene aziendale immateriale, deve essere mantenuto costante durante tutto il periodo di godimento in leasing e ciò non può avvenire senza una sua cessione all’utilizzatore (ecco allora l’inscindibilità con l’azienda) e senza una cessione degli altri beni immateriali tutti tra loro correlati.
La cessione d’azienda e la sua concessione in godimento comporta quindi con sé la cessione anche dell’avviamento.
Sicuramente sarà trasferito all’utilizzatore l’avviamento oggettivo e lo stesso, incrementato o diminuito, sarà oggetto della successiva retrocessione, posto che costituisce parte portante e integrante l’azienda e dalla stessa inscindibile.
Dubbi sussistono, invece, per quanto riguarda l’avviamento soggettivo.
In merito si può affermare che esso è insito nella stessa cessione dei segni distintivi aziendali, essendo ricondotti ad un determinato imprenditore e alle sue qualità di gestione aziendale e produttiva.
Tuttavia, come contemperare l’avviamento soggettivo con il divieto di concorrenza, con la tutela dei terzi e con l’eventuale interesse del fornitore a riottenere l’azienda?
Se l’avviamento soggettivo non si cede, l’azienda viene trasferita con un valore minore e potrebbe subire gli effetti di una concorrenza indiretta e non voluta dal fornitore.
Se però l’avviamento soggettivo viene trasferito si creano problemi di tutela dei terzi, i quali possono esser tratti in inganno dal confidare nelle qualità personali dell’imprenditore fornitore che magari in sede di attività imprenditoriale non sono più garantite dall’utilizzatore.
Si badi bene però che la cessione dell’avviamento soggettivo dell’imprenditore fornitore, costituente avviamento derivato, sommato all’avviamento soggettivo originario dei vari utilizzatori potrebbe però consentire un mantenimento costante dell’avviamento complessivo se non anche un suo incremento e pertanto se ne ritiene necessaria una sua cessione.
[1] Art. 22 legge marchi
[2] Artt. 23 e 63 Codice della proprietà industriale e art. 107 Legge diritto d’autore
[3] Con il leasing di azioni l’utilizzatore acquista il godimento temporaneo di tutta una serie di diritti amministrativi e patrimoniali così come previsti nel contrato. Le parti e in particolare la società, hanno la possibilità di limitare i diritti trasferibili all’utilizzatore, da valutare in base alle esigenze sociali e alla caratteristiche proprie dell’utilizzatore steso. In ogni caso spettano in esclusiva all’azionario concedente il diritto di voto, il diritto sui dividendi e il diritto di opzione.
[4] Il leasing di marchio si caratterizza per il dovere dell’utilizzatore di usare il marchio in modo non ingannevole per i terzi, nel rispetto di alcuni canoni d’uso prestabiliti, e per la presenza di un potere di controllo in capo al concedente , il quale se accerta l’inidoneità dell’uso non giustificata, ha la possibilità di far rivivere il proprio diritto di esclusiva, vanificando ogni possibilità d’uso in capo all’utilizzatore. Si veda al riguardo TRIGOGNA R., La circolazione d’azienda, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, in diritto privato nella giurisprudenza a cura di Paolo Cendom, vol XIII, pag. 437 ss.
[5] TRIGOGNA R., La circolazione d’azienda, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, in diritto privato nella giurisprudenza a cura di Paolo Cendom, vol XIII, pag. 379 ss. BUONOCORE V., La locazione finanziaria, 2008, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu A. e Messineo F., Giuffrè Editore. FERRANTI G. MIELE L., Beni materiali e immateriali, Ammortamento Leasing Affitto d’azienda, in Temi di Reddito d’impresa diretto da G. Ferranti, Ipsoa, 2008. COLANGELO M., Leasing di beni immateriali, in Quaderni Assilea pag. 6. Vanzetti, Di Cataldo in TRIGOGNA R., La circolazione d’azienda, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, in diritto privato nella giurisprudenza a cura di Paolo Cendom, vol. XIII, pag. 394. Cfr. CLARIZIA R., I contratti per il finanziamento dell’impresa. Mutuo di scopo, leasing, factoring, Torino, 2002. Tale ultimo A. afferma che non è possibile configurare un leasing di beni immateriali in quanto questi non possono essere ricompresi all’interno della nozione di bene di cui all’art. 810 c.c.
[6] COLANGELO M., Leasing di beni immateriali, in Quaderni Assilea pag. 6.
[7] Unica definizione normativa di vicenda circolatoria è quella contenuta nel quinto comma dell’art. 2112 c.c., in materia di successione nei rapporti di lavoro a seguito di cessione d’azienda, in cui si afferma che “[…] si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano, altresì, al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.
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Dott.ssa Adele Maria Cristina Uda
Laureata con il massimo dei voti, dottorato di ricerca in diritto dei contratti, cultrice di materia presso la cattedra di diritto privato, diritto civile e diritto delle obbligazioni presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Cagliari, avvocato, mediatore civile e commerciale, autrice di diverse pubblicazioni, tra la quali si menzionano Volume “Profili civilistici e modelli contrattuali del leasing d’azienda”, in Quaderni della Rassegna di Diritto Civile, diretta da Perlingieri, ESI Editore, Gennaio 2014; “Sul contratto di leasing”, Independently published, Amazon Media EU S.à r.l., 17 agosto 2020, ISBN-13 :979-8676133016 (e-book e cartaceo); “ Uno sguardo alla sopravvenienza contrattuale tra clausole di Hardship e pesi dal titolo profili di diritto italiano e comparato”, Independently published, Amazon Media EU S.à r.l., 8 novembre 2017, ISBN-10 1973216582, ISBN-13: 978-1973216582 (e-book e cartaceo); Saggio “La revisione del contratto in ambito europeo”, in Rivista Giuridica Sarda, Parte II varietà giuridiche, 2-2010.