Circolazione stradale: sì al risarcimento per il padrone del cane investito
Tribunale di Roma, 24 ottobre 2016, n. 19747 – Giudice Dott.ssa Di Lalla
La Sentenza in commento origina dalla richiesta risarcitoria promossa dal proprietario di un cane Border Collie di 17 mesi investito da un’autovettura.
L’animale, a seguito del sinistro, riportava gravi lesioni spinali, per le quali si rendevano necessarie cure e fisioterapia presso cliniche veterinarie specializzate, documentate in €4.780,00.
L’attore rilevava pure come l’occorso cagionava l’abbattimento del valore di mercato del cane, acquistato da cucciolo ad €400,00 e, pertanto, chiedeva il risarcimento di tale somma, oltre ad una somma di €1.000,00 da imputarsi ai costi ovvero ai disagi cui l’attore è incorso per portare il cane a Roma per le cure specialistiche, oltre ad €1.500 per il patimento subito a titolo di patema d’animo per le sorti cui è incorso l’animale da affezione in ragione del sinistro.
I convenuti – il conducente dell’autovettura, la proprietaria, e la compagnia assicuratrice – chiedendo il rigetto della domanda, contestavano il sinistro come rappresentando, asserendo l’assenza di responsabilità del conducente, e invocando invece la violazione degli obblighi di custodia, atteso che il cane era stato lasciato libero di scorrazzare fuori dalla proprietà attorea; in subordine, rilevavano come il cane dovesse essere equiparato ad un mero oggetto, e, pertanto, chiedevano di mantenere contenuto il risarcimento al mero prezzo di acquisto dello stesso, come portato dalla fattura prodotta dall’attore.
La causa veniva istruita con prova orale e documentale.
Il giudice, riteneva fondata la domanda risarcitoria; in particolare, metteva in luce, ai fini della ricostruzione del sinistro, la testimonianza oculare dell’operaio che, al momento dell’occorso si trovava nella proprietà attorea intento a lavorare; riferiva il teste come la elevata velocità portata dall’autovettura alzava un polverone, e che, dopo aver superato l’ingresso della proprietà attorea, il veicolo rallentava per poi accelerare nuovamente, mentre il cane sbucava fuori dalla parte posteriore del mezzo, e, sanguinante, si trascinava sul ciglio della strada.
Si evidenzia come, rilevante ai fini del decidere, era la circostanza riferita dal teste, per la quale: “nel punto dell’investimento la strada era sterrata, dritta e libera, non vi erano mezzi di sorta ad impedire la visuale.. e che aveva sentito il forte rumore dell’impatto con il cane”.
Risaltava, il Giudicante, come la mattina del sinistro, il cane, di taglia importante, era perfettamente visibile in prossimità del cancello della residenza attorea, ed inoltre, la strada era “sterrata, dritta e la visuale non era impedita da nessun ostacolo”.
Di pregnante importanza probatoria, era la circostanza addotta proprio dal convenuto, il quale dichiarava di percorrere quotidianamente quella strada e che il cane era solito correre dietro ai mezzi in transito.
Proprio tale ultima affermazione, consentiva al Giudicante di dedurre che “prestando la doverosa attenzione ed osservando una velocità consona alle condizioni della strada si sarebbe accorto dell’animale e con ogni probabilità avrebbe evitato di investirlo”.
Invero ciò che è mancata, è stata la prova del caso fortuito, ovvero la sussistenza di un comportamento anomalo, imprevedibile e così repentino, tale da poter consentire di ascrivere, anche solo in parte, una responsabilità in capo al padrone del cane.
Segnatamente, in punto di quantum, è d’uopo rilevare come la Giustizia adita, superava l’interpretazione dell’animale come semplice “cosa”, evidenziando la notevole affezione dimostrata dal padrone per il cane, data dalle notevoli spese sopportate per la miglior cura dell’animale, e dalle numerose trasferte capitoline alla volte delle migliori cliniche specializzate; sicché, veniva subito meno il limite del valore economico del bene danneggiato.
Pertanto, veniva liquidato il danno patrimoniale patito, per l’ammontare complessivo di 4.780,00.
Negava invece il Giudicante, di dover riconoscere la somma per il prezzo d’acquisto del cane, atteso che, mancava in atti un qualsivoglia atto di volontà dell’attore, teso alla vendita dell’animale, con consequenziale perdita economica.
Da ultimo, è doveroso sottolineare come il Tribunale abbia risarcito, nella misura di €1.000,00, pure il danno non patrimoniale subito dall’attore in conseguenza dell’investimento, e giustificato non solo dalla comprensibile apprensione per la sorte dell’animale, ma pure dall’assistenza prestata dal padrone nel lungo periodo riabilitativo del cane.
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Valeria Picaro
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