Codice della crisi: proroga per allerta della crisi d’impresa
Confermata la proroga delle procedure di allerta contenute nel Codice della Crisi d’Impresa.
Gli obblighi di segnalazione della crisi d’impresa a carico degli organi di controllo e revisori legali dei conti, nonché dei creditori pubblici qualificati previsti, a partire dalla data di entrata in vigore dello stesso codice (15 agosto 2020) slittano al 15 febbraio 2021.
Si tratta di una proroga di 6 mesi, contenuta nel D.L. 2 marzo 2020 n. 9, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 53 del 2 marzo.
Per quanto riguarda le imprese tenute agli adempimenti in oggetto a partire da febbraio 2021, in assenza di una specifica previsione, si ritiene siano le stesse già tenute agli obblighi di segnalazione ai sensi dell’art. 12 del Codice della Crisi. In particolare si tratta delle micro, piccole e medie imprese.
A seguito dell’emergenza Coronavirus, si è reso opportuno intervenire con il D.L., modificando lo schema di D.lgs. correttivo al Codice della Crisi che prevede una proroga dell’allerta più ristretta (limitata alle sole imprese che negli ultimi due esercizi, non abbiano superato i parametri di cui all’art. 2477 c.c.).
Ma andiamo ora ad analizzare le principali novità della riforma.
Il codice della crisi d’impresa è stato introdotto con il decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2020, in attuazione della legge del 19 ottobre 2017 n.155 ed è volto a disciplinare le situazioni di crisi o di insolvenza del debitore, sia esso consumatore professionista o imprenditore, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici.
Uno tra gli scopi della suddetta riforma è quello di evitare che il ritardo nel percepire i segnali di crisi di un’impresa possa poi portare ad uno stato di crisi irreversibile. Ciò è reso possibile attraverso gli strumenti di allerta, ossia quegli obblighi di segnalazione finalizzati alla tempestiva rilevazione degli indici di crisi dell’impresa ed alla sollecitata adozione delle misure più idonee alla sua composizione.
Le procedure di allerta possono suddividersi in interne ed esterna, a seconda dei soggetti tenuti a promuovere l’avvio. Le prime sono a carico degli organi di controllo societario: del revisore legale dei conti e della società di revisione; le seconde sono a carico di creditori pubblici qualificati, quali: l’Agenzia delle entrate, l’INPS e l’Agente della riscossione delle imposte.
PER LA PROCEDURA INTERNA: il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente se: 1- l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato; 2- sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione; 3- nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi.
La segnalazione deve: 1- essere motivata; 2- essere fatta per iscritto, a mezzo posta elettronica certificata o comunque con mezzi che assicurino la prova dell’avvenuta ricezione; 3- contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese.
In caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi 60 giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, gli organi di controllano, informano senza indugio l’OCRI, fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche violando l’obbligo di segretezza.
PER LA PROCEDURA ESTERNA: l’Agenzia delle entrate, l’INPS o l’agente della riscossione ha l’obbligo di avvisare il debitore (con pec o altro mezzo idoneo) quando la sua esposizione debitoria ha superato la soglia rilevante, per come indicato nella disposizione codicistica. Se entro 90 giorni dalla sua ricezione, non avrà estinto o regolarizzato per l’intero il proprio debito, con le modalità previste dalla legge o di essere in regola con il pagamento rateale previsto, o di aver presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, i creditori pubblici qualificati procedono senza indugio alla segnalazione all’OCRI.
L’OCRI è costituito presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con il compito di ricevere le segnalazioni, gestire il procedimento di allerta e assistere l’imprenditore, su sua istanza, nel procedimento di composizione assistita della crisi.
L’organismo opera tramite il referente, individuato nel segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o un suo delegato, nonche’ tramite l’ufficio del referente, che può essere costituito anche in forma associata da diverse camere di commercio.
PROCEDIMENTO DI ALLERTA
Il procedimento di allerta ha inizio con l’attivazione della procedura da parte dei soggetti qualificati (art. 14 e 15 del CII).
L’OCRI deve convocare, entro 15 gg. lavorativi dalla ricezione della segnalazione o dell’istanza del debitore medesimo o l’organo di controllo, se costituito, per la loro audizione.
La convocazione e l’audizione deve essere fatta in via riservata e confidenziale per garantire che i terzi non vengano a conoscenza della procedura in quanto a notizia potrebbe aggravare lo stato di crisi dell’impresa.
Il Collegio, sentito il debitore e tenuto conto degli elementi di valutazione da questi forniti nonchè dei dati e delle informazioni assunte, quando ritiene che non sussista la crisi o che si tratti di imprenditore al quale non si applicano gli strumenti di allerta, dispone l’archiviazione delle segnalazioni ricevute.
Quando il Collegio, invece, rileva l’esistenza della crisi, individua con il debitore le possibili misure per porvi rimedio e fissa il termine entro il quale il debitore deve riferire sulla loro attuazione.
Se il debitore non assume alcuna iniziativa allo scadere del termine fissato, il collegio informa con breve relazione scritta il referente, che ne dà immediata comunicazione agli autori delle segnalazioni.
I soggetti pubblici qualificati sono esonerati dall’obbligo di segnalazione nel caso in cui il debitore abbia presentato l’istanza di composizione assistita della crisi, dino a quando il procedimento resta aperto.
PROCEDIMENTO DI COMPOSIZIONE ASSISTITA DELLA CRISI (artt. 19 -23)
Mentre la procedura di allerta è finalizzata a rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa, ricercando, con l’ausilio degli organi di controllo o dello stesso OCRI (ma senza coinvolgere i creditori), una soluzione alla crisi mediante l’adozione di misure riorganizzative dell’attività imprenditore, diversa è la prospettiva dell’istituto della composizione assistita della crisi, al cui interno, la soluzione viene ricercata mediante una trattativa con i creditori, favorita dall’intervento dell’OCRI che si pone come una sorta di mediatore tra le parti.
PROCEDIMENTO: Su istanza del debitore, formulata anche all’esito della sua audizione, il collegio fissa un termine non superiore a 3 mesi, prorogabile fino ad un massimo di ulteriori 3 mesi solo in caso di positivi riscontri delle trattative, per la ricerca di una soluzione concordata della crisi dell’impresa, incaricando il relatore di seguire le trattative.
IL debitore avvia un tavolo di trattative con i creditori più rilevanti, favorite dall’interno dell’OCRI, come mediatore.
L’accordo con i creditori deve avere forma scritta, è depositato presso l’organismo e non è estensibile a soggetti diversi da coloro che lo hanno sottoscritto. L’accordo su richiesta del debitore e con il consenso dei creditori interessati, è iscritto nel registro delle imprese.
Dopo l’audizione il debitore che ha presentato istanza per la soluzione concordata della crisi può chiedere alla sezione specializzata in materia di imprese, avuto riguardo al luogo in cui si trova la sede dell’impresa, le misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso.
Il Collegio, nel caso in cui l’accordo non sia stato raggiunto, invita il debitore a presentare istanza per la procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza previste dall’articolo 37, entro il termine di 30 gg..
Della conclusione negativa del procedimento di composizione assistita della crisi l’OCRI dà comunicazione ai soggetti di cui agli articoli 14 e 15 che non vi hanno partecipato.
Se il debitore non compare per l’audizione, o dopo l’audizione non deposita l’istanza di cui all’articolo 19, comma 1, senza che sia stata disposta dal collegio l’archiviazione o all’esito delle trattative non deposita domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza nel termine assegnato, il collegio, se ritiene che gli elementi acquisti rendano evidente la sussistenza di uno stato di insolvenza del debitore, lo segnala con relazione motivata al referente che ne da’ notizia al pubblico ministero presso il tribunale competente.
Il pubblico ministero, quando ritiene fondata la notizia di insolvenza, esercita tempestivamente, e comunque entro 60 giorni dalla sua ricezione, l’iniziativa di cui all’articolo 38, comma 1.
NOVITÀ PER LE IMPRESE
Una delle principali novità introdotte dal nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’insolvenza è rappresentata, dunque, dall’introduzione di specifichi obblighi organizzativi in capo all’imprenditore.
L’art. 3, in particolare, ha introdotto la responsabilizzazione diretta dell’imprenditore in forma collettiva, che dovrà adottare un assetto organizzativo adeguato ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.
A tale scopo è stato modificato l’art. 2086 c.c., il quale impone ora all’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, l’obbligo:
-sia di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguata alla natura e alle dimensioni dell’impresa, rivolto anche ala rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa;
-sia di attivarsi senza indugio per l’adozione e attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Nell’ambito della crisi di impresa, le ipotesi di responsabilità degli amministratori possono essere ricondotte a comportamenti essenzialmente consistenti nell’aver: -cagionato il danno o aggravato la crisi di impresa; -tardivamente percepito i sintomi di crisi e non aver ad essi reagito tempestivamente; -fatto un cattivo uso degli strumenti per fronteggiare o limitare la crisi.
Il codice della crisi è inoltre intervenuto abbassando i limiti per rendere obbligatorio l’organo di controllo anche nelle piccole società e tale modifica è di immediata applicazione.
Sono stati sostituiti il 3° e 4° comma dell’art. 2477 c.c. stabilendo che “la nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: -è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; -controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; -ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: totale dell’atto dello stato patrimoniale : 2 mln di euro; ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 mln di euro; 3. dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità.
L’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi non è superato alcuno dei predetti limiti.
Le PROCEDURE DI COMPOSIZIONE CONCORDATA DELLA CRISI aventi natura stragiudiziale, poste ad iniziativa del debitore e tese a consentire l’accordo tra debitore e creditori, sono: I PIANI ATTESTATI DI RISANAMENTO (art. 56 C.C.I.); GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI (art. 57 C.C.I.); LE CONVENZIONI DI MORATORIA (ART. 62 C.C.I.).
I PIANI ATTESTATI DI RISANAMENTO: l’imprenditore, in stato di crisi o di insolvenza, può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’imprenditore e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria.
PRESUPPOSTI fondamentali per l’imprenditore: -l’impresa deve trovarsi in una situazione di difficoltà non irreversibile; -il piano deve avere come scopo il risanamento dell’impresa, quindi il recupero di una normale situazione economica/finanziaria che consenta la conservazione della continuità aziendale.
GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI NELLA LEGGE FALLIMENTARE: accordo stragiudiziale sottoscritto dalla maggioranza dei creditori che rappresentano il 60% del passivo del debitore e deve garantire l’integrale e tempestivo pagamento dei creditori che non hanno partecipato alla sua stipulazione.
La percentuale del 60% di creditori aderenti al piano rappresenta un requisito essenziale affinché il contratto possa essere omologato.
Se l’imprenditore intende chiedere l’omologazione dell’accordo, deve depositarlo nella cancelleria dei Tribunale, unitamente alla documentazione prevista dall’art. 161 L.F. (relativa alla proposta di concordato preventivo) e ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità di esso.
L’accordo di ristrutturazione prevede l’obbligo della pubblicazione nel Registro delle imprese.
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza.
La legittimazione alla presentazione della proposta è riservata, in via esclusiva, al debitore imprenditore. Si chiarisce che l’accordo deve essere accompagnato dal piano economico-finanziario che ne consente l’esecuzione.
La norma non richiede particolari formalità per l’accordo, se non l’utilizzo della forma scritta.
Nell’accordo di ristrutturazione dei debiti si possono verificare due ipotesi: -L’APERTURA DIRETTA DELLA PROCEDURA: il debitore ha presentato domanda di accesso al giudizio di omologazione di un accordo di ristrutturazione munito dell’accordo stesso e, quindi, vi è l’apertura diretta della procedura; -DOMANDA IN BIANCO: il debitore ha presentato una semplice domanda di accesso al giudizio di omologazione di un accordo di ristrutturazione senza allegre l’accordo stesso. Questo possiamo definirlo domanda in bianco, oppure accesso graduato al giudizio per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione attraverso la concessione giudiziale del termine.
Il codice della crisi ha inoltre disciplinato un eccezione al limite di adesione del 60% dei creditori, all’art. 60, con i c.d. accordi di ristrutturazione agevolati.
La percentuale, infatti, in tal caso è ridotta al 30% quando il debitore: -non proponga la moratoria del pagamento dei creditori estranei; -non abbia richiesto e rinuncia a richiedere la misure protettive temporanee.
Ancora, il nuovo codice ha disciplinato gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 61), in sostituzione dei vecchi accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari, quale forma speciale di accordo di ristrutturazione a condizioni sostanzialmente identifichi a quelle disciplinate nella legge fallimentare, ma con un’estensione dell’applicazione dell’istituto a tutte le ipotesi di ristrutturazione del debito.
Le condizioni sono: -raggiungimento dell’accordo con i creditori che rappresentino almeno il 75% della categoria; -rispetto del principio di buona fede; -l’estensione ai creditori non finanziari presuppone che l’accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta e che i creditori vengano soddisfatti in misura significativa o prevalente dal ricavato della continuità aziendale; -i creditori della medesima classe non aderenti, cui vengano estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso, in misura superiore rispetto a quello che potrebbe assicurare una liquidazione giudiziale; -il debitore, oltre agli adempimento pubblicitari ordinari, abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori ai quali chieda di estendere gli effetti dell’accordo.
CONVENZIONE DI MORATORIA: è un ulteriore strumento di composizione della crisi di impresa.
Essa è già presente nella disciplina della legge fallimentare e si caratterizza per avere ad oggetto debiti verso banche o intermediari finanziari, già scaduti o ancora a scadere, di cui si prevede la dilazione dei termini di pagamento.
Il nuovo codice della crisi, estende questa possibilità a tutti gli altri creditori, regolando le convenzioni di moratoria (intese come dilazione delle scadenze dei crediti, rinuncia o sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito) che intervengono tra un imprenditore anche non commerciale, ed i suoi creditori e che sono vincolanti anche nei confronti dei creditori non aderenti che, però, appartengono alla stessa classe e alle seguenti condizioni: -raggiungimento dell’accordo con i creditori che rappresentino almeno il 75% della medesima categoria; -rispetto al principio di buona fede e di corretta informazione dei creditori e possibilità per gli stessi di partecipare alle trattative; -concrete prospettive di soddisfazione dei creditori della medesima categoria non aderenti in una misura non inferiore rispetto a quella che potrebbe assicurare una liquidazione giudiziale.
IL CONCORDATO PREVENTIVO, disciplinato sia nella legge fallimentare che nel nuovo codice della crisi d’impresa, è un mezzo di soddisfacimento delle ragioni dei creditori e consiste in un accordo tra imprenditore e la maggioranza dei creditori finalizzato a risolvere la crisi aziendale e ad evitare il fallimento mediante una soddisfazione anche parziale delle ragioni creditorie.
Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza innova profondamente tale istituto, la cui finalità è stabilita nell’art. 84: la soddisfazione dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio del debitore.
Il Codice disciplina due casi: -il concordato preventivo in continuità aziendale, finalizzato al recupero della capacità dell’impresa di rientrare, ristrutturata e risanata nel mercato; -il concordato preventivo liquidatorio, che comporta la dissoluzione dell’azienda in quanto inidonea ad essere ristrutturata.
PRESUPPOSTI PER L’ACCESSO ALLA PROCEDURA sono: -SOGGETTIVO: possono accedervi solo gli imprenditori commerciali non sotto soglia; -OGGETTIVO: l’imprenditore deve trovarsi in stato di crisi o di insolvenza.
Anche nel concordato preventivo abbiamo due ipotesi, cioè il debitore: ha depositato una semplice domanda “prenotativa” di accesso al concordato preventivo con cui si chiede la concessore di un termine entro il quale depositare la proposta, il piano e la documentazione completa. In questo caso possiamo parlare di concordato in bianco o con riserva. Per avvalersi di tale procedura, il debitore deve depositare ricorso sottoscritto dal difensore munito di procura presso il Tribunale in composizione collegiale, del luogo in cui ha il COMI (inteso come luogo in cui lo stesso gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi) e contenente gli elementi di cui all’art. 40. In questo caso occorre allegare una documentazione ridotta e cioé: i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi o, per le imprese non soggetta all’obbligo di redazione del bilancio, le dichiarazione dei redditi relative ai tre esserci precedenti, l’elenco nominativo dei creditori con relativi crediti e cause di prelazione. Il Tribunale, con decreto, fissa un termine compreso tra 30 e 60 gg., prorogabili su istanza del debitore, in presenza di giustificati motivi di non oltre ulteriori 60 gg., entro il quale il debitore deve depositare la proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all’art. 39, comma 1; ha depositato una domanda completa di proposta e piano per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo e vi è quindi l’apertura della procedura. Il Tribunale, provvederà alla nomina del commissario giudiziale o alla conferma di quello già nominato al momento della concezione de termine.
Il Tribunale, inoltre, con il predetto decreto di apertura: -nomina il giudice delegato; -stabilisce la data iniziale e finale per l’espressione del voto dei creditori; -fissa il termine perentorio, non superiore a 15 gg., entro il quale il debitore deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma pari al 50% delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice, tenuto ovviamente conto di quella già versata al momento della concessine del termine.
Il Tribunale, nel procedere all’analisi della domanda di ammissione al concordato preventivo, esprime un giudizio sulla fattibilità, anche economica dell’accordo.
La disciplina del concordato è diversa, a seconda che si tratti di: -concordato in continuità: finalizzato al recupero della capacità dell’impresa di restare o rientrare, ristrutturata o risanata. Abbiamo due tipologie di continuità: diretta, se l’imprenditore che ha presentato la domanda intenda continuare con la gestione dell’impresa; indiretta, quando la domanda prevede che la gestione dell’impresa non sarà svolta dal debitore ma da altro soggetto cui è stata ceduta l’azienda oppure è stato concesso l’usufrutto o l’affitto in forza di contratti anche se stipulati anteriormente alla presentazione del ricorso; -concordato liquidatorio: ammissibile solo nel momento in cui vengano messe a disposizione dei creditori ulteriori risorse rispetto a quelle rappresentate dal patrimonio del debitore che consentano un soddisfacimento maggiore di almeno il 10% rispetto a quello assicurato dalla liquidazione giudiziale del predetto patrimonio; in ogni caso i creditori chirografari devono essere soddisfatti almeno per il 20% dell’ammontare complessivo del credito chirografario.
Il Tribunale con il provvedimento di omologa nomina uno o più liquidatori e un comitato di 3 o 5 creditori determinando le modalità della liquidazione.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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