Come le banche hanno reintrodotto l’anatocismo sul conto corrente
L’anatocismo consiste nella capitalizzazione degli interessi prodotti da una somma determinata di denaro (secondo il principio della sua naturale fecondità): gli interessi prodotti dalla sorte capitale entrano a far parte della sorte medesima, che a sua volta produce ulteriori interessi e così via. In tal modo è evidente che il creditore ne trae un ottimo beneficio, certamente maggiore rispetto agli interessi non anatocistici.
Il codice civile, nell’ottica della tutela del debitore (favor debitoris), contiene una disciplina molto restrittiva dell’anatocismo all’art. 1283 c.c., secondo cui “in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”.
La maggiore rilevanza applicativa attiene all’anatocismo bancario. La giurisprudenza dominante a partire dal 1999, confermata dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 21095/2004, ha dichiarato nulle e prive di effetto le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi dovuti dal correntista proprio per via della violazione dell’art. 1283 c.c., in quanto non vi è nell’ordinamento alcun uso normativo che giustifichi l’applicazione dell’anatocismo bancario.
Il legislatore, tuttavia, nel corso degli anni ha più volte tentato di reintrodurre tale forma di anatocismo, da ultimo con la modifica dell’art. 120 TUB (testo unico bancario) ad opera dell’art. 17-bis d.l. 18/2016, convertito in L. 49/2016 dal Governo Renzi.
Il nuovo art. 120 prevede infatti due eccezioni al divieto di anatocismo: gli interessi a debito maturati possono produrre interessi di mora; per i contratti di apertura di credito in conto corrente e in conto di pagamento, nonchè per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili e in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale (comprensiva quindi di interessi);
Nel primo caso la legge stessa consente il calcolo degli interessi di mora sugli interessi già maturati. Nella seconda ipotesi, se è vero che gli interessi entrano a far parte della sorte capitale solo su espresso consenso del cliente, è altrettanto vero che in molti hanno sottoscritto moduli di modifica delle condizioni negoziali senza la piena consapevolezza del contenuto.
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avv. Amedeo Luccitti
Avvocato civilista. Ha conseguito nell'a.a. 2013/2014 la laurea in Giurisprudenza all'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma e nello stesso ateneo ha frequentato la Scuola di Specializzazione per Professioni Legali. Nell'anno 2015 ha ottenuto l'abilitazione all'esercizio della professione forense.