Come nasce il diritto alla privacy

Come nasce il diritto alla privacy

Ciò potrebbe essere fatto solo in base a principi di giustizia privata, idoneità morale e convenienza pubblica, che, quando applicato a un nuovo argomento, rende il diritto comune senza precedenti; molto di più quando ricevuto e approvato dall’uso.

Willes, J., in Millar contro Taylor, 4 Burr. 2303, 2312

La nozione di privacy ha antiche e nobili origini, come magnificamente esposta da Sergio Niger nella sua opera “Le nuove dimensioni della privacy: dal diritto alla riservatezza alla protezione dei dati personali” . Questo autore ripercorre l’evoluzione storica vissuta dal diritto alla privacy, dai tempi dell’Antica Grecia sino ad oggi evidenziando come «la nozione di privacy non è una nozione unificante. Non è cioè un concetto che esprime esigenze uniformemente e coerentemente diffuse nella storia e nella collettività». Gli antichi greci ritenevano fondamentale, quasi un dovere, per i propri cittadini maschi, la partecipazione alla vita pubblica; essi riconoscevano anche la necessità per ognuno di avere una sfera privata, ma si trattava dell’ambito strettamente limitato all’espletamento dei propri bisogni e delle proprie necessità, vicino alla fondamentale bios politikos. La polis riteneva e tutelava come sacri i confini della proprietà ma a fondamento di ciò non vi era il rispetto della proprietà privata, come saremmo portati a credere, bensì il fatto che «senza una casa un uomo non poteva partecipare agli affari della città, perché in essa non aveva un luogo che fosse propriamente suo». La privacy fine a se stessa, come vita spesa fuori dal mondo comune, acquisiva una connotazione quasi antisociale, tanto che «lo stesso Platone riteneva che in una società ideale non vi fosse alcun bisogno di una sfera privata in cui l’individuo potesse rifugiarsi. Questo bisogno veniva visto come un pretesto per sottrarsi agli obblighi etici e sociali». Proseguendo nella propria evoluzione, il termine privato divenne, in età medievale, sinonimo di familiare. In quell’epoca, infatti, la vita privata era basata sulla fiducia reciproca che univa i membri del gruppo, dando luogo, quindi, ad una vita familiare intesa in senso conviviale, ove non vi era spazio per l’individualità.

Il desiderio di intimità segnò l’inizio di quel nuovo schieramento di classi che era destinato a finire nella lotta di classe senza quartiere e nelle rivendicazioni individualistiche di un periodo successivo. Fu così che, con il disgregarsi della società feudale, si affermò la privacy nella connotazione a noi più vicina. Secondo Ariès (P. Ariès, Per una storia della vita privata, in Ariès p., Duby G. (a cura di), La vita privata, vol. III, cit., p.VI) tra gli elementi che contribuirono all’ evoluzione di tale concetto vi furono indubbiamente la progressiva costruzione dello stato moderno e lo sviluppo dell’alfabetizzazione. Si può quindi affermare che la connotazione odierna di privacy si ha proprio a seguito della caduta del feudalesimo; in quei secoli, XVIII e XIX, che rappresenterebbero un’era prolifica per il diritto.

Nel 1890, due giuristi statunitensi, Louis Brandeis e Samuel Warren, pubblicarono “The Right of Privacy” sulla Harward Law Review, prima monografia giuridica a riconoscere “the right to be let alone ” , “ diritto ad essere lasciato da solo ”. Esprimendo in queste parole il desiderio di una propria ed inviolabile intimità. La frase in epigrafe è stata riportata dai due autori proprio in apertura al loro scritto.

La prima pagina scritta da questi eccezionali giuristi apre le danze a quello che diventò, nientemeno, un nuovo ramo del diritto:

«CHE l’individuo abbia piena protezione nella persona e nella proprietà è un principio antico quanto il diritto comune; ma di tanto in tanto si è ritenuto necessario definire di nuovo la natura e l’estensione esatte di tale protezione. I cambiamenti politici, sociali ed economici comportano il riconoscimento di nuovi diritti e il diritto comune, nella sua eterna giovinezza, cresce per soddisfare le esigenze della società. Così, nei primissimi tempi, la legge forniva un rimedio solo per l’interferenza fisica con la vita e la proprietà, per i trespasses vi et armis. Allora il “diritto alla vita” serviva solo a proteggere il soggetto dalle percosse nelle sue varie forme; libertà significava libertà da restrizioni effettive; e il diritto alla proprietà garantiva all’individuo le sue terre e il suo bestiame. Più tardi, si arrivò al riconoscimento della natura spirituale dell’uomo, dei suoi sentimenti e del suo intelletto. A poco a poco la portata di questi diritti legali si amplia; e ora il diritto alla vita è arrivato a significare il diritto di godere della vita, il diritto di essere lasciati soli; il diritto alla libertà garantisce l’esercizio di ampi privilegi civili; e il termine “proprietà” è cresciuto fino a comprendere ogni possesso, sia tangibile che immateriale.

Così, con il riconoscimento del valore legale delle sensazioni, la tutela contro i danni fisici effettivi è stata estesa fino a proibire i semplici tentativi di causare tali danni….. “

In sostanza, Warren e Brandeis furono i primi a chiedersi quale fosse il limite del diritto all’informazione a discapito del diritto alla riservatezza, al fine di evitare che le informazioni afferenti ad un individuo possano essere oggetto di diffusione inopportuna attraverso la stampa. I due giuristi americani utilizzano quindi per la prima volta il termine privacy, e non “ protezione dei dati” , perché, appunto, non si interrogarono sul “come” le informazioni degli individui dovessero essere protette e protette ma solo sul “se”.

In quegli anni, per la prima volta nella storia, l’innovazione tecnologica aveva aperto un varco enorme alla comunicazione. Nel 1875 Robert Barclay inventò la stampa in offset, utilizzata poi da quasi tutti i quotidiani negli anni a seguire; nel 1837 la tecnica di Louis Daguerre raggiunse la piena maturità fotografica e consentì la possibilità di creare la prima vera foto della storia (“Natura morta”) e, parallelamente, esplose il mercato della diffusione delle informazioni su larga scala attraverso le testate giornalistiche ed i quotidiani nel 1851 fu fondato uno tra i più diffusi ed autorevoli ancor oggi, il “The New York Times”. Insomma: le riflessioni e preoccupazioni di Warren e Brandeis non potevano essere più lungimiranti e fondate di come furono espresse nel citato “Diritto alla privacy”.

È proprio per i suoi posti fatti che occorre comprendere la stretta ed inscindibile connessione che la privacy ha con l’evoluzione tecnologica. Il diritto alla privacy e riservatezza è da sempre stato influenzato dalle tecnologie, dal sistema sociale e dall’epoca storica in cui ha preso forma ed ha iniziato a produrre effetti giuridici.

Ora, in questo excursus storico sulla privacy occorre precisare che, nonostante la profetica visione di Warren e Brandeis, questi non si pongono il problema di collocarla e identificarla come diritto fondamentale in un apposito testo di legge. Al contrario, ciò è avvenuto in Europa qualche anno dopo: in particolare la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 1950 prevedeva il diritto alla riservatezza per sé e per la propria famiglia come diritto fondamentale dell’uomo. Così come anche la Convenzione di Strasburgo del 1981, adottata in ambito CEDU, ricostruiva il diritto alla riservatezza ed il diritto alla protezione dei dati personali come un unico diritto fondamentale (la riservatezza) e condizione essenziale di libertà (la protezione dei dati personali). Queste scelte di fondo dell’UE sono state poi ribadite e rafforzate prima con la Direttiva 95/46/CE e poi con la Carta europea dei diritti fondamentali (Carta di Nizza).

Ma è la Direttiva 95/46/CE è senza dubbio la madre della privacy e della protezione dei dati in Europa  (definita convenzionalmente anche “Direttiva Madre”) anche se, in realtà, Francia e Spagna erano già dotate di una legge sulla privacy.

Questa evidente frammentazione delle norme (oltre che l’evoluzione tecnologica intervenuta dal 1995 in avanti) ha portato la Commissione UE a proporre nel 2012 la sostituzione della Direttiva Madre con il Regolamento n. 679/2016 (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati – RGPD). Divenuto pienamente applicabile il 25 maggio 2018.

Per concludere: il concetto di privacy individuale universale è un concetto moderno, principalmente associato alla cultura occidentale, britannica e nordamericana in particolare, ed è rimasto praticamente sconosciuto in alcune culture fino ai tempi recenti. La maggior parte delle culture, tuttavia, riconosce la capacità degli individui di nascondere alcune parti delle proprie informazioni personali.

Il significato nel tempo, si è evoluto anche in relazione all’evoluzione tecnologica che dai tempi di Warren e Brandeis (fine XIX secolo) è intercorsa. Inizialmente riferito alla sfera della vita privata, negli ultimi decenni ha subito un’evoluzione estensiva, arrivando ad indicare il diritto al controllo sui propri dati personali . Quindi, il significato odierno, di  privacy , comunemente, è relativo al diritto della persona di controllare che le informazioni che la riguardano vengono trattate o guardate da altri solo in caso di necessità.


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