Comodato d’uso gratuito di un immobile adibito a casa familiare

Comodato d’uso gratuito di un immobile adibito a casa familiare

Il contratto di comodato trova una definizione codicistica nell’art. 1803 c.c. che lo qualifica come un contratto gratuito con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinchè se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa alla scadenza.

La forma dell’accordo è libera anche quando il contratto ha ad oggetto un bene immobile.

Si tratta di contratto reale (per il cui perfezionamento è necessaria la consegna), a titolo gratuito, (poiché non è stabilito un corrispettivo), unilaterale (con obbligazioni a carico del solo comodante) e può avere ad oggetto sia beni mobili che beni immobili.

In virtù del contratto, il soggetto comodatario ha l’obbligo di restituire la cosa alla scadenza del termine concordato e, ove questo non sia stabilito, la restituzione deve avvenire quando lo stesso se ne è servito per l’uso concordato ovvero quando sopravvenga un’esigenza imprevista ed urgente del comodate(art. 1809 c.c.).

Interessante è l’art. 1810 c.c. il quale disciplina l’ipotesi in cui non sia stato convenuto un termine per la restituzione della cosa e questo non sia desumibile dall’uso cui la cosa è destinata (c.d. comodato indeterminato). Tale norma prevede che, in questo caso, il comodatario sia tenuto a restituire il bene immediatamente dietro semplice richiesta del comodante.

Ciò premesso, questione particolarmente dibattuta in giurisprudenza è stata se, in un contratto di comodato senza pattuizione del termine avente ad oggetto un’immobile adibito a casa familiare, il comodante possa chiedere la restituzione dell’immobile in caso di separazione e/o divorzio dei coniugi .

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 21467/2016 ha affermato che: ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione, si versa nell’ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare”. Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari idoneo a conferire all’uso il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà “ad nutum” del comodante, a cui resta salva la facoltà di chiedere la restituzione nell’ipotesi di sopravvenienza di un bisogno urgente e non prevedibile.

Così motivando la Suprema Corte ha richiamato anche quando stabilito con Sezioni Unite, sent. n. 13603/2004, secondo cui “il contratto di comodato di un immobile adibito a casa familiare, ha una durata determinabile per relationem, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente dunque dall’insorgere di una crisi coniugale ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile.

Più recentemente la Cassazione con  sentenza nr. 26954/2017 ha ribadito che:  nel contratto di comodato che ha ad oggetto un’abitazione destinata a casa familiare, il termine finale del contratto va desunto dall’uso per il quale l’immobile è stato consegnato e, di conseguenza, il comodato dura sino a quando permangono le esigenze abitative della famiglia, indipendentemente dall’eventuale crisi del legame coniugale.

Nell’ambito di tale pronuncia, i Giudici di legittimità, hanno puntualizzato che la circostanza di adibire l’immobile a casa familiare consente di imprimere sullo stesso un vincolo di destinazione a favore dell’intero nucleo familiare e non solo a favore della parte contrattuale ( comodatario).

Tale vincolo di destinazione incide inevitabilmente sulla durata del contratto, che si protrarrà sino al perdurare delle esigenze abitative e la durata del contratto potrà essere fatta valere non solo dal comodatario in persona ma da tutti i componenti della famiglia.

Con tali pronunce, la Suprema Corte di Cassazione, ha inteso ricondurre il diritto all’abitazione familiare al rango dei diritti inviolabili della persona di cui all’art. 2 della Costituzione, attribuendogli  un valore costituzionale tale da imprimere  un vincolo temporale, potenzialmente indeterminato, al contratto. Tale orientamento si pone a totale garanzia degli interessi della famiglia e pone in secondo piano, in un’ottica di bilanciamento degli interessi, gli interessi economici delle parti contrattuali.


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