Compenso dell’amministratore di condominio
Al giorno d’oggi, il notevole aumento della popolazione sempre più attratta dalla vita “cittadina” piuttosto che da quella di “periferia”, ha provocato un notevole incremento di costruzione di edifici maggiormente sviluppati in altezza e con metrature sempre più esigue. Tutto questo, pone in rilievo lo studio delle dinamiche condominiali che maggiormente interessano i tribunali e gli studi legali.
Uno dei temi sui quali si dibatte maggiormente è relativo alla figura di amministratore di condominio che, sovente, difficilmente riesce a far trovare una comunanza di idee tra i condòmini.
Soprattutto in tempi attuali di crisi economica, una questione rilevante, concerne il tema del compenso spettante all’incaricato amministratore che tende sempre più a ribasso, scoraggiando chi, tra l’altro, abbia voglia di intraprendere questa professione.
In una nota del dott. Mauro Simone, presidente A.L.A.C. (Associazione Liberi Amministratori Condominiali) Bari si evidenzia come “La scelta dell’offerta gestionale più economica e conveniente fra quelle proposte dai candidati- amministratori vien prima di ogni altra considerazione da parte dei condomini, dimenticandosi che un’antica locuzione medievale, comunque sempre attualissima, recita: “chi meno spende più spende”.
La verità è anche che l’amministratore oggi pur svolgendo una funzione sociale importante avverte un po’ di delusione e insoddisfazione per il proprio lavoro a causa della misera retribuzione riconosciuta dai condomini”.
Almeno in apparenza, la retribuzione è decisa dall’assemblea ed al professionista è lasciato se accettare o meno l’emolumento e l’incarico. Gli artt. 1709 e 1720 c.c. fissano la presunzione di onerosità dell’incarico e quindi l’emolumento dovrà essere determinato in base alle tariffe professionali, in quanto contengono voci analoghe e sempre che l’amministratore sia iscritto ad un albo, ad esempio essendo geometra.
La corte di cassazione ha rilevato come la delibera che determina il compenso sia di normale amministrazione e quindi ben può essere contenuta anche nell’ambito dell’approvazione del preventivo, o anche del consuntivo, con le relative maggioranze di legge e, quindi, senza i quorum qualificati previsti per la nomina dell’amministratore.
Il compenso è stabilito annualmente e comprende ogni attività cui è tenuto l’amministratore, compresi gli atti di amministrazione straordinaria; così è stato stabilito in una sentenza della Suprema Corte di Cassazione in cui il ricorrente assumendo di aver esercitato le funzioni di amministratore di un condominio ubicato in Roma, convenne davanti al Pretore di Roma il condominio, appunto, in persona dell’amministratore in carica, per conseguire la condanna del convenuto al pagamento di una somma di denaro quale residuo del compenso maturato al termine del mandato per prestazioni di carattere straordinario, che non sono connesse con lo svolgimento dell’incarico di amministrazione del condominio, quale è la partecipazione a tre assemblee straordinarie. Dopo aver visto sfumate le sue pretese, il ricorrente, dopo aver percorso tutti i gradi di giurisdizione inferiori, rimise la decisione alla magistratura di legittimità.
Quest’ultima statuì, però, che “L’attività professionale dell’amministratore del condominio consistente nella partecipazione all’assemblea straordinaria, rientrando tra i compiti istituzionali di amministrazione, non deve essere retribuita a parte, in aggiunta al compenso annuale stabilito al tempo del conferimento dell’incarico, salva diversa deliberazione” (Cass. Civ. Sez II, sentenza n. 3596, 12 Marzo 2003).
La citata sentenza è stata, poi, ulteriormente ribadita dalla Cassazione: Sentenza del 30.09.2013 n. 2213/13.
Nel caso in cui l’assemblea non provveda a nominare un nuovo amministratore o non confermi l’incarico all’amministratore uscente, quest’ultimo rimane in carica in regime di prorogatio imperii (ex art. 1129 c.c.), sempre di durata annuale, salvo la possibilità, per l’assemblea, di destituire la persona dell’amministratore, ferma restando, la possibilità per ogni singolo condomino, di far ricorso alla revoca giudiziaria per gravi inadempienze dell’amministratore (si segnalano l’omissione del rendiconto di gestione per un solo anno (attualmente 2 anni); la mancata apertura del conto del condominio; l’inerzia nel seguire l’azione giudiziaria finalizzata alla riscossione forzosa delle quote condominiali).
Per il caso in cui intervenga la destituzione da parte dell’assemblea (che può avvenire anche senza giusta causa), l’amministratore conserva il diritto al compenso dovuto, rapportato al periodo di prorogatio imperii per l’ultima gestione tenuta. Diversamente accade, invece, per l’ipotesi della revoca giudiziaria fondata su una giusta causa, ove, l’amministratore non solo potrebbe non aver diritto al compenso, ma può anche essere, con altro giudizio, condannato al risarcimento dei danni che con la sua inadempienza abbia provocato concretamente ai condomini, facendo salvo il suo diritto di opposizione con atto di citazione, notificato al ricorrente (ex art. 645 c.p.c.).
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Francesco Di Iorio
Francesco Di Iorio, autore di diversi articoli per Salvis Juribus, collabora con la rivista sin dall'anno 2020. Laureato in Giurisprudenza con voto 110/110. Appassionato di Diritto Costituzionale, presenta la sua tesi dal titolo "Discriminazioni di genere: giurisprudenza costituzionale ed evoluzione normativa".
Praticante notaio dal febbraio 2021, sta approfondendo i suoi studi nelle materie tipiche concorsuali presso una Scuola notarile in Roma.
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