Concorsi pubblici e incompatibilità delle commissioni. Aggiornamenti.
Quando si parla di concorsi pubblici è piuttosto frequente imbattersi in situazione di dubbia legittimità, soprattutto relativamente alla composizione della commissioni giudicatrici alla luce di eventuali conflitti di interesse. Ma quando questi dubbi possono assumere rilevanza tale da legittimare un ricorso al TAR con buone speranze di successo? Difficile dirlo vista la costante evoluzione della giurisprudenza amministrativa e, soprattutto, il sempre maggiore contrasto tra gli orientamenti dei TAR e quelli del Consiglio di Stato.
Facciamo una premessa: in tema di commissioni giudicatrici ed eventuali incompatibilità dei loro membri non esiste une normativa specifica. Per granitica giurisprudenza tuttavia a questa materia si applicano tutte le norme previste a tutela dei fondamentali precetti di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione (artt. 3, 51,97 e 98 Cost.; art. 51 c.p.c.; art. 36 c.p.p.; art.19 R.D. 12 del 1941, etc).
Fino a poco tempo fa TAR e Consiglio di Stato andavano di pari passo sostenendo la tesi per cui l’obbligo di astensione in capo a membri di commissione sussisterebbe solo nei casi, tassativamente intesi, previsti dall’art. 51 cpc. Nessuna estensione analogica era ammessa per non invadere l’ambito di competenza della PA e per non creare un eccessivo grado di precarietà ed incertezza dell’azione amministrativa.
Recentemente il mutato quadro normativo risultante dalle modifiche apportate alla L. 241/1990 da parte della L. 190/2012 (cd legge anticorruzione – Per approfondimenti: La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione Copertina rigida – 1 apr 2013) ha comportato un primo cambio di rotta, quantomeno all’interno dei TAR. Il nuovo art. 6 bis L. 241/1990 sembrerebbe infatti aver introdotto un più generale obbligo di astensione “onnicomprensivo” di qualsiasi potenziale situazione di conflitto di interessi che possa inficiare il buon andamento e l’imparzialità della PA, ponendosi quindi come norma giuridica finalizzata ad una più vasta ed efficace applicazione dei principi di cui all’art. 97 Cost. rispetto a quanto potrebbe garantire l’elenco tassativo previsto dall’art. 51 cpc.
Sulla natura non esclusiva e non tassativa del disposto dell’art. 51 cpc in materia di commissioni relative a concorsi pubblici si è pronunciato il Tar Abruzzo, sez. Pescara, che con sentenza del 22 ottobre 2015, n. 402 ha disposto la rinnovazione della procedura concorsuale sulla base della considerazione che sarebbe irragionevole, errato e privo di supporto normativo postulare che ai procedimenti concorsuali si applichi solo l’art. 51 c.p.c. dovendo altresì trovare applicazione l’art. 6 bis della legge n. 241 del 1990 (che, viceversa, riguarda indistintamente tutti i procedimenti amministrativi ed è norma sovraordinata, oltre che successiva in forza della modifica di cui alla legge n.190 del 2012).
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In maniera conforme si sono pronunciati anche: il T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 19-02-2015, n. 84; il T.A.R. Campania, sez. Salerno, sez. II con sentenza del 17 marzo 2014 n. 580 nonché il T.A.R. Sardegna, sez. I, con sentenza del 5 giugno 2013, n. 459.
Il fatto che il Consiglio di Stato abbia, però, avuto già premura di annullare la decisione del TAR Abruzzo la dice lunga su quanto controversa sia ancora questa “giovane” questione giuridica. E’ pur vero che cambiamenti di rotta così decisivi e traumatici non sono mai avvenuti in maniera rapida e indolore, ed il fatto che qualcosa inizi a muoversi dal “basso” in più di un Tribunale Amministrativo è comunque un buon segno.
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Gli auspici di una più efficace e completa tutela del principio di imparzialità della PA, in particolare nei concorsi pubblici, sono ancor di più incoraggiati dal nuovo ruolo che l’Autorità Anticorruzione (ANAC) riveste e dai suoi recenti pronunciamenti. In più casi infatti l’ANAC ha chiarito come la volontà del legislatore, dopo l’emanazione della L. 190/2012, sia quella di “impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità” (delibera n. 421 del 13 aprile 2016). In tal senso verrebbe quindi aggirata la censura del Consiglio di Stato in merito ad una (non ammissibile) interpretazione analogica dell’art. 51 cpc introducendo invero il concetto di “interpretazione teleologica”, interpretazione cioè finalizzata non ad estendere l’operatività dell’art. 51 cpc ma a rendere quest’ultima più efficace ed effettiva alla luce delle finalità che il legislatore si è prefissato.
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