Concorso esterno in associazione mafiosa: dolo eventuale o specifico?

Nel sistema penale il dolo svolge una doppia e fondamentale funzione: in primis si caratterizza come principale forma di imputazione psicologica del fatto di reato; difatti l’articolo 42 del Codice Penale, prevede la punibilità a titolo di dolo come la regola, mentre la colpa è la preterintenzione costituiscono l’eccezione.

In secondo luogo, il dolo rappresenta la forma più grave di colpevolezza: l’articolo 42 del Codice Penale, frutto di un compromesso tra la teoria della rappresentazione quella della volontà, definisce il dolo come volizione e rappresentazione di un dato evento, come risultato della propria condotta, attiva od omissiva.

L’elemento intellettivo e quello volitivo, in conformità all’importante dictum della Corte di Cassazione contenuto nelle sentenze gemelle dell’88, devono attingere a tutti gli elementi della fattispecie incriminatrice dai quali scaturisce l’applicazione della pena, in virtù di una lettura della imputazione penale effettivamente coerente con il principio di colpevolezza ex articolo 27 della Costituzione.

Tra le varie forme che può assumere il dolo vi è quella del dolo specifico, laddove il legislatore richiede che il soggetto agente nella commissione di un fatto di reato persegua una finalità ulteriore, finalità della quale non è chiesta necessariamente la realizzazione del dolo generico, il quale rappresenta il vestimentum della tipica forma di dolo.

Elemento sintomatico della ricorrenza del dolo specifico nella fattispecie incriminatrice, è l’utilizzazione da parte del legislatore di espressione quali “al fine di”, che sottendono per l’appunto una precisa ed aggiuntiva finalità presa di mira dall’agente.

Riguardo al dolo specifico, indottrina è sorta una annosa querelle circa la sua compatibilità con il dolo eventuale, ovvero quella forma di dolo che ricorre laddove un soggetto agisce verso un dato fine, rappresentandosi che dalla propria condotta potrebbe scaturire in termini probabilistici un evento vietato dalla legge penale, ciononostante decidendo di agire, accettando il rischio di verificazione del predetto evento.

In tal caso l’agente opera un bilanciamento tra i valori in gioco, ritenendo prevalente quello sotteso al fine da lui compiuto, e riconoscendo l’altro come sacrificabile.

Parte della giurisprudenza sancisce una ontologica incompatibilità tra queste due forme di dolo, stante la discrasia tra lo stato di dubbio che connota il dolo eventuale e la direzione finalistica diretta del dolo specifico.

Il problema, in assenza di univoca soluzione, resta aperto, e si ripropone con riferimento al concorso esterno in associazione mafiosa, ex articolo 416 Codice Penale.

Un primo e più risalente orientamento postula che ai fini della configurazione del concorso esterno fosse sufficiente il solo dolo eventuale, con riferimento alla finalità del consolidamento o del rafforzamento del sodalizio criminoso, quale esito derivante dalla condotta del concorrente esterno.

La giurisprudenza successivamente muta la propria impostazione, ritenendo quale indefettibile elemento per il reato in parola il dolo specifico, e dunque anche il concorrente esterno deve volere in via specifica le finalità sopra indicate, al pari del soggetto inserito nell’organigramma dell’associazione criminale.

Discrimen è dunque rappresentato dalla affectio societatis, potendo poi il concorrente addirittura disapprovare i metodi e le finalità dell’associazione, pur volendo che si realizzino ed avendo contezza della rilevanza eziologica della propria condotta.