Condominio: i negozi al piano terra, con accesso separato, non pagano il compenso al custode
La proprietaria di alcuni immobili al piano terra e primo interrato, ad uso commerciale e con ingresso autonomo, chiedeva che fossero dichiarate non dovute le spese relative al compenso del custode e ad altre voci indicate nel regolamento contrattuale di condominio, con conseguente condanna alla restituzione delle somme indebitamente percepite a tale titolo da parte del condominio; in particolare, ella doveva essere esclusa dal “compenso del custode”, addebitabile ai soli “proprietari degli alloggi della casa”, così come disposto dal regolamento.
Il condominio rilevava che la tabella allegata al regolamento ricomprendeva anche i fondi relativi alle attività commerciali e, pertanto, tale richiamo costituiva espressione della volontà del costruttore di ripartire le spese fra tutti i condomini. La causa veniva definita in primo grado con rigetto del ricorso perché, nonostante la presenza dell’espressa deroga, lo stesso art. 13, per la suddivisione di quelle spese, richiamava una tabella nella quale figuravano anche i millesimi dei fondi commerciali.
La soccombente ha proposto appello ed il contenzioso è stato definito con la sentenza n. 948/2021 della Corte d’Appello di Genova.
L’interpretazione del regolamento. In primo luogo, non era in contestazione il fatto che gli immobili fossero posti al piano terreno e primo piano interrato e che avessero ingressi autonomi, diversi e non collegati all’ingresso condominiale ove aveva sede la portineria.
Secondariamente, l’art. 13, a caratteri maiuscoli indicava specificatamente delle deroghe per cui alcune spese dovevano essere ad esclusivo carico dei proprietari degli alloggi della casa, specificando le spese oggetto della norma particolare, fra cui, il compenso al custode, la manutenzione e pulizia di androni corridoi, l’antenna televisiva ed il video citofono. Detta clausola, in deroga alla ripartizione generale delle altre spese e con riferimento a servizi specificamente indicati ed utilizzati solo dai proprietari di immobili all’interno dell’edificio condominiale, doveva essere interpretata secondo l’art. 1367 Codice Civile, per cui “il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.
Il riferimento ai “proprietari degli alloggi della casa” doveva intendersi, quindi, come esteso a tutti i proprietari degli immobili situati all’interno della “casa” (intesa come edificio condominiale), accessibile dall’ingresso condominiale, mentre dovevano ritenersi esclusi i fondi commerciali direttamente accessibili dall’esterno. Ciò risulta logico in quanto, trovandosi all’interno del caseggiato, sia le abitazioni che gli uffici, usufruiscono dei servizi elencati nell’art. 13 quali il portierato, la manutenzione degli androni e corridoi, l’antenna ed il videocitofono.
Al contrario gli immobili ad uso commerciale, situati fuori dalla “casa” condominiale, con ingresso separato, non usufruiscono dell’ingresso condominiale, con la conseguenza, logica ed oggettiva che non utilizzano i servizi elencati dall’art. 13 del regolamento e la deroga consente di dare un senso alle intenzioni del costruttore al momento della redazione del regolamento. Anche l’interpretazione del concetto di portierato come vigilanza estesa a tutto il complesso, non risulta idoneo a privare di contenuto e di significato la deroga espressa dell’art. 13 del regolamento ed il riferimento ai millesimi della tabella, per la divisione delle spese gravanti solo “proprietari degli alloggi della casa”, in quanto limitato ai millesimi delle proprietà, ad uso ufficio o abitazione, poste all’interno dell’edificio condominiale.
L’esito. La Corte d’appello genovese, pertanto, in riforma della ordinanza di primo grado, ha accolto il ricorso, dichiarando non dovute le somme per spese relative alla voce “compenso al custode” e alle altre voci indicate dall’art. 13 del regolamento di condominio, con condanna del condominio alla restituzione delle somme percepite a tale titolo per i precedenti quattro esercizi, oltre interessi di legge dovuti dalla domanda giudiziale al saldo ed alle spese di entrambi i gradi del giudizio.
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