Condominio, l’assemblea è responsabile per le irregolarità delle convocazioni
Con una recente pronuncia, sentenza n. 29878 del 18 novembre 2019, la Corte di Cassazione – Seconda Sezione Civile, a conclusione di un lungo percorso giudiziale, ha avuto modo di ritornare su un argomento ampiamente dibattuto e sovente oggetto di controversie in materia condominiale, prendendo una posizione piuttosto netta in merito alla convocazione delle assemblee, ai sottesi criteri di validità nonché sulla responsabilità della figura dell’amministratore e della stessa assemblea dei condomini.
LE NORME DI RIFERIMENTO
Come noto, la disciplina normativa inerente la materia condominiale ha subìto recentemente una precisa e complessiva modifica da parte della Legge n. 220 dell’11 dicembre del 2012, la quale non soltanto ha inciso sulle disposizioni attuative del codice civile ma, soprattutto, sull’impianto normativo del codice stesso.
Infatti, l’assemblea dei condomini rappresenta l’organo deliberativo dell’ente di gestione condominiale, che si riunisce ai sensi dell’art. 66 disp. attuative, oltreché per le deliberazioni annuali, in via straordinaria ogniqualvolta l’amministratore oppure due condomini – rappresentanti un sesto del valore dell’edificio – ne facciano richiesta. Inoltre, la predetta normativa prevede che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile su istanza dei dissenzienti o assenti, poiché non convocati regolarmente.
Nondimeno, l’art. 1136 c.c. – a sua volta oggetto di incisiva riforma – prevede al comma sesto che l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati, mentre nella forma ante 2012 si limitava a precisare che ‘’L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione’’.
A tale riguardo, occorre precisare che le deliberazioni prese dall’assemblea – pur se obbligatorie per tutti i condomini – sono impugnabili innanzi all’autorità giudiziaria, nel caso di contrarietà alla legge o al regolamento condominiale, da ogni condomino assente, dissenziente o astenuto al fine di ottenerne l’annullamento, sempre che sia rispettato il termine perentorio di trenta giorni dalla deliberazione – per i dissenzienti o astenuti – oppure dalla comunicazione della stessa per gli assenti (art. 1137 c.c.).
In ultimo, giova ricordare come ad intrecciarsi con il ruolo dell’assemblea vada, necessariamente, quello dell’amministratore condominiale, il quale svolge le proprie mansioni sotto i vincoli della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) nonché sulla base della normativa inerente il mandato (artt. 1703 e ss. c.c.).
IL CASO
Nel 2008 un condominio citava in giudizio il proprio amministratore affinché costui rispondesse civilmente per inadempimento contrattuale e sotteso risarcimento del danno per una somma di denaro corrispondente a quanto in antecedenza richiesto nei propri confronti da un condomino il quale, nel 2007, aveva impugnato con successo una delibera assembleare per errata convocazione.
L’istanza del condominio veniva accolta, in prime cure, dal Tribunale di Milano nel 2010, mentre l’amministratore convenuto appellava la sentenza asserendo che l’art. 1136 c.c. porrebbe, in realtà, a carico dell’assemblea – e non dell’amministratore – l’obbligo specifico di verificare la corretta e regolare convocazione di tutti gli aventi diritto, aggiungendo peraltro che, nel caso di specie, egli aveva proceduto alla convocazione del condomino a mezzo posta ordinaria, anziché tramite lettera raccomandata, dietro espressa richiesta dello stesso.
Tuttavia, la Corte d’Appello di Milano confermava la linea interpretativa già sviluppatasi in primo grado, stabilendo che l’obbligo di procedere ad una completa, rituale convocazione dei condomini spetterebbe per legge unicamente in capo all’amministratore, ciò sulla base delle strette previsioni in materia di mandato.
Il procedimento, giunto innanzi alla Corte di Cassazione, ha tuttavia subìto una netta inversione di marcia, poiché il supremo consesso, nell’esaminare le doglianze dell’amministratore ricorrente, ha recentemente ritenuto di ribaltare gli orientamenti interpretativi sino a quel momento espressi in primo e secondo grado.
LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Nel proprio ragionamento, la Corte ha riscontrato in primo luogo nell’azione esperita dal condominio nei confronti dell’amministratore, nel caso de quo, le caratteristiche di un rimedio risarcitorio per inadempimento contrattuale da mancata diligenza professionale – nel dettaglio, l’omessa convocazione di cui al già richiamato art. 66 disp. att. del codice civile – i cui fondamenti la Corte d’Appello già aveva accolto nel pronunciarsi sulla vicenda, tuttavia considerando erroneamente ‘’assorbita’’ dal pregresso giudicato d’annullamento della delibera impugnata la significativa allegazione dedotta dall’amministratore, inerente l’avvenuta convocazione del condomino a mezzo posta ordinaria per espressa richiesta dello stesso (elemento peraltro non contrastante con la disciplina normativa in vigore all’epoca, vale a dire prima della riforma del 2012, ai sensi della quale non era prescritta alcuna formalità specifica per la convocazione dei condomini in assemblea). Infatti, secondo la Cassazione l’amministratore avrebbe allegato tale precisazione non già per dimostrare una presunta validità della delibera impugnata, bensì per aggiungere un significativo elemento di valutazione circa la propria condotta di mandatario, onde dimostrare, così, di non essere – in realtà – venuto meno in alcun modo ai propri obblighi verso il condominio.
Soprattutto, la Corte d’Appello avrebbe errato anche nell’escludere la configurabilità di un concorso di colpa del condominio – ai sensi dell’art. 1227 c.c. – sulla base del mero giudicato d’invalidità inerente la delibera impugnata la quale, in realtà, non potrebbe in alcun modo rivestire efficacia di giudicato inoppugnabile sulla presunta responsabilità esclusiva dell’amministratore nei confronti dei condomini, nonché sull’asserita esclusione preventiva di alcun apporto causale del condominio – per mezzo dell’organo assembleare – nella erronea ed incompleta convocazione di tutti gli aventi diritto.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO E LE CONCLUSIONI DELLA CORTE
Per l’effetto, nell’accogliere il ricorso dell’amministratore, la Corte di Cassazione ha ulteriormente specificato come sussistano, all’interno del nostro Ordinamento, stringenti obblighi e vincoli anche a carico dell’organo assembleare condominiale in ordine al procedimento di convocazione degli aventi diritto.
Infatti, se da un lato è certamente vero che spetta all’amministratore procedere alla convocazione dell’assemblea, d’altro canto il già richiamato art.1136, c.6 c.c. prescrive in modo inequivocabile l’impossibilità a deliberare, per l’assemblea stessa, se non tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente invitati e convocati, integrando perciò la preventiva convocazione un requisito essenziale per la validità di ogni deliberazione successiva.
Orbene, controllare la regolarità degli avvisi di convocazione e darne conto con apposita verbalizzazione – per quanto compilabile anche dallo stesso amministratore – sarebbe, de facto, preciso compito dell’assemblea e del relativo Presidente, in quanto prescrizione di forma richiesta espressamente dal procedimento collegiale disciplinato dalla legge, la cui inosservanza importerebbe, a propria volta, l’annullabilità delle sottese delibere poiché viziate da non conformità alla legge ab origine.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Manuel Massimiliano La Placa
Dottore in Giurisprudenza, Amministratore Condominiale Professionista e Praticante Avvocato.
Laurea magistrale conseguita presso l'Università degli Studi di Trieste con tesi sperimentale in diritto tributario, Relatore Ch. mo Prof. Avv. Dario Stevanato.
Si occupa, nel particolare, di diritto civile, condominiale e tributario.