Consulenza tecnica preventiva e Usura: limiti di ammissibilità
Deve preliminarmente essere osservato che nell’ affidare al Consulente Tecnico d’Ufficio il compito di “accertare e determinare i crediti” derivanti da inadempimento contrattuale (“mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali”) o da fatto illecito, in realtà vengono sollecitate due valutazioni entrambe imprescindibili: una relativa all’an debeatur, l’altra relativa al quantum debeatur.
Anzi, proprio il riferimento espresso ad un «accertamento» e ad una conseguente «determinazione» dei crediti suddetti sembra estendere l’oggetto della consulenza tecnica preventiva ad una valutazione dell’an debeatur («accertare» i crediti) prodromica alla stima del quantum debeatur («determinare» i crediti).
Tuttavia, è stato opportunamente osservato che l’art. 696 bis c.p.c. non fornisce al Consulente Tecnico d’Ufficio gli strumenti necessari per procedere (qualora sia necessario) a tale «accertamento» dell’inadempimento o del fatto illecito.
In presenza infatti di contestazioni sulla sussistenza del presupposto dell’obbligazione, insorge “l’esigenza di accertare circostanze (i fatti costitutivi dell’obbligazione dedotta in giudizio dal ricorrente o delle eccezioni del resistente) che, nell’ambito del procedimento in esame, le parti non hanno l’onere di provare e, soprattutto, il giudice non può accertare (Scibetta – Il novo art. 696-bis c.p.c.: la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite Giur. Merito 2006, 2, 267).
Tale orientamento è stato peraltro ampiamente condiviso da alcune pronunce del Giudice di merito.
È stato infatti ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso proposto per accertamento tecnico preventivo relativo ad una questione di nullità dei contratti conclusi per ritenuta violazione di norme imperative.
Si tratta, secondo la corretta disamina del Giudicante, di una valutazione di eminente carattere giuridico, rispetto alla quale l’apporto tecnico appare pressoché inesistente e, conseguentemente, inutilmente esperibile il relativo accertamento, ulteriormente argomentando in proposito che “In ogni altro caso, l’anteposizione di un accertamento peritale ad una causa di merito non è infatti consentito, salvo che ricorrano i requisiti d’urgenza di cui all’art. 696 c.p.c.” (Trib. Forlì – 4 febbraio 2008).
La saldezza di tale principio, e quindi la necessità di una lettura della norma in esame nel senso di un inquadramento che non risulti dissonante con i principi generali del procedimento civile, traspare altresì dalla ulteriore pronuncia secondo cui: “E’ inammissibile il ricorso a norma dell’art. 696-bis quando la decisione della causa di merito implichi la soluzione di questioni giuridiche complesse o l’accertamento di fatti che esulino dall’ambito delle indagini di natura tecnica” (Trib. Pavia 14 luglio 2008).
Ancora analogo orientamento, ed in termini ancor più incisivi con riguardo alla finalità conciliativa, ha ripetutamente espresso il Tribunale di Milano secondo il quale “La richiesta di consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c. p. c. può trovare accoglimento se finalizzata alla composizione della lite, secondo la rubrica del citato articolo, talché suo presupposto è che la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione, può costituire oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale, secondo le preventivamente dichiarate intenzioni delle parti, appare assai probabile che esse si concilieranno, non residuando – con valutazione da compiersi in concreto ed ex ante – altre questioni controverse. È inammissibile pertanto la richiesta di detta consulenza laddove le parti non controvertano soltanto sulla misura dell’obbligazione risarcitoria, bensì anche sulla effettiva sussistenza della stessa, oltre che sulla individuazione del soggetto a essa eventualmente tenuto (Trib. Milano 17 aprile 2006 e, conforme, Trib. Milano 23 gennaio 2007).
Pregevole, inoltre, la risolutiva valutazione già espressa dal Giudice di merito al riguardo: “Qualora non sussistano ragioni ostative a che l’accertamento tecnico preventivato venga disposto nel corso di un ordinario giudizio civile, il ricorso avanzato ai sensi degli art. 696 e 696 bis c.p.c. non è accoglibile” (Trib. Alba 17 maggio 2006).
Tale principio è stato altresì condiviso dal Tribunale di Brescia che, con ordinanza del 3 marzo 2014, decidendo su questione in materia di usura, ha dichiarato inammissibile il ricorso volto a far disporre “consulenza tecnica d’ufficio contabile ex art. 696 bis c.p.c. … rilevato che, nella specie, il giudizio di merito prospettabile quale instaurando dall’istante attiene ad ipotesi di nullità di singole clausole contrattuali (per inosservanza di discipline non dispositive) in relazione alle tematiche sopra sintetizzate (nullità al cui accertamento l’invocata consulenza preventiva dovrebbe essere in larga misura destinata), sicché rimane escluso che la materia del contendere concerna inadempimenti nella esecuzione delle obbligazioni contrattuali (concetto ben diverso dalla “violazione di norme di legge in ambito contrattuale” di cui parla la giurisprudenza favorevole all’ammissibilità del ricorso in subiecta materia) ovvero risarcimenti da fatto illecito (confr. 1° co, dell’art. 696 bis)”.
In senso del tutto conforme si è ripetutamente espresso il Giudice di merito nel vagliare del tutto analoghi ricorsi aventi come specifico campo d’indagine il tema dell’usura: “Esaminati gli atti, sciogliendo la riserva, si rileva che le eccezioni dei convenuti appaiono fondate, e invero le questioni da sottoporre all’esame del CTU nell’ambito di un complesso rapporto contrattuale non appaiono suscettibili di mero accertamento, si presentano complesse e non suscettibili di conciliazione all’esito di una semplice CTU, specificamente perché demandano al CTU valutazioni giuridiche sugli accordi negoziati di pertinenza esclusivamente del giudice (sulla misura usuraia dei tassi applicati)” (Trib. Spoleto 19 maggio 2015).
Del tutto analoga la fattispecie in cui, costituitasi in giudizio la banca resistente ed avendo eccepito l’inammissibilità del ricorso, non è stata ritenuta ammissibile la nomina di “un consulente tecnico ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., al fine di demandargli la soluzione di questioni giuridiche controverse fra le parti, che richiedono, invece, l’espletamento di una istruttoria da svolgersi con le forme e le garanzie di un procedimento ordinario di cognizione” talché il ricorso veniva rigettato, ritenuto che: “l’istituto di cui all’art 696 cpc, ha la funzione di favorire la conciliazione tra le parti della lite con riguardo ai casi in cui la controversia verta sul quantum e dipenda dalla difficoltà della sua determinazione, mentre nel caso di specie è in contestazione l’an della pretesa restitutoria attorea” (Trib. Vicenza 5 maggio 2015). Consonante la pronuncia del Tribunale di Imperia del 25 agosto 2015: “È inammissibile il ricorso ex art.696-bis c.p.c. avente ad oggetto l’illegittima applicazione di interessi usurari al rapporto di mutuo. Ciò in quanto l’accertamento richiesto non solo deve necessariamente svolgersi con le garanzie procedimentali tipiche del giudizio di cognizione, ma non è neppure astrattamente definibile nelle forme di cui all’art. 696 bis c.p.c., essendo materia estranea alla “mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali” o alla responsabilità civile da fatto illecito. Né peraltro può essere demandato al CTU il compito di accertare la sussistenza dell’illecito (contrattuale o extracontrattuale) dedotto a fondamento del danno lamentato e del conseguente credito risarcitorio (o restitutorio) preteso, posto che tale accertamento è riservato al giudizio di merito.”. E Tribunale di Spoleto 18 maggio 2015: “È inammissibile il ricorso ex articolo 696 bis c.p.c. che demandi al consulente valutazioni giuridiche di esclusiva pertinenza del giudice attinenti ad un complesso rapporto contrattuale e, pertanto, non suscettibili di portare ad una conciliazione sulla base di una semplice CTU.”.
Ancora conforme è ulteriore decisione il cui percorso logico-argomentativo si articola nei seguenti passaggi:
– “ritenuto che dal punto di vista della ratio ed in astratto, il legislatore abbia cercato di restringere l’accesso all’art. 696 bis alle sole controversie dove l’autentico nodo del contendere sia una quaestio facti e non una quaestio iuris, perché la consulenza tecnica è il mezzo istruttorio più adeguato a dirimere siffatte questioni, di cui l’esperto può conoscere”;
– “ritenuto che nell’ambito dell’istituto in questione, il compito del CTU non sia quello tipico del giudice di accertare l’esistenza o la misura e quindi l’an di un diritto soggettivo – in specie, di natura restitutoria a seguito dell’accertamento della nullità – come richiesto dalla ricorrente, ma soltanto quello di valutare economicamente i fatti controversi tra le parti e quindi il quantum (verifica e misurazione di un danno economico)”;
– “rilevato che le stesse indicazioni di ricalcolo, quali si chiede vengano date al CTU, presupporrebbero una valutazione, rimessa al giudice, circa la verifica del rispetto del tasso soglia e circa le modalità di calcolo applicabili dal CTU, rilevanti ai fini della formulazione del quesito”, per giungere all’accoglimento dell’eccezione di inammissibilità formulata da parte resistente, “con revoca dell’incarico inizialmente conferito dal Presidente del Tribunale al CTU nominato”.
In buona sostanza, eventuali valutazioni espresse dal CTU nel corso dell’espletamento dell’incarico inizialmente conferito, “risulterebbero in questa sede indebitamente anticipatorie di un giudizio di merito (ammettendo o meno un dato accertamento e sulla base di specifici criteri di computo), salvo ipotizzare un quesito al tal punto diversificato da comprendere svariate ipotesi interpretative, anche antitetiche, circostanza questa che aumenterebbe la litigiosità delle parti sulla formulazione e proposta del giudicante dei quesiti medesimi, in modo del tutto contrastante con la perseguita finalità deflattiva e conciliativa“. (Trib. Biella 25 giugno 2015) ed ancora il Tribunale di Nocera Inferiore 8 giugno 2016: “(…) è inammissibile il ricorso ex art. 696-bis c.p.c. quando la decisione della causa di merito implichi la soluzione di questioni giuridiche complesse o l’accertamento i fatti che esulino dall’ambito delle indagini di natura tecnica, Tale ricorso infatti, presuppone che la controversia tra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di giudizio di merito, costituirà oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale appare assai probabile che esse si concilieranno, non residuando, con valutazione da compiersi in concreto ex ante, altre questioni controverse.”
Conforme a quanto ora esposto anche il Tribunale di Roma, Dott.ssa Cecilia Bernardo con ordinanza del 07 giugno 2015 che ha rilevato:
“che la consulenza è quindi ammissibile allorché la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che in sede di processo dì cognizione può costituire oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale, secondo le intenzioni dichiarate dalle parti, appare probabile che esse si concilieranno non residuando, con valutazione da compiersi in concreto ex ante, altre questioni controversie.
II ricorso ex articolo 696 bis c.p.c. non è, pertanto, ammissibile laddove le parti, controvertendo sulla effettiva sussistenza dell’obbligazione o sulla individuazione del soggetto ad essa tenuto condizionino la decisione della causa di merito alla soluzione di questioni giuridiche complesse o all’accertamento di fatti estranei all’ambito di indagini di natura tecnica;
che, quindi, nel caso in esame, tenuto conto del tenore delle premesse che dovrebbero giustificare l’assegnazione del quesito al c.t.u. e delle contestazioni in fatto ed in diritto della banca resistente, anche all’esito di un’eventuale consulenza contabile non solo sarebbe inibito al consulente tentare una conciliazione sulla base di dati esclusivamente tecnici ma permarrebbe comunque tra le parti la conflittualità sul metodo di calcolo così vanificando lo scopo della norma (…)”.
“La consulenza tecnica preventiva non può essere disposta quando la decisione della controversia implicherebbe la soluzione di questioni giuridiche complesse o l’accertamento di fatti che esulino dall’ambito delle indagini di natura tecnica, nonché, in assenza di accordo, tra le parti, quando l’espletamento della consulenza determinerebbe di fatto il trasferimento e la compressione in sede sommaria di attività istruttorie complesse tipiche di un giudizio a cognizione piena.
Non è consentito ricorrere all’istituto della consulenza tecnica preventiva laddove il suo oggetto non verta semplicemente su inadempienze alle sottese obbligazioni contrattuali bensì sull’applicazione ed interpretazione di precise pattuizioni, ritenute tuttavia nulle per violazione di legge. Non si tratta, infatti, di azioni risarcitorie bensì di azioni restitutorie ex art 2033 c.c. In tale tipo di controversie, quindi, non potrebbe realizzarsi lo scopo deflattivo perseguito dall’art 696 bis, in quanto, oltre alla questione della quantificazione del danno, demandabile ad un consulente, deve accertarsi in giudizio la questione pregiudiziale della nullità delle clausole contrattuali applicate nel corso del rapporto.”.
E, ancora, sempre il precitato tribunale, con sentenza 14 novembre 2014: “è inammissibile una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite in materia di usura quando la parte resistente contesta in radice l’usurarietà del finanziamento, così come ogni eventuale obbligo restitutorio. Fuori da siffatta stretta interpretazione della proponibilità del rimedio, l’art. 696-bis c.p.c. finirebbe per accreditare risultati di indagini peritali privi di completezza e di adeguato scrutinio di ammissibilità che, nell’ordinario giudizio, segue generalmente alla dimostrazione dell’obbligo restitutorio desunta dalla complessità del rapporto sub iudice.”.
A chiusura, onde confermare il sicuro approdo al quale è pervenuta la giurisprudenza di merito, si segnalano le seguenti risalenti pronunce: Tribunale di Milano, sez. sesta, Dott.ssa Viola Nobili, con la sentenza n. 2479 del 25 febbraio 2016 “La contestazione in tema di usura deve essere specifica e non generica con l’indicazione del tasso soglia al momento del pagamento. La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Di talché, essa non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume (misura degli interessi pagati in eccedenza rispetto al tasso soglia e singoli periodi temporali dei versamenti) ed è, pertanto, legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni od offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.” E Tribunale di Cagliari del 29 aprile 2016 “Il ricorso ad una consulenza tecnica preventiva, quale strumento di composizione della lite, è inammissibile nelle ipotesi in cui l’Istituto di credito neghi in radice la dedotta usurarietà degli interessi applicati in un contratto di mutuo, ovvero quando risulti controverso finanche l’an debeatur; in questi casi, l’instaurazione del giudizio di merito sarebbe necessaria e la c.t.p. ex art. 696 bis c.p.c. verrebbe a perdere la sua finalità precipua.” E, ancora, Tribunale di Vicenza, dott.ssa Elena Sollazzo, 28 gennaio 2016 “In materia di usura, qualora il correntista proponga domanda di accertamento negativo del diritto della banca e chieda la condanna di quest’ultima alla restituzione delle somme indebitamente pagate, oltre che al risarcimento del danno, lo stesso ha l’onere di provare la propria pretesa, esibendo la documentazione contrattuale inerente al rapporto dedotto in giudizio. In sede di ATP, non è possibile ovviare alla carenza della detta documentazione con l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., essendo l’oggetto di tale procedimento limitato all’acquisizione di elementi tecnici di fatto risolutivi ai fini dell’accertamento e della quantificazione dei crediti derivanti dalla inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito, restando esclusa ogni attività di acquisizione, da parte del CTU, di materiale probatorio, in quanto connotata da evidenti finalità esplorative.”
Dr. Antonello Amari
Pr. Avvocato dell’Ordine di Roma
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Antonello Amari
Praticante Avvocato abilitato
Pr. Avvocato abilitato dell'Ordine di Roma;
Amministratore di Condominio;
Mediatore Civile e Commerciale;
Collaboratore delle seguenti riviste: "Giurimetrica", edita da Alma Iura s.r.l.; rivista online "Exparte Creditoris"; rivista online "Il caso.it".
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