Conto corrente cointestato e riconducibilità dell’adempimento al singolo correntista

Conto corrente cointestato e riconducibilità dell’adempimento al singolo correntista

La terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9816, pronunciata in data 20 aprile 2018,  si è occupata della questione relativa alla possibilità di imputare l’adempimento di un’obbligazione ad uno solo dei titolari di un contratto di conto corrente cointestato. Nel caso di specie, un istituto di credito attore aveva convenuto in giudizio due coniugi, esercitando un’azione tesa alla declaratoria della simulazione assoluta in relazione al contratto di compravendita stipulato tra gli stessi. Tale contratto aveva ad oggetto il trasferimento della quota di proprietà di un immobile di cui erano in precedenza comproprietari gli stessi coniugi, a fronte di un corrispettivo per il trasferimento derivante da un conto corrente cointestato ai medesimi. In subordine, l’istituto esercitava l’azione revocatoria ex  art. 2901 c.c., in quanto l’atto di disposizione patrimoniale del coniuge alienante arrecava pregiudizio alle sue ragioni creditorie. Sottesa all’azione esperita, v’era la consapevolezza che l’atto di disposizione patrimoniale compiuto andava a diminuire la garanzia per il credito vantato dall’istituto nei confronti del coniuge, alla luce altresì del fatto che il ricavato della stessa fosse stato utilizzato per l’adempimento di una diversa obbligazione ugualmente gravante sul coniuge alienante.

La questione è stata sottoposta all’esame del Supremo Consesso di legittimità in seguito alla pronuncia di rigetto delle domande in primo grado, e l’accoglimento della domanda di revocatoria della compravendita in grado d’appello. Viene rilevato, in particolare, che dal combinato disposto degli artt. 1854 e 1298 c.c., è ricavabile la regola della solidarietà tra i contitolari del medesimo rapporto di conto corrente, contitolarità che, secondo la tesi del ricorrente, consentirebbe l’imputazione del pagamento effettuato ad un singolo correntista e, pertanto, l’efficacia e l’opponibilità del contratto di compravendita concluso tra i coniugi.

La Suprema Corte, nel caso esaminato, ha accolto il ricorso disponendo il rinvio della causa al giudice del grado precedente ed annullando la pronuncia revocatoria, reputando sussistente l’ipotesi di cui all’art. 2901 comma 3 c.c., ovvero di adempimento da parte del debitore, con il ricavato della compravendita della quota dell’immobile in comproprietà, di un debito scaduto; nonché ritenendo che l’adempimento dell’obbligazione reciproca tramite poste presenti su conto corrente cointestato fosse pienamente efficace ed opponibile al creditore, in omaggio all’art. 1298 c.c., ai sensi del quale l’obbligazione solidale si divide nei rapporti interni tra i diversi debitori: da questa disposizione, infatti, risulterebbe indirettamente che i medesimi rapporti interni possano contemplare delle posizioni reciproche di credito debito per l’adempimento delle quali può essere utilizzato lo stesso conto corrente.

Come si evince dall’esame dell’arresto giurisprudenziale, la Suprema Corte esclude l’esperibilità dell’azione revocatoria dell’atto dispositivo del patrimonio consistente nell’adempimento di un’obbligazione preesistente all’insorgenza del credito del revocante, per la quale, peraltro, era stato in precedenza trascritto pignoramento immobiliare. L’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., è infatti tesa a salvaguardare la garanzia patrimoniale del creditore dal compimento di atti dispositivi del debitore posti in essere con la sola finalità di provocare una deminutio patrimonii  pregiudizievole della possibilità di estinzione in modo satisfattivo del rapporto obbligatorio e lesiva dell’interesse patrimoniale del creditore. In tale ipotesi, la dichiarazione di inefficacia che l’art. 2901 comma 1 c.c. prevede come conseguenza della verifica della sussistenza dei presupposti dell’azione è relativa e parziale: relativa, in quanto l’atto dispositivo non è in grado di produrre effetti pregiudizievoli esclusivamente nei confronti del revocante, mentre è pienamente efficace nei confronti dei terzi; parziale, perché la revocatoria è limitata al quantum corrispondente alla garanzia patrimoniale del credito.

I presupposti dell’azione sono: l’esistenza di un diritto di credito verso il debitore; l’esistenza di un atto dispositivo posto in essere dal debitore; un pregiudizio cagionato da tale atto alla garanzia patrimoniale del credito (cosiddetto eventus damni); un atteggiamento soggettivo del debitore consistente nella consapevolezza, nella volontà o nella dolosa preordinazione dell’atto ad arrecare un pregiudizio alle ragioni creditorie (cosiddetta scientia damni o consilium fraudis); atteggiamento che deve ricorrere anche in capo al terzo nel caso di atti a titolo oneroso.

In particolare, il richiamo al presupposto soggettivo dell’azione consente di comprendere le ragioni della previsione di cui al comma 3 dell’art. 2901, che non consente l’esperibilità della revocatoria verso l’adempimento di un debito scaduto: esso, infatti, è da considerare atto dovuto e slegato quindi, sia dalla consapevolezza sia dalla volontà di compierlo arrecando indirettamente un pregiudizio ad un diverso debitore. Nel caso di specie, allora, l’avvenuto pignoramento operato dall’istituto di credito evidenzia, secondo la Corte, l’avvenuta scadenza del debito, con la conseguenza che l’adempimento dello stesso da parte del coniuge che lo aveva contratto rientra a pieno titolo nell’ipotesi nella quale il legislatore non consente di esperire l’actio pauliana.

Neppure, secondo ciò che è sostenuto dalla Suprema Corte, è possibile attribuire rilievo al fatto che l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo nella compravendita immobiliare e quello successivo dell’alienante dell’immobile nei confronti dell’istituto di credito, siano stati effettuati con somme derivanti da un conto corrente cointestato ai coniugi: infatti, secondo la Corte, l’art. 1298 comma 1 c.c. consentirebbe di desumere la possibilità che i contitolari del conto corrente possano utilizzare poste dello stesso al fine di regolare reciproci rapporti di credito debito.

Pertanto, si attribuisce alla separazione dell’obbligazione nei rapporti interni la possibilità di scindere il destino del rapporto rispetto a quanto avviene all’esterno dello stesso: nel fare ciò, si dà accoglienza a quella tesi che considera l’obbligazione solidale comunque parziaria dal punto di vista interno, come risulterebbe dalla disciplina dell’azione di regresso, esperibile da parte del debitore solidale che abbia adempiuto l’intero debito.

Infatti, secondo l’art. 1299 c.c., il condebitore adempiente ha diritto di ripetere dagli altri la parte di ciascuno, con un’obbligazione che fino all’adempimento è solidale in risposta ad un’esigenza di favor creditoris, ma successivamente ritorna ad essere parziaria allorchè non venga in esame la necessità di soddisfare l’interesse del creditore, ma di disciplinare i rapporti tra i singoli debitori. Ebbene, questo rilievo testimonierebbe la sostanziale necessaria parziarietà dei rapporti interni e l’individuabilità costante delle singole quote dei contitolari del rapporto obbligatorio, ciò che consentirebbe altresì, nella lettura fornita dalla sentenza in esame, di utilizzare il conto corrente cointestato al fine di regolare i reciproci rapporti di credito debito.


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