Contratti di locazione: si può invocare l’impossibilità sopravvenuta o l’eccessiva onerosità sopravvenuta a causa dell’emergenza Coronavirus?

Contratti di locazione: si può invocare l’impossibilità sopravvenuta o l’eccessiva onerosità sopravvenuta a causa dell’emergenza Coronavirus?

L’emergenza Coronavirus ha inciso notevolmente in molti aspetti della vita di tutti i giorni, come anche sui rapporti commerciali tra privati, in particolare con il  DPCM dell’8 marzo 2020, che ha previsto che molte attività commerciali chiudessero per un tempo abbastanza lungo, comportando la mancanza di entrate per gli esercenti.

Una delle domande più frequenti diventa dunque quella relativa alla possibilità di ottenere una riduzione o addirittura una sospensione dei canoni di locazione di immobili ad uso non abitativo (ma anche abitativo), soprattutto quando questi non possano essere utilizzati a causa dell’obbligo di chiusura delle attività commerciali.

È possibile in tale situazione invocare gli istituti dell’impossibilità sopravvenuta o dell’eccessiva onerosità sopravvenuta? Tali istituti giuridici prevedono una sospensione dell’erogazione del canone di locazione alla presenza di determinati requisiti, ma è davvero possibile applicarli al caso di specie?

Vediamo prima di tutto come agiscono e perchè.

L’articolo 1256 c.c. prevede che L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.

Il codice civile prevede anche un caso di impossibilità parziale all’art. 1258 c.c., dove il debitore viene liberato con l’esecuzione della prestazione per la parte rimasta possibile.

Perché si configuri un’impossibilità di svolgere la prestazione, è necessario che si presentino determinate caratteristiche, e cioè che vi sia una impossibilità di tipo oggettivo estranea al debitore, che sia sopravvenuta, quindi non prevedibile utilizzando la normale diligenza e che sia inevitabile, cioè che non si possa superare con ragionevoli sforzi.

Nei contratti a prestazioni corrispettive l’applicazione di tali principi è regolata dagli artt. 1463 e seguenti del c.c.

L’articolo 1463 c.c. prevede che, in caso di impossibilità totale, il debitore impossibilitato non possa chiedere la controprestazione e debba dunque restituire quanto ricevuto in esecuzione del contratto, risolvendolo, e la parte che si vede opporre il rifiuto di adempiere per impossibilità totale, dovrà agire per la ripetizione di quanto versato alla controparte, secondo le norme sulla ripetizione dell’indebito.

Per quanto riguarda l’impossibilità parziale di una prestazione, secondo l’art. 1464 c.c. la parte non impossibilitata è legittimata ad ottenere una riduzione anche della propria prestazione, sebbene integralmente possibile.

Per quanto riguarda l’eccessiva onerosità sopravvenuta, l’art. 1467 c.c. prevede che: “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.”

L’evento che comporta l’eccessiva onerosità deve essere dunque straordinario e imprevedibile, comportando una alterazione del sinallagma contrattuale.

Chiariti gli aspetti giuridici degli istutiti in questione, possiamo pacificamente affermare che le situazioni verificatesi a seguito delle disposizioni governative adottate non costituiscono circostanze idonee per l’applicazione di tali istituti.

Per  i contratti pubblici il decreto Cura Italia, all’art. 91, stabilisce che  “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore”, mentre per i rapporti privati la situazione si presenta differente.

L’impossibilità economica di una delle due parti non comporta una impossibilità oggettiva non superabile o non removibile, come stabilito dalla stessa Corte di Cassazione con una sua pronuncia del 2013 tale da invocare l’impossibilità sopravvenuta; nel caso dei canoni di locazione, quando l’impossibilità del pagamento deriva dalla difficoltà economica di un singolo debitore e questa  non consista in un impedimento obiettivo ed assoluto impossibile da rimuovere, gli viene attribuito carattere soggettivo e non oggettivo, non configurando dunque l’impossibilità sopravvenuta. (Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, Sentenza 15 novembre 2013, n. 25777)

In merito all’eccessiva onerosità bisogna constatare che nella situazione considerata non si presenta alcuna alterazione del sinallagma contrattuale nel momento in cui una delle parti si trova nella condizione di non poter pagare il canone per una mera difficoltà economica, la quale non è idonea a far configurare l’applicazione dell’istituto dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.

Alla luce di quanto detto, il conduttore di un immobile ad uso commerciale o abitativo non è legittimato a invocare i due istituti summenzionati, né tantomeno a sospendere il pagamento del canone o a erogarlo in maniera ridotta senza incorrere in azioni a tutela del credito da parte del locatore, poiché non si è presentata alcuna situazione atta a configurarne gli effetti, ed è dunque tenuto all’esatto adempimento contrattuale ex art. 1218 c.c., incorrendo nella richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla controparte qualora risulti inadempiente come previsto dall’art. 1223 c.c.

Infatti i divieti relativi all’esercizio delle attività produttive e commerciali imposti dai provvedimenti governativi non incidono sulla prestazione principale del locatore: quella di rendere fruibile l’immobile al conduttore, il quale continua a godere dei locali in cui esercita l’attività commerciale nonostante l’attività sia chiusa o presso i quali vive qualora si trattasse di un immobile ad uso abitativo.

L’unica possibilità per vedersi esonerati dal pagamento del canone locatizio sarebbe giungere ad un accordo con il locatore relativamente alla riduzione o alla sospensione momentanea dello stesso.


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Simona Anna Cordaro

Dott.ssa Simona Anna CordaroHa conseguito la laurea in giurisprudenza nel 2017 presso l'Università degli studi di Palermo. Ha svolto la pratica forense a Milano occupandosi di diritto civile, in special modo di diritto di famiglia, recupero crediti, responsabilità civile e RC auto. Ha frequentato il corso di preparazione all'esame di abilitazione per l'esercizio della professione forense presso la scuola Formazione Giuridica dell'avv. Marco Zincani nella sede di Milano. Attualmente collabora con studi legali a Milano.

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