Contratto bancario usurario: usura sopravvenuta e tutele (l’obbligo di negoziazione)
Sommario: 1. Introduzione – 2. L’usura sopravvenuta – 3. La clausola di negoziazione
1. Introduzione
L’usura è quel fenomeno disciplinato dagli articoli 644 c.p. e 1815 c.c., consistente nell’applicare interessi superiori al c.d. tasso soglia – indicato con decreto del MEF pubblicato trimestralmente in Gazzetta Ufficiale – oltre il quale il contratto si considera usurario.
Ad oggi il settore nel quale si manifesta con maggiore ricorrenza tale fenomeno è certamente quello bancario. Campo quest’ultimo caratterizzato da una massiccia ed articolata presenza di normative che lo rendono uno dei più complessi in assoluto.
Seppur corpose, le normative bancarie sono state molto spesso incostanti e non proprio prive di lacune, anche a causa di imprecisioni e sufficienze legislative.
Proprio per i motivi appena sopra indicati, le manovre legislative volte a contrastare il fenomeno usurario sono state colme di vuoti e imprecisioni, tali da non indicare alcuni casi in cui poteva verificarsi una condotta usuraria da parte degli istituti bancari.
Tratteremo infatti della c.d. usura sopravvenuta e di un rimedio alternativo alle sanzioni previste dagli artt. 1339, 1448, 1815, 1418, 1419 e 2033 c.c.; ossia il c.d. obbligo di negoziazione
2. L’usura sopravvenuta
A seguito dell’emanazione della celebre legge antiusura, la L. 108/1996, cominciarono a manifestarsi numerosi problemi circa la sorte dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge sopra menzionata.
Nello specifico ci si riferisce a quei contratti, specialmente quelli di mutuo, che prevedevano al tempo della loro conclusione un tasso di interesse rientrante nel tasso soglio e divenuto successivamente usurario a causa della nuova previsione normativa.
In un primo momento la Suprema Corte[1] aveva affermato l’applicabilità della legge antiusura ai contratti conclusi anteriormente al 1996, dotando la novella di efficacia retroattiva[2].
Chiariva inoltre che la clausola prevedente interessi ormai divenuti usurari dovesse essere colpita da nullità, applicando un’automatica sostituzione del tasso di interesse usurario con uno rientrante nei limiti del tasso soglia.
Tale impostazione non risultò pienamente condivisa né dalla dottrina né dalla giurisprudenza di merito, asserendo che non può dotarsi di efficacia la normativa, a prescindere dalla natura duratura o meno del negozio[3].
Anche l’A.B.I. (Associazione Bancaria Italiana) ha fornito una sua soluzione al problema, pensando che fosse necessaria una differenziazione tra contratti a tasso d’interesse fisso o variabile.
Per il primo non risulta alcuna problematica, si rispetterà la normativa vigente al tempo della conclusione del negozio.
Discorso diverso per il tasso variabile, il quale sarà considerato idoneo ad essere riformulato in coerenza con le disposizioni post 1996.
La situazione non poteva di certo considerarsi pacifica, il che ha indotto il legislatore a dare una soluzione alle problematiche fino ad ora esposte.
La legge di interpretazione autentica, alla L. 108/1996, n. 24/2001 da sorte certa ai contratti colpiti da usura sopravvenuta, il cui articolo 1, al comma 1 prevede che: «[…]si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Viene quindi stabilita l’irretroattività della legge antiusura ai contratti conclusi anteriormente al 1996, purché non ancora esauriti; salvaguardando così la validità dei contratti de quo.
Contestualmente il legislatore ha escluso che si potesse, in tali circostanze, fare riferimento alla sanzione prevista dall’articolo 1815 c.c., il quale può entrare in gioco solo quando sussista un’invalidità ab origine[4]. Non potrà quindi essere dichiarato nullo il contratto ai sensi degli artt. 1418 e 1419 c.c.; sarebbe infatti più idoneo fare riferimento alla disposizione insita all’articolo 1339 c.c., che prevede la sostituzione automatica di clausole.
In merito a quest’ultima asserzione il legislatore, all’atto dell’emanazione della legge di interpretazione autentica, non aveva ben specificato – in vista dell’articolo 1339 c.c. – quale fosse il tasso di interesse da applicare, tasso legale o soglia?
Sul punto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 602/2013[5], ha enunciato il principio secondo il quale: l’inserimento di interessi ultralegali e rientranti nei limiti del tasso soglia al tempo della conclusione del contratto non sono idonei a invalidarlo integralmente, se non nei casi di invalidità ab origine.
La Suprema Corte ha, quindi, valutato l’intenzione del legislatore nell’emanare la L. 24/2001, coordinandolo con la comune intenzione delle parti al momento della conclusione del contratto. Vista la volontà delle parti di stabilire un tasso di interesse ultralegale, quasi a sfiorare quello soglia, pone la Cassazione ad affermare che sia più idoneo non sostituire gli interessi usurari con quelli legali, bensì con un tasso al limite con quello soglia.
La pronuncia sopra menzionata ha ricevuto notevole apprezzamento sia in dottrina che tra i giudici di merito; esempio lampante è una recente sentenza della SC, la n. 24675 del 2017.
3. La clausola di negoziazione
L’ordinamento giuridico ha sempre concepito il fenomeno dell’usura, tanto sul piano civilistico che penalistico, come deplorevole e come tale andava fronteggiata anche concedendo ai clienti vittime di usura un’adeguata tutela.
A tal proposito possono menzionarsi brevemente le sanzioni/tutele previste all’interno del codice civile, ossia gli articoli 1339, 1448, 1815, 1418, 1419 e 2033 c.c.
Così come indicato nel titolo dell’corrente paragrafo, tratteremo di una forma di tutela – extra codicem – posta dall’ordinamento giuridico, ossia il c.d. obbligo di negoziazione o clausola di rinegoziazione.
La sanzione, particolarmente rigida, della declaratoria totale di nullità a causa di usura ab origine del contratto bancario può, comunque, avere delle ripercussioni sfavorevoli nei confronti del cliente, il quale si vedrebbe agevolato se gli effetti del negozio continuassero a prodursi.
La soluzione volta a riequilibrare il contratto divenuto usurario – a causa delle nuove determinazioni del TEGM – prende il nome di rinegoziazione[6].
I contratti ai quali può essere concessa tale tutela sono sicuramente quelli che hanno ad oggetto una prestazione continuata; vengono quindi esclusi quelli che si esauriscono in un’unica operazione, il cui equilibrio si presume sussistere già al momento della conclusione del negozio.
L’usurarietà del negozio altera gli interessi e i vantaggi derivanti dallo stesso che hanno spinto le parti (principalmente il cliente) a concludere, il che può provocare un’inadempienza da parte del cliente pur potendo essere il contratto ancora vantaggioso, seppur in misura minore[7].
Il riequilibrio dell’assetto contrattuale è, dunque, affidato alla clausola di negoziazione, la quale può essere: ex lege o convenzionale.
In merito alla prima tipologia, tale clausola trova comunque fondamento da similari previsioni normative contenute nel codice civile, si può infatti rammentare: l’art. 1668 c.c. in materia di appalto.
La seconda, invece, trova ragion d’essere tutte le volte che le parti contraenti vogliono evitare i possibili rischi provenienti da elementi esterni al contratto che possono incidere su una corretta applicazione del principio di autonomia contrattuale.
Sono stati mossi numerosi dubbi circa l’applicabilità della clausola di negoziazione, in quanto era difficile elaborare un connotato comprensivo della clausola capace di ricomprendere tutte le sopravvenienze possibili.
A dar maggior certezza alla clausola di negoziazione in casi di usura, e quindi all’obbligo di rinegoziazione, è intervenuto il Decreto Bersani bis (D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito in legge 2 aprile 2007, n. 40), il quale ha dato vita all’istituto della surrogazione gratuita.
Nel caso in cui il tasso pattuito nel contratto superi il tasso soglia, l’obbligo di rinegoziazione da la possibilità di riequilibrare l’assetto contrattuale modificando gli elementi negativi dello stesso, senza che questo comporti una stipula ex novo.
È ormai consolidato in tale ambito che il sopraggiungere di eventi giuridico-economici all’interno di un contratto bancario comporta una negoziazione “continuata”[8], volta a porre in essere un nuovo accordo che permetta di mantenere ancora esistente l’assetto degli interessi delle parti.
Nel caso in cui non sopraggiunga un nuovo accordo, il cliente può liberamente pattuire con un altro istituto bancario un nuovo contratto – ad. es. di mutuo – contenete tassi di interesse più rispettosi degli indici TEGM[9].
La novità contenuta nel Decreto Bersani bis è contenuta agli articoli 7 e 8 dello stesso, le cui disposizioni esaltano la caratteristica tipica del contratto di mutuo, ossia la sua portabilità, il che consente al cliente di poter trasferire il contratto di mutuo ad un altro istituto bancario -diverso dall’originale – senza che vengano addebitati oneri, penali e spese di qualsivoglia natura.
[1] Cass. Civ, 28 gennaio 1998, n. 831, in Foro.it, 1997, I, 770 ss.
[2] Cfr. A.A. Dolmetta, Le prime sentenze della Cassazione civile in materia di usura ex lege n. 108/1996, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, II, 627 ss.
[3] Esempio è il contratto di mutuo, il quale manifesta i suoi effetti in momenti periodici e non in un’unica soluzione.
[4] Cfr. F. Di Marzio, Il trattamento dell’usura sopravvenuta tra validità, illiceità e inefficacia della clausola interessi, in Giust. civ., 2000, XII, 3106 ss.
[5] Cass. Civ., 11 gennaio 2013, n. 602, in Danno e responsabilità, 2014, 193 ss.
[6] P. Dagna, Profili civilistici dell’usura, Cedam, 2008, 124 ss.
[7] G. Clerico, Minaccia di inadempienza contrattuale, rinegoziazione e forme di risarcimento, in Rivista critica dir. priv., 2004, 279 ss.
[8] B. Inzitarri, Il mutuo con riguardo al tasso “soglia” della disciplina antiusura, allo jus variandi e al divieto dell’anatocismo, in aa. vv., Mutui ipotecari. Riflessioni giuridiche e tecniche contrattuali, Milano, 1998, 117 ss.
[9] Cfr. M. Porzio, Testo unico bancario. Commentario, Giuffrè Editore, 2010, 83 ss.
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Riccardo Megna
Nato a Palermo il 27 dicembre 1992.
Abilitato all'esercizio della professione di avvocato il 25 settembre 2020 ed iscritto all'Albo degli Avvocati del Foro di Palermo dal 28/01/2021.
Diplomato presso il liceo scientifico Galileo Galilei di Palermo.
Laureato il 15 marzo 2018 presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, discutendo una tesi in diritto civile e penale dal titolo: "La disciplina dei contratti bancari: problematiche circa anatocismo
e usura - aspetti civilistici e penalistici".
Rappresentate legale dell'associazione Info Iuris ed ex membro dell'organo decisionale studenti-docenti presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Palermo.
Membro, nell'anno 2015, del corso giuridico presso la Facultad de derecho de la Universidad de Malaga: “Derecho Mercantil Aplicado a la Empresa”.
Conoscenze linguistiche: inglese e spagnolo.
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