Coronavirus e divieto di circolazione: le conseguenze penali in caso di inosservanza del provvedimento

Coronavirus e divieto di circolazione: le conseguenze penali in caso di inosservanza del provvedimento

L’attuale stato di emergenza epidemiologica determinato dalla diffusione del Covid-19 ha reso necessaria l’adozione, da parte del Governo, di una serie di misure d’urgenza finalizzate al contenimento del rischio di contagio e delle gravi conseguenze dallo stesso derivanti a danno della salute e dell’incolumità pubblica. Si tratta di disposizioni di natura temporanea ed eccezionale la cui efficacia ha una durata limitata.

Rientra tra queste il divieto di circolazione stabilito dal D.P.C.M. 8 marzo 2020, il cui ambito di applicazione territoriale riguarda ora – per effetto dell’estensione operata dall’art. 1, comma 1 del successivo D.P.C.M. 9 marzo 2020 – l’intero territorio nazionale.

In particolare, l’art. 1, lett. a) del citato provvedimento ha disposto il divieto di spostamento per le persone fisiche fuori del comune di residenza ed all’interno dello stesso, se non per comprovate esigenze di lavoro, di salute o per stretta necessità, fermo restando che è consentito rientrare nel luogo in cui si ha il domicilio, l’abitazione o la residenza.

Il soggetto che, durante uno spostamento, venga sottoposto a controllo da parte di un agente di pubblica sicurezza è tenuto ad indicare le ragioni del proprio movimento, mediante un’autodichiarazione contenente, altresì, la dichiarazione di non essere risultato positivo al Covid-19 e di non essere comunque sottoposto alla misura della quarantena.

Sul punto, va subito rilevato che la falsa dichiarazione a pubblico ufficiale sulla propria identità personale è penalmente punibile, in quanto integra il reato di cui all’art. 495 c.p.

Quanto agli aspetti sanzionatori del divieto di circolazione di cui all’art. 1 del D.P.C.M. 8 marzo 2020, occorre evidenziare che la sua inosservanza costituisce comportamento penalmente rilevante. Invero, la condotta di chi si sposti dalla propria abitazione in assenza di giustificate esigenze di lavoro, di salute, di stretta necessità o di rientro presso la propria abitazione integra il reato previsto dall’art. 650 del codice penale, rubricato “Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”. Tale norma è espressamente richiamata dall’art. 4, comma 2 del D.P.C.M. 8 marzo 2020 e dall’art. 3, comma 4 del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6.

L’autore del reato ex art. 650 c.p. è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.

Il citato art. 650 c.p., collocato in apertura del Libro III del codice penale, prevede una contravvenzione, termine con cui si indicano i reati connotati da minor disvalore sociale e, pertanto, puniti con pene meno gravi di quelle previste per i delitti.

Come si evince dalla clausola di riserva contenuta nello stesso art. 650 c.p. (“se il fatto non costituisce un più grave reato”), esso delinea una norma a carattere sussidiario e residuale, la quale trova applicazione solo ove il fatto non sia previsto come più grave reato da una specifica disposizione (il rinvio è agli artt. 337, 338, 388, 389 e 450, 2° co., c.p.) ovvero, stando al principio di specialità ex art. 15 c.p., l’inosservanza del provvedimento non sia altrimenti sanzionata da una specifica norma processuale o amministrativa.

Si tratta, inoltre, di una norma penale in bianco, in quanto prevede la sola sanzione e demanda la determinazione del precetto, in via integrativa, ad una norma di rango inferiore (nell’ipotesi in esame, al D.P.C.M.).

L’interesse giuridico che l’art. 650 c.p. mira a tutelare va individuato nella polizia di sicurezza, in quanto strettamente correlata all’ordine pubblico inteso in senso generico.

Il reato de quo è punito a titolo di colpa. Non è necessario che la condotta sia sorretta da dolo, pertanto, l’autore sarà ritenuto penalmente responsabile anche se non ha agito intenzionalmente.

Il soggetto al quale venga contestata da parte di un agente di pubblica sicurezza l’inosservanza del divieto stabilito dal D.P.C.M. 8 marzo 2020 per avere effettuato uno spostamento in assenza di comprovate esigenze di lavoro, di salute, di stretta necessità o di rientro presso la propria abitazione è invitato a nominare un difensore di fiducia (in mancanza, gliene verrà assegnato uno d’ufficio) e ad eleggere domicilio per la notifica degli atti del procedimento penale cui lo stesso agente – in funzione di Polizia giudiziaria – dà avvio mediante comunicazione della notizia di reato ex art. 650 c.p. all’ufficio della Procura della Repubblica territorialmente competente.

A seguito di giudizio penale, l’autore del reato potrà essere condannato alla pena, alternativamente, dell’arresto o dell’ammenda, in misura determinata dal Giudice nei limiti edittali, con conseguente iscrizione della condanna sul certificato del casellario giudiziale.

Tuttavia, potrebbe non arrivarsi ad una sentenza di condanna definitiva, in quanto, trattandosi di reato per il quale è applicabile la sola pena pecuniaria, anche in sostituzione di quella detentiva, è possibile che il Pubblico Ministero chieda al G.I.P. l’emissione di un decreto penale di condanna che, in caso di accoglimento di tale richiesta, sarà emesso in assenza di contraddittorio tra le parti.

A tal proposito, è opportuno accennare, seppur brevemente, ad un istituto previsto dal codice penale con particolare riferimento alle contravvenzioni punite con pene alternative. Il riferimento è all’oblazione prevista dall’art. 162-bis c.p., c.d. oblazione facoltativa, per distinguerla da quella obbligatoria prevista dall’art. 162 c.p. Si tratta una causa di estinzione del reato che, in quanto tale ed intervenendo prima della sentenza definitiva di condanna, estingue la possibilità di applicare la pena prevista per il reato, escludendo altresì la produzione di ogni ulteriore effetto penale.

Ai sensi dell’art. 162-bis c.p., il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento ovvero prima del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la violazione commessa, oltre le spese del procedimento.

Ne consegue che il soggetto a cui venga notificato decreto penale di condanna per il reato di cui all’art. 650 c.p. potrà, entro 15 giorni dalla notifica, proporre (personalmente o a mezzo di difensore) opposizione a decreto penale di condanna, con contestuale domanda di ammissione all’oblazione.

L’ammissione all’oblazione ex art. 162-bis c.p. è rimessa ad una valutazione discrezionale del Giudice, che dovrà tenere conto della sussistenza dei presupposti applicativi previsti dalla legge, avuto riguardo anche alla gravità del fatto secondo i criteri ex art. 133 c.p.

In caso di accoglimento della domanda di oblazione, il giudice determinerà con ordinanza la somma da versare e fisserà al richiedente un termine per il deposito. Il versamento della somma nel termine stabilito dal Giudice  comporta l’automatica estinzione del reato, che il Giudice dovrà dichiarare con sentenza di non doversi procedere.

Con l’estinzione del reato si estingue ogni effetto di natura penale ad esso collegato. Essa impedisce l’emissione di una condanna definitiva a carico dell’autore del reato, dunque, l’applicazione della pena e l’annotazione del provvedimento sul certificato del casellario giudiziale.


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Marta Calì

Ha conseguito la laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza ed il diploma di specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali. E' abilitata all'esercizio della professione forense.

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