Coronavirus: cosa cambia per i tirocini formativi e di orientamento (stage)?
Con la sospensione dell’attività aziendale per via dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, si è posta anche la questione relativa alla sorte dei rapporti di tirocinio in corso e alla possibilità di attivarne di nuovi.
L’istituto del tirocinio rappresenta uno degli strumenti più utilizzati nel nostro Paese per l’avvio al lavoro che, è bene chiarire sin dall’inizio, non si configura in alcun modo come un rapporto di lavoro subordinato, sebbene leghi il tirocinante al datore di lavoro e alle direttive del suo tutor.
Secondo i dati ISTAT, a livello nazionale il numero dei tirocini è passato dai 227 mila nel 2014 ai 349 mila nel 2018, con una crescita del 53,9%; complessivamente nel quinquennio 2014-2018 i tirocini sono stati 1 milione e 615 mila. Questa crescita esponenziale è dovuta alla versatilità di tale istituto e, soprattutto, alla sua economicità per i soggetti ospitanti.
Il tirocinio formativo e di orientamento è stato introdotto dall’art. 18 L. 196/1997 in sostituzione delle precedenti tipologie di stage variamente denominate e la relativa disciplina è demandata alla competenza legislativa di ciascuna Regione, nell’osservanza delle Linee guida 2017, approvate in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Si tratta di uno strumento normativo che nasce principalmente per facilitare l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro dei soggetti appartenenti alle seguenti categorie:
disoccupati, compresi coloro che hanno completato i percorsi di istruzione secondaria superiore e terziaria;
lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro;
lavoratori a rischio di disoccupazione;
soggetti già occupati ma in cerca di altra occupazione;
soggetti disabili e svantaggiati.
I tirocini si dividono in curriculari, quelli inclusi in un processo di apprendimento formale svolto all’interno di piani di studio delle Università e degli istituti scolastici (alternanza scuola/lavoro), ed extra-curriculari, quelli finalizzati ad agevolare le scelte professionali dei giovani nella fase di transizione dalla scuola al lavoro mediante una formazione in un ambiente produttivo ed una conoscenza diretta del mondo del lavoro.
Nel tirocinio vengono coinvolti tre soggetti, il tirocinante, quale beneficiario dell’esperienza formativa, il soggetto promotore, che procede all’attivazione dello stage ed il soggetto ospitante, che può essere tutti i tipi di aziende e tutti gli enti pubblici.
Il rapporto di tirocinio si realizza sulla base di un’apposita convenzione tra l’azienda che ospiterà il tirocinante e l’ente promotore, da individuarsi fra quelli autorizzati dalla normativa (centri per l’impiego, Università, istituzioni scolastiche e non, cooperative sociali, ecc.). Alla convenzione deve essere allegato il progetto formativo e di orientamento che indica il tipo di tirocinio attivato e gli altri elementi caratterizzanti (area professionale di riferimento dell’attività di tirocinio, sede, durata e periodo di svolgimento, specifiche del progetto formativo).
A tal proposito, il soggetto ospitante deve designare un tutor con funzioni di affiancamento al tirocinante sul luogo di lavoro e assicurare la realizzazione del percorso di tirocinio secondo quanto previsto dal progetto formativo; anche il soggetto promotore deve nominare un tutor (cd. tutor referente o didattico) che collabora alla stesura del progetto formativo e monitora l’andamento del tirocinio fino alla redazione dell’attestazione finale.
Le competenze e i risultati raggiunti dal tirocinante sono registrati sul libretto formativo che dovrà attestare le competenze professionali conseguite secondo gli standard del repertorio delle professioni, tenendo presente che il tirocinante dovrà aver partecipato ad almeno il 70% della durata del progetto formativo.
Per poter ospitare un tirocinante, il soggetto ospitante deve essere in regola con la normativa sulla sicurezza del lavoro e sul collocamento obbligatorio dei disabili, non deve aver effettuato licenziamenti nei 12 mesi precedenti l’attivazione del tirocinio (eccetto le ipotesi di giusta causa e giustificato motivo soggettivo e fatti salvi specifici accordi sindacali), né avere in corso procedure concorsuali (fallimento o concordato preventivo) e di trattamenti straordinari di integrazione guadagni (CIGS) per attività equivalenti a quelle di tirocinio, nella stessa unità operativa in cui si svolgerà quest’ultimo.
Il limite quantitativo dei rapporti di tirocinio che possono svolgersi contemporaneamente in una stessa azienda varia in funzione del numero dei dipendenti (assunti a tempo indeterminato e a termine) in organico. Nello specifico, può essere attivato un solo tirocinio, nelle unità fino a 5 dipendenti; 2 tirocini, nelle unità compreso da 6 a 20 dipendenti; il 10% di tirocini, nelle aziende con più di 20 dipendenti. In ogni caso, non si può attivare più di un rapporto di tirocinio con lo stesso tirocinante.
A partire dal 2014, il nostro Paese, ha aderito al programma Garanzia Giovani promosso dall’Unione Europea, in base al quale i giovani under 30, che non sono impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo, possono parteciparvi previa iscrizione sul relativo portale. Tale programma prevede una serie di misure a livello nazionale e regionale per offrire opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, tra cui quella di partecipare a stage di formazione presso aziende, anche ai fini assuntivi. A loro volta, le aziende che assumono giovani iscritti al programma, hanno la possibilità di fruire di diversi bonus contributivi.
La durata dei tirocini varia in base alla normativa regionale e alla tipologia dei soggetti coinvolti; non può comunque essere inferiore a 2 mesi (ridotti ad uno nel caso di attività stagionali) e superiore a 12 mesi, eccetto per quelli attivati con soggetti disabili che possono arrivare fino a 24 mesi. Il rapporto può essere sospeso in caso di infortunio, maternità o malattia lunga (pari o superiore a 30 giorni) del tirocinante, o interrotto in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei soggetti coinvolti e in caso di impossibilità a conseguire gli obiettivi formativi del progetto. Per i tirocini attivati con Garanzia Giovani, invece, come spesso accade, la durata è commisurata alle risorse finanziarie messe a disposizione dalle rispettive Regioni di appartenenza.
Pur non costituendo un rapporto lavorativo, i tirocini disciplinati nelle Linee-guida sono soggetti all’obbligo di comunicazione obbligatoria da parte del soggetto ospitante.
Al fine di evitare un uso distorto del tirocinio è previsto il riconoscimento di una indennità minima per le attività svolte dal tirocinante, non inferiore a 300 euro lordi mensili che le Regioni possono elevare nella messa a punto delle norme regionali. Al tirocinante è garantita la copertura assicurativa contro gli infortuni (INAIL) e per responsabilità per danni verso terzi. Gli oneri delle garanzie assicurative possono anche essere a carico delle Regioni e Province autonome. Per i tirocini “Garanzia Giovani” il compenso è erogato parte dal soggetto ospitante e parte dalla regione di appartenenza, in base a quanto stipulato e alla rendicontazione, di solito, bimestrale.
Sono, infine, previste sanzioni per la violazione delle regole statali e regionali sullo svolgimento dei tirocini. In caso di violazione, il tirocinio può essere riqualificato, sussistendone i presupposti, in un rapporto di lavoro subordinato, con applicazione delle relative sanzioni amministrative e obbligo di pagamento dei contributi previdenziali e assicurativi. La violazione dell’obbligo di corresponsione dell’indennità al tirocinante comporta, però, soltanto l’applicazione di una sanzione amministrativa (e non la conversione del rapporto).
L’emergenza Coronavirus pone in grande difficoltà le aziende italiane che, per gestire la crisi produttiva possono far ricorso ad una serie di strumenti introdotti dal Decreto “Cura Italia”, tra i quali lo smart working o lavoro agile, i permessi, i congedi e la cassa integrazione. La chiusura o la sospensione temporanea delle attività produttive investe anche i tirocini formativi, la cui normativa dipende dai regolamenti delle singole Regioni e non c’è una linea comune che impone alle aziende di tutto il Paese di sospendere o interrompere i tirocini, oppure di utilizzare lo strumento dello smart working.
La Regione Lombardia, accanto alla sospensione del tirocinio in caso chiusura aziendale di almeno 15 giorni, e alla possibilità di equiparare ad assenza causata da malattia lunga o infortunio, l’assenza del tirocinante direttamente o indirettamente collegata all’emergenza sanitaria, ha previsto il ricorso allo smart working.
Questa decisione si configura del tutto anomala, perché la Legge n. 81 del 2017, che ha introdotto il lavoro agile in Italia, non dovrebbe applicarsi anche al tirocinio, dato che, come già detto, non è un rapporto di lavoro subordinato, ma un periodo di inserimento nel contesto produttivo aziendale che necessita, per sua natura, di un importante apporto del tutor aziendale per il pieno svolgimento delle attività inserite nel progetto formativo.
L’emergenza Covid-19 ha gravemente compromesso sia l’apporto del tutor aziendale, sia il percorso formativo del tirocinio. Ragion per cui, la normativa lombarda, non trova una sua giustificazione logica nel fatto che tale strumento rende molto difficile l’attività di tutoraggio, fondamentale per la formazione del tirocinante. È anche vero che gli strumenti tecnologici ci permettono di supervisionare in tempo reale il lavoro che si sta svolgendo, ma la fattispecie pratica viene meno, come orientamento in una logica strettamente aziendale, con la mancanza delle politiche e del contesto produttivo aziendale, fondamentali per il controllo dell’operato e dell’apprendimento del tirocinante.
In questo periodo, caratterizzato dalla chiusura della maggior parte delle attività a causa della diffusione del coronavirus, quasi la totalità delle Regioni italiane hanno optato per la sospensione di tali tirocini formativi, anche per quelle attività ritenute essenziali, proprio per evitare la circolazione delle persone. Inoltre, il tirocinante deve essere a stretto contatto con il tutor, per essere istruito ed orientato sul da farsi; tale vicinanza fisica potrebbe comportare una violazione delle norme imposte dal D.P.C.M. sul coronavirus, tale da mettere a repentaglio la salute e la salvaguardia della sicurezza dei lavoratori e dello stesso tirocinante.
Va ricordato, infine, che durante i periodi di sospensione del tirocinio, il tirocinante non ha diritto all’indennità di partecipazione.
Purtroppo, ad oggi, non sono state previste tutele per salvaguardare le tasche dei tirocinanti, spesso già costretti a farsi bene i conti in tasca a fine mese. Viene rimesso tutto alla “bontà” e soprattutto alla disponibilità economica del datore di lavoro, che in questo periodo si ritrova ad essere sempre più con l’acqua alla gola e privo di liquidità. Il legislatore non ha messo in conto nel Decreto “Cura Italia” (e, a parere di chi scrive, non ne terrà conto neanche nei decreti che seguiranno) di stanziare una piccola indennità anche per questa categoria. L’unica certezza è che questo periodo di sospensione forzata, che non concorre al computo della durata complessiva del tirocinio secondo i limiti massimi previsti, può essere recuperato alla fine di questa emergenza sanitaria mondiale.
Dott. Davide Campese e Dott. Domenico Sisto – Consulenti del Lavoro
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Davide Campese
Consulente del Lavoro,
Docente Formatore Sicurezza sul Lavoro
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