Cos’è l’esterovestizione?
Esterovestizione: definizione
L’esterovestizione (ovvero di “vestire” una società come se fosse estera) è la fittizia localizzazione della residenza fiscale di un persona fisica o di una società all’estero, ovvero in un paese caratterizzato da regime fiscale più vantaggioso di quello nazionale, al fine ultimo di sottrarsi agli adempimenti tributari del Paese ove in realtà si opera.
Ciò che induce sempre più gli italiani ad aprire società all’estero è sicuramente la presenza di una burocrazia più snella e più efficiente. Ma anche la legislazione gioca un ruolo importante, laddove nel nostro Paese è assai complessa e tutt’altro che certa.
Da ultimo, e non per importanza, è la tassazione sicuramente più ottimale, in quanto si presenta assai più bassa o, in tali casi, inesistente e caratterizzata dalla presenza di agevolazioni fiscali che rappresentano un miraggio per gli imprenditori italiani.
Non a caso, tutto ciò attira gli italiani verso i cosiddetti paradisi fiscali, rappresentati ad oggi dalla Bulgaria, Malta, Slovenia e Croazia.
Esterovestizione societaria: i controlli fiscali
Per arrivare a definire la fattispecie di esterovestizione di una società è necessario partire dal concetto di residenza fiscale.
Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, del DPR n. 917/86: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato”.
Per considerare una società residente in Italia occorre analizzare i criteri di collegamento con il territorio italiano: – la localizzazione nel territorio italiano della sede legale, amministrativa o l’oggetto principale; – la durata della presenza degli elementi sopra indicati nell’arco del periodo d’imposta, ovvero la sussistenza degli stessi per la maggior parte del medesimo.
Il criterio, dunque, della sede legale ha natura prettamente formale e non è affatto sintomatico dell’effettivo collegamento di natura economica e sociale con lo Stato di residenza effettiva.
Tali elementi sono alternativi tra di loro, quindi al verificarsi anche di uno solo la società si considera fiscalmente residente in Italia.
Preme evidenziare che l’Italia ha firmato con molti Pesi esteri convenzioni contro le doppie imposizioni, ovvero degli accordi speciali mirati ad evitare la doppia tassazione degli utili realizzati all’estero. Ciò vale ovviamente se la società costituita all’estero non è fittizia, ai soli fini di evadere il fisco italiano.
Nei casi in cui venga contestata la fattispecie di esterovestizione, la prova dovrà essere fornita dall’Amministrazione procedente. Solo in due casi vi è l’inversione dell’onere della prova sul contribuente, ovvero la società estera partecipante un soggetto residente è esterovestita, salvo prova contraria, quando alternativamente: 1. è controllata da holding italiana; 2. è amministrata da un organo (es. C.d.A.) composto in prevalenza da soggetti persone fisiche residenti in Italia.
In entrambi i casi l’Amministrazione dovrà solo dimostrare la sussistenza del presupposto normativo, starà al contribuente dimostrare l’effettività dell’attività svolta all’estero.
La verifica inizia con accessi presso la sede dell’ipotetica società esterovestita in Italia (di norma la sede della controllante e/o dell’azienda collegata agli amministratori) effettuati, in molti casi, direttamente dalla Guardia Di Finanza.
Gli accessi sono mirati alla ricerca di materiale cartaceo ed elettronico idoneo a dimostrare l’esistenza della società in Italia. I verificatori incentreranno i controlli: – sulla sede legale, amministrativa ed oggetto sociale della società, per dimostrare che la veste giuridica diverge con quella fattuale; – sulla residenza della società ai fini fiscali.
Reato di esterovestizione: come evitare le sanzioni
I reati connessi ad ipotesi di esterovestizione sono diversi: i principali sono collegati alle omissioni dichiarative e al mancato pagamento di imposte.
Si evidenzia che è sufficiente una notizia di reato e non è necessario alcun avviso di accertamento definitivo per innescare il procedimento penale, il quale prosegue parallelamente al contenzioso tributario, o anche dopo la sua chiusura.
Il più delle volte i reati connessi alla estero vestizione saranno contestati agli amministratori. Ma non rari sono i casi in cui le Procure titolari delle indagini tendano ad indagare professionisti operanti all’interno della società attraverso il ricorso alla figura dell’associazione a delinquere, sia nazionale che transazionale.
Il contribuente, qualora si dovesse difendere dal reato di esterovestizione, deve fornire prova contraria richiamando elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare il radicamento della direzione effettiva all’estero.
Conformemente alla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E/2006, dovrà provare quanto segue: 1) che gli insediamenti produttivi/commerciali all’estero sono effettivi ed esistono delle ragioni imprenditoriali sottese agli stessi; 2) che le società estere si caratterizzano per una specializzazione, non solo in senso geografico, ma anche strategico ed economico rispetto alla capogruppo ed alle altre consociate; 3) che dai flussi informativi e contrattuali intercompany si desume la totale indipendenza economica delle partecipate estere rispetto alla holding; 4) che sussistono sistemi di tesoreria centralizzata (c.d. cash pooling), che testimoniano l’autonomia finanziaria della società estera rispetto all’ente controllante; 5) che esiste autonomia gestionale dei soggetti preposti all’attività di impresa all’estero (c.d. country manager), in termini di organizzazione del personale, di poteri di spesa (in ottica finanziaria), di approvvigionamento (acquisti) e di negoziazione di contratti con i clienti esteri.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo discutendo una tesi sperimentale in Diritto Penale Tributario e ha ottenuto il Diploma di Specializzazione in Professioni Legali preso la medesima Università.
Al termine del percorso post laurea ha svolto un tirocinio presso gli Uffici della Procura delle Repubblica presso il Tribunale di Palermo, ha conseguito un Diploma in Diritto Tributario Europeo ed Internazionale, ha frequentato un corso telematico in Diritto Penale Internazionale organizzato dalla School of Law della Case Western Reserve University di Cleveland, in Ohio (USA) e ha inoltre frequentato il Master biennale in Difensore Tributario organizzato dall’Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi.
Negli anni ha maturato una specifica competenza in tema di Diritto internazionale, Diritto immobiliare Diritto tributario, Diritto dell’Immigrazione, nonché in tema di reati fiscali ed reati economici. Approfondito il settore dell'assistenza alle imprese e specificamente dell’auto-imprenditorialità (valido strumento per la creazione di opportunità professionali giovanili), fornisce specifica assistenza in tema di Start-up, Start-up innovative ed internazionalizzazione delle PMI, in stretta correlazione con la nuova normativa italiana in tema di microcredito e mentoring.
Di lingua madre italiana, parla fluentemente la lingua inglese e conosce la lingua francese.
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