Costituzione, emergenza e divieti di spostamento
Costituzione ed emergenza. L’attuazione della Costituzione richiede un impegno corale, con l’attiva, leale collaborazione, di tutte le Istituzioni, compresi Governo, Parlamento, Regioni e Giudici[1]. È necessario sgomberare il campo da una serie di fraintendimenti che ricorrono nel dibattito attuale.
Trovo del tutto fuori bersaglio il richiamo allo stato di eccezione per descrivere i provvedimenti emanati per fronteggiare l’epidemia. In passato lo stato di eccezione ha forgiato la spada della repressione liberticida contro il cittadino, in visa dell’autoconservazione del potere costituito o della trasformazione autoritaria del sistema politico. Sarà ovvio ma ripetere aiuta: non è questa la ratio che ispira i provvedimenti messi in campo fino ad ora, finalizzati, in ultima istanza, a proteggere la persona e la comunità in cui vive. È la portata straordinaria e transitoria dell’emergenza a consentire forti limitazioni ai diritti fondamentali, a delineare la misura della legittimità delle misure adottate. In questo senso, la proporzionalità dei provvedimenti non va valutata in astratto ma in concreto, alla luce della particolare situazione di fatto che giustifica tale limitazione ( nel nostro caso: alla virulenza dell’epidemia, alla misura del contagio, alla tenuta del sistema sanitario, alla transitorietà dell’evento). Bisogna renderci conto che i provvedimenti adottati servono a mantenere inalterato il tessuto sociale ed economici della comunità in cui viviamo. Il concetto di libertà è molto ampio e comprende situazioni che vanno dalla compressione della libertà di circolazione, alla compressione della libertà personale, alla compressione della libertà di culto, ecc… Tutte queste misure devono essere proporzionate, devono comportare il minor sacrificio per gli altri interessi in gioco, devono essere temporanee, protraendosi la loro durata nel tempo si incorrerebbe in una illegittimità.
La riserva di legge. Il concetto di libertà è molto ampio e la Costituzione richiede che solo un intervento legislativo del Parlamento possa comprimere quelli che sono libertà fondamentali di tutti, sancite in costituzione che le tutela attraverso una apposita riserva di legge. La bussola concettuale[2] che guida il lavoro è l’obiettivo di verificare la sostenibilità costituzionale di un complesso di norme e di atti normativi che hanno innovato il nostro ordinamento giuridico a partire dalla prima dichiarazione dello stato di emergenza in data 31 gennaio 2020. Partiamo dall’assunto in base al quale la congerie di atti amministrativi emanati dovrebbero trovare fondamento e riconoscimento nella Costituzione, così come non è. I principi del Costituzionalismo democratico si fondano sulla teoria dei limiti, ovvero in ossequio al principio di legalità e di riserva di legge, essi nascono soprattutto con l’intento di limitare l’esercizio del potere, soprattutto in casi di eccezionalità e gravità. Come noto, lo Stato democratico di diritto, fondato sulla centralità del Parlamento e per l’appunto sul costituzionalismo quale limite all’esercizio del potere, esige che solo la legge possa limitare i diritti fondamentali per specifiche esigenze. La legge è atto non governativo, proveniente dalla maggioranza, ma atto che promana dall’incontro e scontro dialettico tra maggioranza e opposizione: il Parlamento è dunque il centro cardine della democrazia.
La questione delle fonti del diritto. In un Paese sospeso dalla pandemia, nel quale le giornate si susseguono tutte uguali, monopolizzate dalle notizie televisive sulla curva del contagio e cadenzate sul bollino del Covid, quasi un rituale traumaturgico, il rischio che rimangano sospese molte questioni cruciali, che ci toccano da vicino, è tutt’altro che remoto. La prima questione che balza prepotentemente ad evidenza è l’impatto della crisi sanitaria sull’impianto delle fonti del diritto che hanno prodotto la limitazione di un grande numero di diritti.
Alcune domande nascono spontanee dall’osservazione del dato empirico:
– In tempi di pandemia da Covid 19, in quale organo vanno collocati i poteri normativi?[3]
– Cosa afferma la Costituzione sullo stato di emergenza?
– Come possiamo giustificare la congerie di atti amministrativi di fonte secondaria (i DPCM) con cui sono stati derogati i diritti fondamentali?
Dall’inizio della emergenza nota a tutti, in molti si sono interrogati sul fatto che le misure poste in essere dal nostro esecutivo avessero o meno una rispondenza giuridico normativa, oppure fossero oggetto di liberalità dettate dal fronteggiare la tragicità di quel che accade. Abbiamo assistito ad un prolificare, senza eguali, di provvedimenti come i DPCM che si sono susseguiti in maniera non solo spasmodica ma spesso fortemente contraddittoria gli uni con gli altri.
Consapevoli della estrema difficoltà nel cercare di arginare il diffondersi dell’epidemia, gli operatori del diritto si sono posti, però, la domanda alla quale è estremamente importante dare riscontro. La pandemia ha davvero aggredito anche il diritto?
Si è ripetutamente parlato di diritti costituzionali, per così dire, sospesi accantonati, congelati nell’ottica del rispetto della tutela della salute complessiva. Ma è veramente così?
E’ bene, da subito, chiarire che la nostra Carta costituzionale non prevede l’ipotesi dello stato di emergenza (a differenza delle altre) né tantomeno quella dello stato di eccezione ma esclusivamente quello dello stato di guerra che, ai sensi dell’art. 78, deve essere dichiarato dalle Camere le quali conferiscono al Governo i poteri necessari.
E’ una dimenticanza dei nostri Padri costituenti? La risposta non può che essere, ovviamente, NO. Motivatamente fu scelto di non inserire nella Carta clausole di emergenza che potessero “aprire il varco” a pericolose lacerazioni in grado di comprimere i diritti delle persone.
È la legge ordinaria, e specificamente l’art. 24 del D.lgs n. 1 del 2018 – Codice della Protezione Civile – che prevede che con delibera adottata dal Consiglio dei Ministri sia dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, ne sia fissata la durata e l’estensione e sia autorizzata l’emanazione di ordinanze di protezione civile, che trovano la propria disciplina nel successivo art. 25. L’attuale stato di emergenza trova, quindi, la declaratoria nel d.lgs. n. 1 del 2018 (Codice della protezione civile), che fa riferimento a «emergenze di rilievo nazionale[4] connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari» (art. 7).
Nonostante non sia regolata a livello costituzionale, dunque, l’emergenza è già inclusa nei gangli dell’ordinamento, che le riconosce – per così dire – un particolare status da disciplinare con strumenti giuridici puntualmente definiti (cfr., per le emergenze nazionali, gli art. 23 e ss. del d.lgs. n. 1 del 2018).
Non è un caso che, proprio sulla scorta di tale apparato normativo, il Consiglio dei Ministri abbia dichiarato lo stato di emergenza sin dal 31 gennaio 2020, affidando al Capo della protezione civile il compito di adottare ordinanze in deroga alla legge.
L’emergenza ha comunque, concretizzato fattispecie espressamente disciplinate dalla Costituzione:
– Art. 32 Tutela della salute (valore che consente limitazioni di altre libertà);
– Art. 14 (il domicilio è inviolabile, ma sono ammessi accertamenti e ispezioni per motivi di sanità);
– Art. 16 (ogni cittadino può circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni imposte dalla legge “in via generale” per ragioni sanitarie);
– Art. 17 (diritto di riunirsi dei cittadini);
– Art. 41 (libertà di iniziativa economica).
A fronte di una così massiccia emissione di provvedimenti, nella loro massima capacità restrittiva delle libertà e dei diritti fondamentali, si pone la domanda se il Presidente del Consiglio fosse legittimato alla loro adozione o se la riserva di legge prevista dall’ art. 16 Cost. per la limitazione del diritto di libera circolazione e soggiorno non imponesse unicamente l’uso dello strumento legislativo ordinario, tenuto conto che il necessario bilanciamento tra valori costituzionali in conflitto costituisce valutazione propria del Parlamento nell’esercizio della funzione che l’ art. 70 gli affida.
Addirittura neanche l’uso dei decreti legge, pur corretto in quanto previsto in Costituzione proprio per far fronte a casi straordinari di necessità e d’ urgenza ed in quanto rende possibile il controllo preventivo del Presidente della Repubblica e quello successivo delle Camere e della Corte Costituzionale, appare uno schermo fragile per supportare misure così fortemente restrittive.
Si evoca da alcuni costituzionalisti il pericolo di eclissi delle libertà costituzionali; si osserva che in questa torsione dell’ordinamento anche la Costituzione nella sua integrità finisce per essere soggetta ad un bilanciamento con l’emergenza, in cui fatalmente è la Carta fondamentale a soccombere.
Come ricordava Cesare Mirabelli le istituzioni non vanno in quarantena e continuano a svolgere pienamente le loro funzioni. E se è vero che nessun diritto è più fondamentale del diritto di tutti alla vita e alla salute, è tuttavia altrettanto vero che la centralità del Parlamento non può essere dimenticata affidando il governo dell’emergenza alle quotidiane determinazioni del Capo del Governo e dei suoi esperti.
Spostamenti vietati. Da molto tempo ormai l’emergenza da Coronavirus ha sconvolto la nostra quotidianità, stiamo vivendo una situazione inedita, rispetto alla quale ognuno di noi, rimanendo a casa e limitando il più possibile le occasioni di contatto sociale, può e deve contribuire a ridurre la capacità diffusiva di un virus che ogni giorno miete vittime, specie tra i più deboli[5] ed esposti al contagio, e sta mettendo in crisi il sistema sanitario nazionale. Mentre medici, infermieri e scienziati, sono impegnati giorno e notte a salvare vite, saremo chiamati, come mai prima, ad una serie di rinunce, piccole e grandi, che valgono come atti di responsabilità sociale.
Il 3, 4 e 5 aprile tutta Italia è nuovamente diventata zona rossa per il weekend di Pasqua, le regole anti-Covid sono cambiate e sono state le stesse per l’intero Paese: tutta Italia, infatti, è diventata zona rossa per il weekend di Pasqua e il lunedì di Pasquetta. Sono state quindi valide le misure attualmente previste per questa fascia, ma il governo ha anche disposto alcune deroghe.
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Il fine settimana di Pasqua e il lunedì di Pasquetta tutta Italia è diventata zona rossa. Il 3, 4 e 5 aprile le regole anti-Covid sono state le stesse per tutto il Paese che, come detto, è entrato nella fascia con le misure restrittive più severe per impedire che tra pranzi pasquali e ritrovi nei giorni festivi ci si ritrovi a fare i conti con una nuova impennata di contagi. Le norme da rispettare sono state le stesse per tutti, indipendentemente dalla Regione in cui ci si trova e dal fatto che questa fosse già rossa o meno prima del weekend festivo. Ma, come accaduto anche per le feste di Natale, sono state previste alcune deroghe. Vediamo di che si tratta.
Le regole sugli spostamenti a Pasqua in zona rossa. Per i giorni tra il 3 e il 5 aprile non è stato permesso uscire dalla propria abitazione a meno che non si siano avute comprovate esigenze di lavoro, salute o necessità, da certificare attraverso l’apposito modulo di autocertificazione[6]. Tra gli spostamenti consentiti ci sono stati quelli per fare la spesa o acquistare altri prodotti considerati essenziali negli esercizi commerciali regolarmente aperti. Inoltre, è stato sempre consentito fare rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione. Mentre nelle zone rosse non sono state consentite le visite a parenti e amici (tranne che per assistere un proprio caro non autosufficiente), nei giorni 3, 4 e 5 aprile sono state previste delle deroghe.
Zona rossa a Pasqua e Pasquetta, le regole per le visite e pranzi con parenti e amici. Il decreto ha permesso una sola uscita al giorno verso un’altra abitazione privata, in modo da consentire le visite ad amici e parenti nei giorni di festa. Via libera ai pranzi di Pasqua e Pasquetta in casa[7], tuttavia ci sono state alcune condizioni da rispettare: spostamenti consentiti ad un massimo di due persone, senza contare i minori di 14 anni e le persone non autosufficienti. Come detto, è stato concesso un solo spostamento verso un’altra casa al giorno: per cui se si è deciso di andare a pranzo da un parente, non si è potuto andare a trovare l’amico nello stesso giorno.
Coprifuoco. Le visite a familiari e amici, nel limite di una al giorno e a un massimo di due persone, sono state consentite sempre nel rispetto del coprifuoco che va dalle 22.00 alle 5.00.
Spostamenti nelle seconde case. Il decreto in vigore fino al 6 aprile prevede di raggiungere la propria seconda casa, anche se si trova in un’altra Regione, e questa concezione è valida anche per i giorni festivi. Nel documento si legge: “Dal 16 gennaio 2021, le disposizioni in vigore consentono di fare rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, senza prevedere più alcuna limitazione rispetto alle cosiddette seconde case“. Bisogna però dimostrare di aver avuto titolo di proprietà o affitto anteriormente all’entrata in vigore del decreto del 14 gennaio 2021. E ancora: “Naturalmente, la casa di destinazione non deve essere abitata da persone non appartenenti al nucleo familiare convivente con l’avente titolo, e vi si può recare unicamente tale nucleo“. Tuttavia sono diverse le Regioni che, per evitare gli arrivi in massa nel weekend festivo, hanno deciso con delle ordinanze locali di vietare l’entrata ai cittadini provenienti da altre Regioni che vogliono raggiungere la seconda casa: sono Alto Adige, Campania, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Valle d’Aosta.
Vietate le gite fuori porta a Pasquetta. Nessuna gita fuori porta per Pasquetta. In zona rossa, infatti, non sono stati ammessi gli spostamenti che non siano per ragioni lavoro, salute o necessità o per raggiungere un’altra abitazione privata: non sono quindi state consentite gite al mare o in montagna per il lunedì di Pasquetta.
Le regole su passeggiate, bici e attività all’aperto. Per quanto riguarda invece la possibilità di svolgere attività motoria all’aperto, come passeggiate o giri in bici, in zona rossa questa è stata consentita solo se svolta individualmente e in prossimità della propria abitazione. È comunque sempre obbligatorio rispettare la distanza di almeno un metro da ogni altra persona e indossare la mascherina. Sono inoltre sempre vietati gli assembramenti.
I negozi aperti a Pasqua. Nella zona rossa, quindi tra il 3, 4 e 5 aprile in tutta Italia, i negozi sono rimasti chiusi: aperti solo gli esercizi commerciali che vendono prodotti considerati essenziali. “Sono sospese le attività di commercio al dettaglio, fatta eccezione per la vendita di generi alimentari e di prima necessità. La vendita dei beni consentiti può avvenire sia negli esercizi “di vicinato” (piccoli negozi) sia nelle medie e grandi strutture di vendita, anche all’interno dei centri commerciali. Restano ferme le chiusure previste per i centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi“, si legge tra le Faq del governo sulle misure in vigore in zona rossa. Va comunque considerato che molti esercizi commerciali hanno deciso di rimanere chiusi.
La messa di Pasqua. Mentre l’anno scorso le celebrazioni religiose si sono svolte totalmente da remoto e i fedeli potevano assistervi solamente guardando la diretta video, quest’anno la messa di Pasqua è stata permessa in presenza, sempre nel rispetto delle regole anti-contagio chiaramente. Le chiese sono state aperte per la messa della domenica di Pasqua. Altri riti della settimana santa, come la via crucis o la lavanda dei piedi, sono stati invece cancellati.
Le regole su spostamenti in auto a Pasqua. Sempre tra le Faq del governo si specifica che si può viaggiare in auto con non conviventi, a patto che si rispettino una serie di regole. Nella parte anteriore della vettura si può sedere solo il guidatore e possono viaggiare un massimo di due passeggeri per ogni fila di sedili posteriori, sempre con l’obbligo di indossare la mascherina. “L’obbligo di indossare la mascherina può essere derogato nella sola ipotesi in cui la vettura risulti dotata di un separatore fisico (plexiglas) fra la fila anteriore e posteriore della macchina, essendo in tale caso ammessa la presenza del solo guidatore nella fila anteriore e di un solo passeggero per la fila posteriore“, si legge nel sito del governo.
Viaggi all’estero. L’ultimo decreto Covid del governo ha prorogato il blocco degli spostamenti tra Regioni (a meno che non ci si muova per una delle ragioni consentite già elencate). Tuttavia rimane possibile viaggiare all’estero anche se la Farnesina raccomanda di evitare ogni viaggio all’estero se non per ragioni strettamente necessarie. Bisogna però considerare che diversi Paesi impongono, oltre a un test negativo, di rispettare una quarantena di due settimane. Mentre altri ancora hanno deciso di chiudere il traffico ai cittadini stranieri per via della diffusione dei contagi. Infine, va anche considerato che l’Italia impone l’isolamento preventivo di due settimane per chi rientra da determinati Paesi: ci sono quindi dei casi in cui è possibile viaggiare verso un altro Paese per turismo senza restrizioni, ma si è costretti all’isolamento una volta rientrati a casa. Per ogni informazione specifica si rimanda al sito della Farnesina viaggiaresicuri.it.
Autocertificazione. Il modulo di autocertificazione, scaricabile dal sito del ministero dell’Interno, è sempre stato necessario per lasciare la propria abitazione nei giorni 3, 4 e 5 aprile. Nel documento va indicata la ragione per cui ci si sposta, ma anche le proprie generalità, il luogo di partenza e quello di arrivo.
[1] Giustizia Insieme, “La pandemia aggredisce anche il diritto?”, 02/04/2020, Franco De Stefano
[2] Rivista Associazione italiana costituzionalisti, “Sistema normativo delle fonti nel governo giuridico della pandemia. Illegittimità diffuse e strumenti di tutela”,23/02/2021, Marina Calamo Specchia, Alberto Lucarelli, Fiammetta Salmoni,
[3] Osservatorio costituzionale, “Principio di legalità e stato di necessità al tempo del Covid”, 28/04/2020, Marina Calamo Specchia
[4] Altalex, “La settimana di Altalex: tra Covid e diritto”, 19/03/2021, Redazione
[5] Osservatorio sulle fonti, “Quel che resta della libertà di circolazione al tempo del Coronavirus, Giovanni Di Cosimo.
[6] Università degli studi di Ferrara, Dipartimento di Giurisprudenza, “Democrazia e tutela dei diritti fondamentali ai tempi del Coronavirus”, Giuditta Brunelli.
[7] Diritto.it, “Diritti costituzionali ai tempi del Covid. Gerarchia e legittime limitazioni”, Paola Esposito, 25 marzo 2020
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Valerio Carlesimo
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