Covid-19: cosa succede in assenza di valida giustificazione per lo spostamento
In data 9 marzo 2020, il Presidente del Consiglio dei Ministri, considerati l’evolversi della situazione epidemiologica, il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e l’incremento dei casi sul territorio nazionale, ha adottato il DPCM n. 14/2020, con il quale ha esteso a tutta Italia le misure restrittive inizialmente adottate per alcune zone del nord Italia con il DPCM dell’8 marzo 2020.
A presiedere In particolare, allo scopo di contrastare e contenere la diffusione del Covid-19, tra le altre previsioni, è stato statuito quanto segue: “a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” (art. 1, co. 1, lett. a).
Per assicurare il rispetto della predetta misura, il prefetto territorialmente competente si avvale delle forze di polizia, con il possibile concorso del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché delle forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali, dandone comunicazione al Presidente della regione e della provincia autonoma interessata.
Di fatto, ormai da giorni le forze di polizia stanno procedendo a serrati controlli sugli automobilisti in transito al fine di verificare se i loro spostamenti siano giustificati dalle suddette esigenze.
Una volta fermato, l’automobilista soggetto al controllo è tenuto ad auto dichiarare, tramite apposito modulo (sul punto, è bene precisare che, sebbene debbano essere le forze di polizia a fornire detto modulo, è comunque consigliabile che l’automobilista lo stampi prima di uscire di casa e lo porti con sé) la ragione del proprio spostamento nonché – a partire dal 17 marzo 2020 – di non essere positivo al Covid-19. Chiaro, a fronte delle migliaia di denunce per spostamenti ingiustificati, l’intento del Governo di richiamare ad un’ulteriore e più pregnante assunzione di responsabilità del cittadino che esca di casa mediante il nuovo modello di auto dichiarazione.
Ai sensi del DPCM dell’8 marzo 2020, art. 4, comma 2, “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”.
Orbene, alla luce della norma citata, il cittadino uscito di casa senza valida motivazione va incontro, innanzitutto, alla sanzione penale di cui all’art. 650 c.p., rubricato “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”, ai sensi del quale “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità (1) per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene (2), è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato [337, 338, 389, 509] (3), con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”.
Va detto, peraltro, che la clausola iniziale “salvo che il fatto costituisca più grave reato” consente di punire il reato più grave che l’automobilista eventualmente commetta (si pensi, ad esempio all’ipotesi in cui egli renda false dichiarazioni al Pubblico Ufficiale in occasione del controllo, circostanza che lo renderebbe punibile anche ai sensi dell’art. 495 c.p., rubricato “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”.
Prescindendo dall’eventuale commissione di reati più gravi, l’art. 650 c.p. prevede, in caso di eventuale trasgressione, una contravvenzione che non ha nulla a che vedere con quelle previste dal Codice della Strada e comunemente definita “multa” giacche, nel caso in esame, si tratta a tutti gli effetti di un reato, in cui la condotta incriminata consiste nell’inadempimento all’ordine dell’Autorità ovvero, nel nostro caso, alle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato per fronteggiare l’emergenza.
Conseguenza dall’inottemperanza è l’apertura di un procedimento penale cui seguirà l’irrogazione di una sanzione alternativa tra 3 mesi di arresto o € 206,00 di ammenda.
È bene sin da subito fugare ogni dubbio da quelle voci, che circolano i questi giorni, secondo cui l’automobilista non debba dare seguito alla richiesta di pagamento dell’ammenda da parte delle Forze dell’ordine: tale assunto è del tutto giuridicamente errato giacché solo l’autorità giudiziaria competente può irrogare la sanzione penale derivante dalla commissione di un reato, a seguito di procedimento penale regolarmente instaurato senza che alcun potere, in tal senso, possa spettare alle forze di polizia (in altre parole, non bisogna confondere l’ipotesi in esame con quella della multa del vigile urbano o di altra autorità irrogata per violazione del Codice della Strada).
Concretamente, infatti, il cittadino viene invitato dalle Forze dell’ordine a fornire le proprie generalità, ad eleggere domicilio ed a procedere con la nomina di un difensore di fiducia (in mancanza, gli viene assegnato un difensore d’ufficio).
A questo punto, l’Autorità procedente comunica la notizia di reato alla Procura della Repubblica competente per territorio.
In seguito alla comunicazione della notizia di reato è possibile che il procedimento penale si concluda con un decreto penale di condanna che dispone l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria.
Infatti, posto che il reato di cui all’art. 650 c.p. può essere alternativamente punito con l’arresto o l’ammenda, qualora il Pubblico Ministero ritenga, ai sensi dell’art. 459 c.p.p., di applicare la sola pena pecuniaria, ne farà richiesta motivata al Giudice per le Indagini Preliminari il quale, in caso di accoglimento, emetterà il decreto inaudita altera parte (cioè senza il contraddittorio tra le parti).
Il decreto penale di condanna emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari viene notificato all’automobilista il quale solo a questo punto, ossia solo a seguito della notifica del decreto penale di condanna, non deve provvedere al pagamento della sanzione irrogata: il pagamento corrisponderebbe, infatti, all’esecuzione della condanna con conseguente menzione nel casellario giudiziale (in seguito al pagamento, cioè, il soggetto non risulterebbe più incensurato).
Alla luce di quanto detto, in seguito alla notificazione del decreto, è necessario che il condannato si rechi da un avvocato il quale, entro 15 giorni dalla notifica, provvederà alla c.d. “opposizione a decreto penale di condanna” con richiesta di oblazione, istituto giuridico introdotto dal legislatore onde evitare la pena detentiva nel caso vengano commessi illeciti ritenuti di minore gravità secondo l’ordinamento giuridico, mediante il quale, con il pagamento allo Stato di una somma di denaro prestabilita, si estingue il reato contravvenzionale, id est una sorta di depenalizzazione negoziata.
Norma di riferimento è l’art. 162-bis c.p. il quale prevede, per le contravvenzioni punite alternativamente con l’arresto ovvero con l’ammenda, il pagamento di una somma pari alla metà del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre alle spese processuali, con conseguente estinzione del reato.
Con l’ordinanza di ammissione all’oblazione, l’autorità giudiziaria competente fissa la somma da versare nonché la data entro cui effettuare il versamento, ordinando che ne venga data al richiedente, il quale dovrà rivolgersi alla cancelleria per l’esatta quantificazione delle spese processuali.
Una volta eseguito il versamento, l’oblato è tenuto a depositare presso la cancelleria del Giudice per le Indagini Preliminari una copia del modello F23 contenente la data di accettazione ed il timbro dell’istituto presso il quale ha eseguito il pagamento.
Il deposito della copia del modello F23 costituisce la prova dell’avvenuto pagamento, sicchè solo successivamente a tale adempimento il Giudice per le Indagini Preliminari potrà emettere sentenza di non doversi procedere con la quale dichiarerà l’estinzione del reato.
Grazie all’oblazione, l’oblato eviterà qualsiasi iscrizione nel casellario giudiziale (di fatto rimarrà incensurato).
Peraltro, il reato commesso e oblato, in quanto estinto, non costituirà recidività qualora venga commesso un reato analogo.
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Roberta Aleo
Nasce a Palermo nel 1991. Dopo la maturità classica si laurea nel 2017 in Giurisprudenza presentando una tesi sperimentale dal titolo "Le strutture investigative di contrasto alla criminalità organizzata".
Nel 2019 consegue il diploma di specializzazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali presentando una tesi dal titolo "Rapporti tra carcere duro ed esigenze di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti".
Tirocinante presso il Tribunale e la Procura della Repubblica ed abilitata all'esercizio della professione forense, collabora alla stesura di testi ed articoli giuridici con riviste scientifiche e studi legali.
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