COVID-19: diritto di proprietà e contratti di locazione
Sommario: 1. Decreto Cura-Italia: focus sul diritto di proprietà e sui contratti di locazione – 1.1. Blocco degli sfratti fino al 30 giugno 2020 – 1.2. Affitti a uso commerciale e il nuovo bonus chiamato «credito d’imposta per botteghe e negozi» – 1.3. Emergenza COVID-19 “evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia” – 2. Impossibilità temporanea del conduttore di adempiere – 3. Impossibilità parziale del conduttore di rendere la prestazione dovuta – 4. Richiesta di rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto per sopravvenuta eccessiva onerosità – 5. Interruzione della locazione – 6. “Requisizioni in uso o in proprietà”
1. Decreto Cura-Italia: focus sul diritto di proprietà e sui contratti di locazione
Con riferimento al Decreto cura-Italia passiamo in rassegna alcune delle ipotesi previste dal Legislatore in tema di diritti di proprietà e di locazioni.
1.1. Blocco degli sfratti fino al 30 giugno 2020
L’Art. 103 al comma 6 del Decreto prevede che l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020.
Chi ha già in mano un’ordinanza di ingiunzione al pagamento del canone arretrato e sgombero locali, non potrà agire per l’esecuzione coattiva del provvedimento tramite intervento dell’ufficiale giudiziario e del fabbro per riappropriarsi dell’immobile. La morosità però resta e l’esecuzione forzata è rinviata a luglio 2020.
Il provvedimento, invece, non è rivolto specificatamente a chi finora ha pagato l’affitto regolarmente e salta le mensilità relative ai mesi post Covid-19.
In caso di morosità dell’inquilino, il proprietario potrebbe iscrivere a ruolo il giudizio.
Il Decreto cura-Italia, infatti, prevede la sospensione dei procedimenti giudiziari ma non inibisce la possibilità di instaurare nuovi giudizi.
Tuttavia, il ridotto numero di personale attualmente presente nelle cancellerie, potrebbe non consentire di analizzare ed accettare tutte le buste telematiche nonché di verificare se vi sia un atto per il quale il Capo dell’Ufficio Giudiziario o il Giudice debba disporre l’urgenza di cui al comma 3 art. 83 del Decreto.
1.2. Affitti a uso commerciale e il nuovo bonus chiamato «credito d’imposta per botteghe e negozi».
L’Art. 65 del Decreto Cura-Italia riconosce ai soggetti esercenti attività d’impresa per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (e cioè negozi e botteghe).
Tale credito sarà utilizzabile in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Il bonus esclude le attività che sono rimaste aperte perché identificate come essenziali.
La norma inoltre, non indica che il godimento del credito d’imposta è vincolato al pagamento del canone.
1.3. Emergenza COVID-19 “evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia”
Posto che il Decreto Cura-Italia definisce l’emergenza Covid-19 quale “evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia” è opportuno ipotizzare quali strumenti giuridici possono essere azionati dai locatori e dai conduttori.
2.Impossibilità temporanea del conduttore di adempiere
Il conduttore che sia interessato a continuare il rapporto di locazione potrebbe avvalersi dell’art. 1256 c.c. 2° comma, che prevede il caso della “impossibilità temporanea”.
Esso stabilisce che il debitore, finché perdura la situazione di impossibilità sopravvenuta, “non è responsabile del ritardo nell’adempimento”.
L’emergenza Covid-19 ed il conseguente divieto legislativo di esercitare la propria attività può determinare l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile, mentre la mancanza degli incassi determina l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione del pagamento del canone.
Al momento della cessazione dello stato emergenziale, il debitore dovrà provvedere a corrispondere quanto non versato.
Inoltre, sempre in applicazione dell’art. 1256 2° comma, l’obbligazione potrebbe estinguersi se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
In questo caso, in base all’ert. 1218 c.c., il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta non è tenuto al risarcimento del danno, se prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile – come ad esempio l’ordine di chiusura delle attività non essenziali previsto dal Decreto cura-Italia.
L’art. 91 del Decreto Cura-Italia, infatti, introduce una disposizione che è diretta a considerare le conseguenze di un inadempimento qualora le stesse derivino dal “rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto” precisando che tale situazione “è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 (risarcimento del danno) c.c.” e ciò in relazione a “eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti”.
3. Impossibilità parziale del conduttore di rendere la prestazione dovuta
Sulla base delle stesse considerazioni, il conduttore che ha interesse a mantenere il contratto ma è in difficoltà a causa dell’emergenza COVID-19, potrebbe avvalersi dell’art. 1258 c.c. Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile e/o dell’art. 1464 c.c. Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto e comunicare al locatore l’impossibilità parziale di adempiere la propria obbligazione di pagare il canone.
Conseguentemente, il conduttore potrà pagare il canone in misura ridotta fino a che non si sia superata l’emergenza.
Successivamente, l’immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile ed il conduttore dovrà ripagare la parte di canone non versata durante il periodo dell’emergenza.
Anche in questo caso vale il riferimento agli art. 1218 del codice civile e 91 del decreto cura-Italia.
4. Richiesta di rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto per sopravvenuta eccessiva onerosità
L’art. 1467 c.c. prevede che qualora si verifichino eventi che rendano eccessivamente oneroso il contratto sottoscritto e sproporzionatamente gravoso l’adempimento in capo ad uno dei contraenti, la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Tale norma consente alle parti di evitare la risoluzione del contratto modificandone le condizioni.
Il locatore o il conduttore potranno rinegoziare il contratto di locazione, temporaneamente, fino al perdurare della crisi economica, o definitivamente.
In ipotesi di accettazione della proposta di rinegoziazione, avviata da una delle parti, si potrà precisare se procedere con la sottoscrizione di un “Accordo di Riduzione del Canone” per un periodo determinato oppure se porre in essere una novazione contrattuale, tecnicamente con una risoluzione anticipata del Contratto divenuto eccessivamente oneroso, accompagnata dalla stipula di un nuovo Contratto.
In entrambi i casi si dovrà procedere ad una nuova registrazione della modica del contratto o del nuovo contratto.
Anche in questo caso vale il riferimento agli art. 1218 del codice civile e 91 del decreto cura-Italia.
5. Interruzione della locazione
In ordine alle locazioni di immobili per uso diverso da quello abitativo, l’art. 27 della Legge 27 luglio 1978 n. 392 prevede che il sopravvenire di gravi motivi legittimerebbe il conduttore all’esercizio del diritto di recesso: “indipendentemente dalle previsioni contrattuali, il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”.
Con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo il conduttore può avvalersi dell’art. 1467 c.c. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458 del codice civile.
Va da sé che la possibilità di fruire di quanto sopra indicato debba essere limitata ai soli soggetti che, a causa del Coronavirus, abbiano avuto e possano provare una consistente riduzione delle proprie entrate.
In tali ipotesi, inoltre, sarebbe necessario un preavviso di 6 mesi e per tale periodo andrebbero pagati i canoni ma, anche in questo caso, il conduttore potrebbe non pagare i canoni per gravi motivi.
Infine, di fronte ad una richiesta di risoluzione del contratto, il locatore può proporre una modifica equa del contratto.
Anche in questo caso vale il riferimento agli art. 1218 del codice civile e 91 del decreto cura-Italia.
6. “Requisizioni in uso o in proprietà”
L’art. 6 del Decreto Cura-Italia, consente al Capo del Dipartimento della protezione civile di disporre la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere.
Inoltre, ai commi 7 ed 8, precisa che: “7. Nei casi in cui occorra disporre temporaneamente di beni immobili per far fronte ad improrogabili esigenze connesse con l’emergenza di cui al comma 1, il Prefetto, su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territorialmente competente, può disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio della persona interessata. 8. Contestualmente all’apprensione dell’immobile requisito ai sensi del comma 7, il Prefetto, avvalendosi delle risorse di cui al presente decreto, corrisponde al proprietario di detti beni una somma di denaro a titolo di indennità di requisizione. In caso di rifiuto del proprietario a riceverla, essa è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata. L’indennità di requisizione è liquidata nello stesso decreto del Prefetto, che ai fini della stima si avvale dell’Agenzia delle entrate, alla stregua del valore corrente di mercato dell’immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore. La requisizione degli immobili può protrarsi fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza di cui al comma 1”.
La misura ha la sua ratio nell’emergenza Covid-19, che è da paragonarsi ad una guerra, ed infatti viene più volte richiamato il Codice Militare.
La requisizione è un istituto giuridico previsto dall’art. 42, comma 3, Cost., quale forma di espropriazione, condizionata alla ricorrenza di motivi di interesse generali, alla promulgazione di una legge o atto avente forza di legge che la preveda ed al riconoscimento, in favore del titolare del diritto, di un’indennità, che, alla luce della successiva Giurisprudenza formatasi sul punto, deve essere seria, congrua, adeguata e non meramente simbolica.
Inoltre, l’istituto della requisizione è previsto anche nell’art. 835 c.c. che prevede che “quando ricorrono gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili, può essere disposta la requisizione dei beni mobili o immobili. Al proprietario è dovuta una giusta indennità” ed aggiunge appunto che “le norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi speciali”.
Rispetto al mantenimento del necessario equilibrio tra diritto alla proprietà e sopravvenienza di situazioni di emergenza pubblica, lascia perplessi l’art. 6, comma 9, nella parte in cui dispone: “in ogni caso di contestazione, anche in sede giurisdizionale, non può essere sospesa l’esecutorietà dei provvedimenti di requisizione di cui al presente articolo, come previsto dall’art. 458 del D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che contiene il “Codice dell’Ordinamento Militare”.
Il codice militare sancisce l’operatività della requisizione in caso di guerra ovvero, appunto, di grave crisi internazionale (art. 315, comma 2°).
Il riferimento all’art. 458 C.O.M. che, letto unitamente all’art. 6, co. 9 del Decreto “Cura Italia”, limita il potere/dovere del giudice amministrativo di sospendere cautelativamente i provvedimenti di requisizione.
La trattazione dell’istanza di inibitoria è riservata, dall’art. 85 del D.L. “Cura Italia”, al giudice amministrativo, con decreto pronunziato dal Presidente del Tribunale competente ovvero da altro giudice da lui delegato, mentre la trattazione collegiale dovrà essere fissata ad una data successiva.
La requisizione attribuisce al proprietario il diritto ad un indennizzo, che sarà pari, in caso di requisizione in proprietà, all’interno valore del bene e, in ipotesi di requisizione in uso, ad un quarantaduesimo di detto valore per ciascun mese di durata del provvedimento.
La requisizione in uso potrebbe convertirsi automaticamente in requisizione in proprietà ed a prescindere dalla causa che l’ha determinata, il proprietario, ovviamente, avrà diritto ad una maggiorazione dell’indennizzo, pari alla differenza fra quella prevista per il caso di espropriazione e quella già riscossa per il mancato uso.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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