d.P.R., d.m., d.P.C.M.: una guida sintetica

d.P.R., d.m., d.P.C.M.: una guida sintetica

I decreti del Presidente della Repubblica (d.P.R.), i decreti ministeriali (d.m.) e i decreti del presidente del Consiglio dei Ministri (d.P.C.M.) costituiscono espressione della potestà regolamentare dello Stato e rientrano tutti nell’ambito delle fonti del diritto di rango secondario. Ciò indica il loro valore subordinato rispetto alle fonti di rango primario (leggi, decreti-legge, decreti legislativi, regolamenti parlamentari, statuti delle regioni) e la loro “natura formalmente amministrativa e sostanzialmente normativa”. Dettano, infatti, disposizioni valide nei confronti della generalità dei consociati, applicabili ad una serie indeterminata di casi ed in grado di innovare l’ordinamento giuridico, ma restano comunque sottoposti al sindacato giurisdizionale del Giudice Amministrativo. All’utilizzo delle diverse sigle corrisponde tuttavia un differente trattamento giuridico.

I decreti del Presidente della Repubblica (d.P.R.) costituiscono gli atti che danno forma ai regolamenti governativi e hanno natura “sostanzialmente governativa e formalmente presidenziale”. Questo significa che la volontà appartiene al Governo, ma il Presidente della Repubblica verifica la loro conformità a Costituzione prima di emanare in via ufficiale il decreto con cui sarà recepito il contenuto del regolamento. La L. 400/1988 consente l’utilizzo di questi atti indipendentemente dalla presenza di una legge di autorizzazione espressa attraverso l’individuazione del loro procedimento e delle tipologie fondamentali.

Dovranno, allora, essere deliberati dal Consiglio dei Ministri su proposta di uno o più  Ministri, previo parere del Consiglio di Stato. Si procede, in seguito, all’emanazione del Presidente della Repubblica, al visto e alla registrazione della Corte dei Conti che esercita un controllo preventivo di legittimità. Segue, infine, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale con la dizione d.P.R.

I regolamenti governativi possono essere esecutivi, attuativi, indipendenti, delegati.

I regolamenti esecutivi contengono misure di stretta esecuzione e vengono emanati in materie coperte da riserva assoluta di legge (diritti fondamentali della persona) solo dopo l’entrata in vigore della legge medesima. Discussa è la loro ammissibilità in caso di esecuzione di decreti-legge che di solito indicano essi stessi misure di immediata attuazione.

I regolamenti attuativi figurano soprattutto in materie coperte da riserva solo relativa di legge (artt. 23-97 Cost.). Possono maggiormente integrare quelle previsioni di principio contenute in leggi o in altre fonti di rango primario.

Regolamenti indipendenti invece sono emanati in materie non coperte da riserva assoluta di legge ove non vi sia ancora un’espressa regolamentazione.

Infine, i regolamenti delegati consentono una “delegificazione” ossia un trasferimento di intere sezioni di materie dalla fonte primaria a quella secondaria che dispone anche l’abrogazione delle disposizioni ritenute non più vigenti.

I decreti ministeriali e interministeriali (d.m.) sono regolati in maniera solo generica dalla L.400/1988 perché richiedono una necessaria previsione di legge che espressamente li autorizzi. Ciò significa che ove tale previsione manchi, il ministro competente non potrà emanarli. Non possono, inoltre, dettare disposizioni in conflitto con altre contenute nei regolamenti governativi ed eventuali antinomie saranno risolte con l’applicazione del criterio gerarchico.

Vengono dunque emanati dal Ministro o da più Ministri previo parere del Consiglio di Stato e comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri che può sospenderne l’efficacia e chiedere una deliberazione del Consiglio dei Ministri. Vengono anch’essi pubblicati in Gazzetta Ufficiale con la denominazione d.m. dopo essere stati sottoposti a visto e a registrazione della Corte dei Conti. La legge istitutiva dovrà esattamente individuare competenza, presupposti, contenuto e limiti della potestà regolamentare e potrà indicare anche altri passaggi procedurali rispetto a quelli comunque necessari in forza della L.400/1988. L’adozione dei decreti ministeriali è consentita in qualsiasi materia perché il rispetto del principio di legalità è assicurato dalla legge da cui promanano. Per questo motivo, vista la loro necessaria “tipicità”, la L. 400/1988 non procede ad una classificazione analoga a quella proposta per i regolamenti governativi.

A questa categoria appartengono anche i decreti del presidente del Consiglio (d.P.C.M.). Si tratta, infatti, di regolamenti ministeriali adottati dal Presidente del Consiglio ove vi sia una legge che espressamente li autorizzi. Anche in questo caso, il rispetto della legalità è pienamente assicurato dalla presenza di una legge o di un atto con forza di legge che espressamente ne consenta l’adozione. Il Presidente del Consiglio, infatti, è parte del Governo al pari degli altri ministri e in quanto tale è legittimato ad emettere propri regolamenti ministeriali alle condizioni indicate. Ciò è coerente in ogni caso con i poteri di direzione della politica generale che la Costituzione gli attribuisce ed in generale con la responsabilità per l’attuazione dell’indirizzo politico di maggioranza.

Di recente, il d.P.C.M. è stato utilizzato come misura di contrasto all’emergenza da Covid-19. L’art. 2 del Decreto Legge Cura-Italia ne ha espressamente previsto l’adozione fino alla data del 31 luglio 2020. I d.P.C.M. sono solitamente adottati previo parere di esperti nella materia in cui sono destinati ad operare. Anche in questo caso si è seguita tale soluzione ed è stato per questo istituito un comitato scientifico di esperti nel settore sanitario che valuta costantemente l’evolversi della patologia esprimendo pareri comunque non vincolanti sull’attività del Governo.

Citando in conclusione l’aforisma di un illustre costituzionalista, è giusto pensare che anche in una terribile emergenza come quella che da qualche mese imperversa sulla penisola: “la Costituzione è salva e ci salva!”. Spetterà però alla politica cogliere l’occasione per fare tesoro di quanto accaduto e riprendere finalmente la via tracciata dai Padri Costituenti, via troppe volte abbandonata in nome di interessi di partito con grave nocumento dei lavoratori, dell’ambiente e delle giovani generazioni costrette a pagare le condotte irresponsabili di quelle precedenti.


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Alessandro Baker

Laureato presso l'Università di Napoli Federico II con 110/110 e lode, praticante avvocato ed ex-tirocinante di giustizia ex. art. 73 D.L. 69/2013 nonché collaboratore presso la cattedra di Diritto Pubblico dell'Economia dell' Università Federico II.

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