Dai servizi d’interesse economico generale alla privatizzazione
Sommario: 1. – Introduzione – 2. Il ruolo dei servizi pubblici – 3. Il protocollo sui servizi di interesse generale (SIG) – 4. Il concetto generale di privatizzazione – 5. Conclusioni
1. Introduzione
Negli ultimi anni, i servizi pubblici in generale hanno registrato una fase di profonda trasformazione ed evoluzione sotto una molteplicità di aspetti. Nello specifico, molti ed ampi settori di servizi pubblici sono stati oggetto di fenomeni di liberalizzazione e privatizzazione, posti in essere dal legislatore italiano, spesso sotto la spinta delle indicazioni derivanti dall’ordinamento comunitario.
Detti fenomeni non hanno interessato soltanto gli assetti generali dei settori coinvolti ma hanno inciso e incidono anche in via immediata e diretta sulle forme di gestione di tali servizi, ossia sulla natura giuridica e sulla organizzazione interna dei soggetti imprenditoriali incaricati di gestire tali servizi o comunque coinvolti nella loro gestione.
Anche nel settore dei trasporti, si è assistito allo sviluppo dei partenariati pubblico-privati. A questi ultimi le autorità pubbliche ricorrono sempre più frequentemente al fine di beneficiare del know how del settore privato.
2. Il ruolo dei servizi pubblici
È sicuramente da sottolineare il fatto che la nuova disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, introdotta nel 2008, e riformata negli anni successivi, si mostra spesso in contrasto con alcuni principi comunitari, tra i quali quelli di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici.
L’Unione europea, infatti, riconosce e rispetta il diritto di accedere a servizi d’interesse economico generale, quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell’UE.
Si è assistito ad un recente e sempre maggiore interesse per il ruolo dei servizi pubblici che, in particolare, trovano espressa previsione già nel trattato istitutivo della Comunità europea e poi ancora nel trattato di Lisbona.
Quest’ultimo firmato il 13 dicembre 2007 dai leader dell’Unione europea, ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ha aperto una nuova fase per il futuro dell’Europa. Ha, infatti, fornito il quadro giuridico e gli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle aspettative dei cittadini modificando il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, attualmente in vigore, senza tuttavia sostituirli.
Lo stesso, inoltre, fa espresso riferimento all’importanza dei servizi di interesse economico generale (SIEG) nell’ambito dei “valori comuni dell’Unione”, riconoscendo il ruolo che essi svolgono nella promozione della coesione sociale e territoriale.
A tal proposito, pertanto, si evidenzia quanto stabilito dall’articolo 17 del trattato istitutivo della Comunità europea che nel riconoscere i servizi di interesse economico generale come un “valore comune dell’Unione” stabilisce che l’Unione ed i suoi membri provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano di assolvere i loro compiti.
3. Il protocollo sui servizi di interesse generale (SIG)
Il trattato di Lisbona[1] riconosce che i servizi pubblici costituiscono uno strumento indispensabile per la coesione sociale e regionale e presenta un apposito protocollo che definisce i principi fondamentali per la promozione dell’efficienza dei servizi d’interesse generale, quale punto di partenza dell’azione futura dell’UE in questo campo.
Il protocollo sui servizi di interesse generale [2](SIG), composto da due articoli, verte sulle disposizioni interpretative che saranno annesse al trattato sull’Unione europea ed al trattato sul funzionamento dell’Unione europea e chiarisce che i valori comuni dell’Unione, con riguardo al settore dei servizi di interesse economico:
“comprendono: il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti; la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse; un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utente”.
Il protocollo in analisi, all’articolo 2, specifica che le disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di interesse generale non economico.
Le interpretazioni offerte dal trattato di Lisbona non hanno mutato in alcun modo gli articoli 86 e 87 del trattato istitutivo della Comunità Europea che espressamente assoggettano le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale – o aventi carattere di monopolio fiscale – alle norme del trattato e, in particolare, alle regole di concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata.
Lo sviluppo degli scambi, inoltre, non deve essere compromesso né dev’essere attuato in misura contraria agli interessi della Comunità ed è compito della Commissione vigilare sull’applicazione della menzionata disposizione rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni: la Commissione ha, quindi, il potere di aprire o meno i servizi pubblici alla concorrenza.
4. Il concetto generale di privatizzazione
Uno studio della Comunità Europea ha individuato diversi significati del concetto di privatizzazione, tanto che si può dire che si tratta di una nozione proteiforme.
Ci sono, infatti, una trentina di significati diversi, a seconda che si faccia riferimento ai beni, ai soggetti, alle attività oppure ai rapporti giuridici esistenti, cosicché sarebbe più corretto parlare di privatizzazioni anziché di privatizzazione e l’analisi giuridica offre sottili distinzioni definitorie.
All’interno del settore delle imprese, già in tutto o in parte di proprietà dello Stato o degli Enti Locali e trasformate in società per azioni, si ritiene che la privatizzazione-risultato sia frutto di una complessa situazione giuridica ed economica consistente nella trasformazione formale della soggettività pubblica in soggettività privata (privatizzazione formale). Si tratta di una trasformazione ovviamente eventuale, perché relativa ai soli soggetti in origine di natura pubblica (quali, ad esempio, gli enti pubblici economici) e non anche ai soggetti già di natura privata (quali le società partecipate dallo Stato).
Si parla, invece, di privatizzazione sostanziale quando si ha la trasformazione sostanziale del regime del soggetto da pubblicistico a privatistico e sussistono le condizioni essenziali della libera concorrenza, quali in particolare la libertà degli azionisti di stabilire gli assetti proprietari e sociali nonché la libertà di tutti gli operatori economici di entrare e di uscire dal mercato (cosiddetta liberalizzazione).
Ad oggi soltanto la privatizzazione formale può definirsi un risultato complessivamente raggiunto sia a livello nazionale che locale, essendo la privatizzazione sostanziale ancora in corso per numerosi Enti Pubblici.
La trasformazione in società per azioni degli Enti Pubblici e delle aziende speciali degli Enti Locali può essere considerata un fatto positivo in quanto l’assunzione della veste formale della S.p.A. non soltanto è una condizione necessaria per la successiva privatizzazione sostanziale ma è utile in sé per almeno tre motivi.
In primo luogo, perché a tutte le società per azioni, e quindi anche a quelle che derivano dalla trasformazione di ex Enti Pubblici e di ex municipalizzate, si applicano le norme del codice civile in tema di bilancio, dando, con ciò, maggiore trasparenza e leggibilità ai risultati della gestione delle attività e dei servizi pubblici che alle società sono affidati.
In secondo luogo, le neocostituite società sono soggette alle norme civilistiche in tema di capitale sociale, con ciò costringendo gli amministratori a confrontarsi con i vincoli economici della gestione (le perdite che riducano il capitale sociale al di sotto del limite legale impongono o la ricapitalizzazione delle nuove S.p.A. – ricapitalizzazione talora ostacolata dalla normativa CE in materia di aiuti di stato – oppure la loro liquidazione).
Infine, il terzo motivo è da ricercare nel fatto che gli amministratori delle nuove S.p.A. sono tenuti al perseguimento della causa lucrativa, e quindi non possono effettuare spese improduttive o sostenere oneri impropri (anche se essi fossero giustificati dall’interesse pubblico alla conservazione o all’incremento dell’occupazione, ecc.).
Privatizzazione “sostanziale” significa, invece, dismissione o vendita a privati delle azioni di proprietà diretta o indiretta dello Stato o degli Enti Pubblici.
In merito agli “scopi” o “obiettivi” delle privatizzazioni si è molto discusso ed è ormai opinione condivisa che l’obiettivo primario delle privatizzazioni consiste nel restituire efficienza e competitività alle imprese ex pubbliche, reinserendole in un meccanismo di mercato pienamente concorrenziale.
Tale obiettivo è stato conseguito specialmente in quelle operazioni nelle quali è intervenuto un investitore strategico che ha rilevato il pacchetto di maggioranza o una partecipazione di minoranza cui era connesso tuttavia il potere gestorio, configurandosi così una situazione di controllo congiunto della società.
In estrema sintesi, quindi, i tre principali obiettivi delle privatizzazioni sono: l’aumento dell’efficienza e della competitività delle imprese; la riduzione del debito pubblico; la diffusione dell’azionariato e l’allargamento del mercato borsistico.
La privatizzazione sostanziale implica che venga ceduto il controllo delle società: conseguentemente la vendita di una minoranza di azioni, che lasci il controllo in mano pubblica, non è una vera privatizzazione sostanziale, ma formale, in quanto in questo caso spettano pur sempre al potere pubblico e politico sia la selezione dei manager che gli orientamenti da perseguire.
La privatizzazione sostanziale implica, dunque, che il controllo della società privatizzata sia trasferito non già ad un altro soggetto pubblico ma ad uno o più soggetti privati[3].
Negli ultimi anni si è assistito in Europa allo sviluppo, in numerosi settori, del fenomeno dei partenariati pubblico-privati (PPP).
La Commissione europea, in assenza di una specifica normativa, aveva affermato che il termine PPP si riferisce in generale a “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”.
Trattasi di una forma di cooperazione tra le autorità pubbliche e gli operatori economici – generalmente a lungo termine – caratterizzata dalla partecipazione di un partner privato alle varie fasi del progetto (ideazione, esecuzione e gestione): il partner privato, in particolare, sopporta i rischi tradizionalmente sostenuti dal settore pubblico e spesso contribuisce al finanziamento del progetto stesso.
Tale cooperazione mira segnatamente a finanziare, costruire, rinnovare o sfruttare un’infrastruttura o la fornitura di un servizio e le autorità pubbliche fanno sempre più spesso ricorso ad essa considerati i vincoli di bilancio cui devono far fronte, al fine di beneficiare del know-how del settore privato.
Inoltre, le PPP consentono di realizzare economie nella misura in cui riguardando tutte le fasi di un progetto, dalla sua concezione fino al suo sfruttamento, contribuiscono anche al dibattito comunitario sui servizi di interesse generale (SIG).
Le PPP sono presenti nei trasporti, nella sanità pubblica, nell’istruzione, nella sicurezza, nella gestione dei rifiuti, nella distribuzione d’acqua o di energia e, a livello europeo, esse contribuiscono alla realizzazione dell’“Iniziativa europea per la crescita e delle reti transfrontaliere” (RTE)[4].
Grazie allo sviluppo del partenariato pubblico-privato basato sulla cooperazione fra un soggetto pubblico e un partner privato, entrambe le parti – il governo e gli enti locali da un lato e il settore privato dall’altro – realizzano progetti comuni con vantaggi reciproci, sfruttano il proprio potenziale per il conseguimento di obiettivi non solo commerciali ma anche sociali e garantiscono, in tal modo, una migliore qualità dei servizi prestati.
5. Conclusioni
Si può senza dubbio affermare, in linea con quanto detto dalla maggior parte degli studiosi della materia, che la collaborazione tra pubblico e privato rappresenta una delle manifestazioni più evidenti del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118 della Costituzione ed è espressione di un cambiamento delle modalità con cui le pubbliche amministrazioni perseguono le loro finalità istituzionali. L’interesse pubblico viene così perseguito attraverso l’esternalizzazione di alcune funzioni anche se continua a permanere in capo alla pubblica amministrazione la titolarità delle funzioni svolte. La nuova normativa affida ai contratti di partenariato un ruolo in cui la pubblica amministrazione ed i soggetti privati, realizzano una cooperazione flessibile che consente loro di soddisfare gli interessi di ciascuna parte, nel rispetto delle regole poste alla base dell’azione pubblica per il raggiungimento dei fini istituzionali e innovando la distribuzione dei rischi.
Gli obiettivi di efficacia efficienza ed economicità dell’azione amministrativa vengono raggiunti con l’ausilio dei soggetti privati ai quali vengono affidati funzioni e compiti pubblici di cui resta titolare la pubblica amministrazione.
Bibliografia essenziale
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Libro verde sui servizi d’interesse generale, Bruxelles, 21.5.2003; doc. COM (2003 Codice della Navigazione Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 327
Libro Verde sulle partnership di tipo pubblico privato e sul diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (COM/2004/327) M.
BARUCCI E. – PIEROBON F., Le privatizzazioni in Italia, Carocci, Roma, 2007.
NAPOLITANO G., Le regole per liberalizzare i servizi pubblici, in PAMMOLLI F. – CAMBINI C. – GIANNACCARI A. (a cura di), Politiche di liberalizzazione e concorrenza in Italia, Bologna, 2007.
NAPOLITANO G., Regole e mercato nei servizi pubblici, Bologna, 2006.G. F. CARTEI, Le varie forme di partenariato pubblico-privato. Il quadro generale, in www.giustamm.it, 2010
CEREA, La concessione e il PPP nella prospettiva economica, Relazione Convegno IGI, 14 giugno 2016.
Veronica Bonfanti “Il partenariato pubblico privato alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici” in Amministrazione in Cammino, 20 luglio 2016
Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione
[1] I quattro ambiti di intervento individuati dal trattato sono un’Europa:
1) più democratica e trasparente, che offre ai cittadini maggiori possibilità di far sentire la loro voce e chiarisce la ripartizione delle competenze a livello europeo e nazionale.
2) più efficiente, che semplifica i suoi metodi di lavoro e le norme di voto, si dota di istituzioni più moderne e adeguate ad un’Unione a 27 e dispone di una maggiore capacità di intervenire nei settori di massima priorità per l’Unione di oggi.
3) di diritti e valori, di libertà, solidarietà e sicurezza, che promuove i valori dell’Unione, integra la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario europeo, prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei.
4) protagonista sulla scena internazionale, il cui ruolo sarà potenziato raggruppando gli strumenti comunitari di politica estera, per quanto riguarda sia l’elaborazione che l’approvazione di nuove politiche.
Si tratta di temi che toccano direttamente il cittadino e che hanno un forte impatto sulla vita degli stessi, come le sfide dell’eco-compatibilità e della sicurezza energetica, il diritto transfrontaliero alla salute; la trasparenza amministrativa e politica e la partecipazione democratica. Il Trattato, oltre a rafforzare il controllo democratico dell’Unione europea riconoscendo un ruolo più importante sia al Parlamento europeo che ai parlamenti nazionali, consente, per la prima volta, ad un milione di cittadini di invitare la Commissione a presentare un’iniziativa di loro interesse in un settore di competenza dell’UE.
[2] Protocollo n. 26 del 6 ottobre 2012 sui Servizi di interesse generale
[3] In tal senso si è pronunciata la sentenza del Consiglio di Stato 17 marzo 2000, relativa al caso SEA/Aeroporti di Roma, la quale ha affermato che non costituisce privatizzazione “la semplice sostituzione di un soggetto Pubblico ad un altro soggetto Pubblico”, con la conseguenza che si è ritenuto legittimo escludere dalla gara per l’acquisto per il controllo di Aeroporti di Roma (società da privatizzare) una società a controllo Pubblico (SEA). La medesima Corte con la sentenza 1° aprile 2000, n.1885, ha riconosciuto la legittimità del D.P.C.M. 25 febbraio 1999, relativo alle modalità di vendita di Aeroporti di Roma S.p.A. (“AdR”) che prevedeva il divieto per le imprese pubbliche di acquisire più del 2% del capitale di AdR.
[4] La rete transeuropea di trasporti comprende le infrastrutture (strade, ferrovie, vie navigabili, porti, aeroporti, mezzi di navigazione, piattaforme intermodali, condotte di prodotti) e i servizi necessari al funzionamento di queste infrastrutture.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Valerio Di Stefano
Dottore in Giurisprudenza, laureato presso l'Università degli Studi Roma Tre con tesi in diritto amministrativo.
Dottorando di ricerca in energia e ambiente, collabora con la cattedra di diritto amministrativo presso l'Università degli Studi Roma Tre e con la cattedra di diritto ambientale all'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.
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