Dal diritto di mantenere l’anonimato al diritto di conoscere le proprie origini

Dal diritto di mantenere l’anonimato al diritto di conoscere le proprie origini

La Corte di Cassazione – con sentenza n. 19824/2020 – ha chiarito quando il figlio ha diritto a far riconoscere il proprio status filiationis.

Dibattuta è stata, per molti anni, la questione riguardante il bilanciamento di due contrapposti interessi: da un lato quello del figlio di accedere alle informazioni sulle proprie origini, dall’altro quello della madre a mantenere l’anonimato.

Diritto della madre a mantenere l’anonimato. Dettagliatamente, il diritto della madre a mantenere l’anonimato al momento del parto trova il proprio riconoscimento, nel nostro ordinamento, in una pluralità di norme (art. 30, comma 1, d.P.R. 3 novembre 2000 n. 396; art. 93, comma 1, d.lgs. 196/2003; art. 28, comma 7, l. 4 maggio 1983, n. 184; l’allegato del d.m. 16 luglio 2001, n. 349) che – integrandosi tra loro – ne consentono un’ampia tutela.

Altresì, il diritto della madre a mantenere l’anonimato ha trovato riconoscimento in un intervento della Consulta che, con Sentenza n. 278/2013, ha evidenziato sia l’esigenza di salvaguardare la madre ed il neonato da qualsiasi perturbamento da cui possa discendere pericolo per la salute psico-fisica o l’incolumità di entrambi, sia l’esigenza di creare le premesse perché la nascita possa avvenire nelle migliori condizioni possibili.

Diritto del figlio a conoscere le proprie origini. Parallelamente, si è cercato di conciliare il suddetto diritto all’anonimato della madre con il diritto del figlio a conoscere le proprie origini ex art. 8 CEDU.

In particolare – con Sentenze Cass. 24292/ 2016; Cass. 11887/2015; Cass. 4020/2017 – è stato statuito che “il diritto del figlio ad uno status filiale corrispondente alla verità biologica costituisce una delle componenti più rilevanti del diritto all’identità personale che accompagna senza soluzione di continuità la vita individuale e relazionale non soltanto nella minore età, ma in tutto il suo svolgersi. L’incertezza su tale status può determinare una condizione di disagio ed un vulnus allo sviluppo adeguato ed alla formazione della personalità riferibile ad ogni stadio della vita. La sfera all’interno della quale si colloca il diritto al riconoscimento di uno status filiale corrispondente a verità attiene al nucleo dei diritti inviolabili della persona (artt. 2 Cost. e 8 CEDU) intesi nella dimensione individuale e relazionale”.

La tutela del diritto all’accertamento dello status filiationis trova ulteriore conferma nella previsione della imprescrittibilità dell’azione di accertamento giudiziale sia della paternità che della maternità, nonché nel disposto dell’art. 269, comma 2, cod. civ., laddove recita “la prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo”.

Bilanciamento dei diritti. Tuttavia – nel bilanciamento dei suddetti, contrapposti, diritti – quello della madre a mantenere l’anonimato si pone in posizione preminente e non può essere in alcun modo sacrificato o compromesso per tutta la durata della vita della madre stessa.

Tale regola può, al limite, essere derogata solo ove fosse stata proprio la madre – in modo inequivocabile – ad aver manifestato la volontà di revocare nei fatti la scelta, a suo tempo presa, di rinuncia alla genitorialità giuridica.

Ancora, con Sent. Cass. 15024/2016 e Cass. 22838/2016 si è statuito che la tutela dell’anonimato non si esaurisce con la morte della madre, non dovendosi escludere la protezione dell’identità “sociale” costruita in vita da quest’ultima, in relazione al nucleo familiare e/o relazionale eventualmente costituito dopo aver esercitato il diritto all’anonimato.

Novità alla luce della Sentenza n. 19824/2020. A diverse conclusioni si deve addivenire – alla luce della Sent. Cass. 22 settembre 2020, n. 19824 – con riferimento al periodo successivo alla morte della madre, in relazione al quale il diritto all’anonimato è suscettibile di essere compromesso, o indebolito, in considerazione della necessità di fornire piena tutela al diritto all’accertamento dello status filiazione.

Con tale pronuncia, la Cassazione ha affermato che – venendo meno per effetto della morte della madre, l’esigenza di tutela dei diritti alla vita ed alla salute, che era stata fondamentale nella scelta dell’anonimato – non vi sono più elementi ostativi non soltanto per la conoscenza del rapporto di filiazione, ma anche per la proposizione dell’azione volta all’accertamento dello status di figlio naturale, ex art. 269 cod. civ.


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Silvia Sorci

Silvia Sorci, nata a Palermo il 24/08/1989.Ho conseguito Laurea Magistrale in Giurisprudenza in data 9/03/2017;Ho frequentato per 18 mesi il praticantato obbligatorio presso uno studio legale specializzato in diritto civile;In data 14/11/2019 mi sono, infine, abilitata all'esercizio della professione forense presso il Tribunale di Palermo;

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