Dalla locazione finanziaria al contratto di disponibilità: il leasing immobiliare pubblico

Dalla locazione finanziaria al contratto di disponibilità: il leasing immobiliare pubblico

Sommario: 1. Premessa – 2. La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità – 3. Il contratto di disponibilità – 4. Considerazioni conclusive

 

1. Premessa

Scopo del presente elaborato è di focalizzare l’attenzione su alcune forme di collaborazione tra settore pubblico e settore privato già previste dal Codice dei contratti pubblici, ma senza dubbio meno conosciute nonché valide alternative al più tradizionale contratto di concessione.

Più segnatamente, nei paragrafi seguenti si tratterà del contratto di leasing nell’ambito del contesto pubblicistico.

Invero, se da un lato il leasing rappresenta una forma di finanziamento già largamente impiegata dalle imprese private, resta tuttavia uno strumento finanziario di cui anche la PA può senz’altro avvalersi.

Inoltre, nel soffermarsi su di un settore strategico quale quello delle opere pubbliche, non si mancherà di dar conto degli innumerevoli vantaggi che potrebbero derivare  dall’acquisizione di immobili, da parte della pubblica amministrazione, proprio mediante locazione finanziaria e contratto di disponibilità.

Del resto, l’impatto e gli effetti che conseguirebbero da un efficientamento nonché da una maggiore diffusione di questa tipologia di contratti pubblici non possono essere trascurati, soprattutto se si considera che tra le attività finanziate attraverso il leasing immobiliare pubblico figurano, in modo particolare, operazioni “chiavi in mano” quali parcheggi, ospedali, capannoni e scuole.

Tuttavia, il punto nevralgico del lavoro risiede senza dubbio nell’analisi delle due ipotesi di leasing immobiliare pubblico attualmente contemplate dal Codice dei Contratti Pubblici: la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità ed il contratto di disponibilità.

Come si avrà modo di vedere, infatti, una volta rispettate alcune procedure così come i vincoli normativi conseguenti, per l’appunto, all’utilizzo dell’istituto da parte di soggetto pubblico, la natura di contratto “atipico” non impedisce affatto alla PA di stipulare contratti di leasing, come qualsiasi altro soggetto privato.

Dopotutto, dovendosi ciascuna pubblica amministrazione ispirare ai criteri di efficienza, efficacia ed economicità, il leasing immobiliare pubblico rappresenta a tutt’oggi una valida alternativa in termini di finanziamento delle opere pubbliche, in quanto più economico e di minor incidenza negativa sul bilancio e sulla collettività. 

2. La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità 

Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera ggg) del Codice dei contratti pubblici: “Ai fini del presente codice, si intende per ‘locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità’ il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori”.

Una definizione sicuramente troppo scarna per questo contratto misto, se non fosse per l’integrazione rinvenibile nel successivo articolo 187.

Complessivamente, risulta un contratto tramite cui una parte si obbliga a realizzare un immobile corrispondente alle esigenze della Pubblica Amministrazione – finanziandone o facendosene finanziare da un terzo pure il costo – per poi concederlo in locazione alla medesima a fronte di canoni periodici; alla scadenza del contratto il locatario utilizzatore ha un’alternativa: restituire il bene oppure acquistarlo, corrispondendo il prezzo di riscatto1. 

Una figura contrattuale siffatta trova senza dubbio il suo punto di riferimento nel contratto di leasing civilistico2, e nell’ambito pubblico è consentito alla PA farne uso allo scopo di realizzare e completare opere pubbliche o di pubblica utilità (cd. leasing immobiliare in costruendo).

Similmente, l’amministrazione ha la possibilità di stipulare con un operatore privato un contratto con ad oggetto l’utilizzazione e l’acquisizione di opere già esistenti (cd. leasing immobiliare costruito); tuttavia, a ben vedere, in quest’ultima ipotesi pare doversi piuttosto applicare la disciplina dei contratti di appalto esclusi di cui all’articolo 17 del Codice dei contratti pubblici3.

Ovviamente nel nostro sistema amministrativo è ammessa anche la locazione finanziaria dei beni mobili (leasing mobiliare), la quale però esula dall’ambito operativo dell’articolo 187 del Codice.

Dunque, con il contratto di locazione finanziaria viene posto in essere un vero e proprio appalto pubblico di lavori, al quale però si accompagna un finanziamento di carattere squisitamente privato nonché irrimediabilmente condizionato alla realizzazione dell’opera4.

Nondimeno, è lo stesso Codice a ricondurre questa fattispecie alla categoria dei contratti di partenariato pubblico privato5: invero, a differenza dell’appalto, i rischi legati all’operazione gravano concretamente sull’operatore privato, con tutte le conseguenze del caso in termini di contabilizzazione e di applicazione delle decisioni Eurostat6.

Per di più, pur usufruendo da subito dell’opera pubblica necessaria all’erogazione di uno specifico servizio pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice incomincerà a rimborsarne il costo al partner privato solo nel corso della durata contrattuale o addirittura a collaudo avvenuto, con la corresponsione di canoni periodici. 

Sennonché i vantaggi che discendono dalla predisposizione di un leasing in costruendo non si limitano all’aspetto economico: oltre alla certezza dei costi – essendo l’opera chiavi in mano e dunque per la PA priva dei rischi concernenti le caratteristiche del bene stesso –, per mezzo di un contratto di locazione finanziaria si arriva a concentrare in un unico procedimento tanto l’edificazione quanto il finanziamento di un’opera pubblica o di pubblica utilità. 

In effetti, per quanto attiene all’aspetto procedimentale, si prefigura una gara unica: in questo senso, il solo bando ex comma 2 e tanto più la facoltà di sostituzione da parte di ciascuno dei soggetti in caso di raggruppamento temporaneo ex comma 3.

Dopotutto, nella fase di affidamento, “attesa la qualificazione normativa come appalto di lavori con una componente accessoria di servizi (salvo la residuale ipotesi inversa) trovano logicamente applicazione le disposizioni contemplate dal Codice per l’affidamento di lavori/opere pubbliche o di pubblica utilità, che non siano derogate dalla disciplina propria dell’istituto di cui all’articolo 187 o dalla normativa applicabile a tutti i contratti di PPP”7.

Di talché, l’aggiudicazione del contratto verrà effettuata sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (rapporto qualità/prezzo). 

Del resto, il Legislatore si è limitato a disporre che se da un lato l’amministrazione è tenuta a porre a base di gara quantomeno un progetto di fattibilità (consentito quindi anche un progetto definitivo od esecutivo), i cui elementi principali vanno a comporre il bando, dall’altra spetta invece al contraente privato predisporre i livelli progettuali successivi.

Nondimeno, ancor più scarna la normativa codicistica circa la fase esecutiva del contratto di locazione finanziaria: aldilà del comma 4, “non si ritrovano indicazioni sui rapporti o su aspetti specifici relativi alle modalità di utilizzo del bene immobile, né altre indicazioni operative sulle modalità di erogazione del canone e l’applicazione di penali”8. 

3. Il contratto di disponibilità 

Proseguendo nella disamina delle fattispecie giuridiche che vengono espressamente ricondotte ai contratti di partenariato pubblico privato ex articolo 180, comma 8, ci si imbatte nel contratto di disponibilità: nonostante i numerosi punti in comune9, rispetto alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità di cui al precedente paragrafo, in merito alla procedura di affidamento come pure alla fase esecutiva questo dispone di una regolamentazione molto dettagliata, per non dire ipertrofica. 

Tutto sommato, un modus operandi di questo tipo lo si ritrova fin da subito nella definizione del contratto di disponibilità che ne dà l’articolo 3, comma 1, lettera hhh) del Codice dei contratti pubblici: “Ai fini del presente codice, si intende per ‘contratto di disponibilità’ il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spese dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Si intende per messa a disposizione l’onere assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti”. 

A primo impatto, quindi, il Legislatore sembra aver voluto configurare una figura contrattuale ibrida, che mescolasse elementi tipici della concessione e del leasing immobiliare costruito con quelli dell’acquisto di cosa futura; come se non bastasse, sembra averlo delineato seguendo pedissequamente i criteri di cui alle decisioni Eurostat e Sec 2010, al punto che, tra quelli elencati nell’articolo 180, comma 8 del Codice, è indubitabilmente il contratto di PPP più aderente al rischio di disponibilità. 

E coerentemente con questa impostazione, la maggior parte della dottrina lo ritiene la fattispecie partenariale più consona alla realizzazione di opere cd. fredde nelle quali, per l’appunto, la funzione sociale spicca di gran lunga sulla remunerabilità economica.

Pertanto, l’affidatario di un contratto di disponibilità, risulta essere colui che si obbliga a costruire, se necessario, ed in ogni caso a mettere la PA nella condizione di usufruire pienamente di un’opera, a differenza dell’appalto, di regime privatistico; peraltro, come si vedrà infra, c’è sempre la possibilità di trasferirne la proprietà all’amministrazione aggiudicatrice (ipotesi comunque meramente eventuale).

Del resto, a completamento dell’enunciato ex articolo 3, tutti gli ulteriori profili del contratto di disponibilità risultano puntualmente disciplinati nell’articolo 188 del Codice dei contratti pubblici. 

Per quanto concerne la normativa codicistica, la peculiarità di questo contratto attiene sicuramente al corrispettivo del soggetto privato, che ai sensi dell’articolo 188, comma 1 si compone di tre remunerazioni (necessarie o soltanto eventuali, in base all’accordo di specie): innanzitutto un canone cd. di disponibilità, che il soggetto pubblico è tenuto a corrispondere solo a partire dal momento in cui entra concretamente nella disponibilità del bene; tra l’altro, qualora si presentino periodi di scarsa o mancata utilizzabilità dell’opera per manutenzione, vizi o qualsiasi altro motivo non rientrante nei rischi posti a carico dell’amministrazione, questo può essere proporzionalmente ridotto od addirittura annullato.

Inoltre, può essere eventualmente previsto un contributo in corso d’opera – comunque non superiore al cinquanta 50% del costo di costruzione – ma solo nel caso in cui si sia effettivamente stabilito di trasferire la proprietà dell’opera all’amministrazione.

E sempre nell’ipotesi di trasferimento della proprietà può darsi che, al termine del contratto, l’amministrazione aggiudicatrice debba corrispondere un prezzo finale, parametrato – in relazione ai canoni già versati ed all’eventuale contributo in corso d’opera – al valore di mercato residuo dell’opera. 

Come si è avuto modo di accennare, è l’operatore privato che, a fronte di siffatto corrispettivo, si accolla per l’intera durata contrattuale tutti i rischi legati all’operazione, tanto quelli correlati alla costruzione quanto quelli correlati alla gestione tecnica dell’opera.

Ciò nonostante, per espressa previsione legislativa, l’affidatario è da considerarsi esente dai rischi derivanti dal mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta ed ogni altro atto di natura amministrativa: di fatto, salvo diversa disposizione contrattuale, questi restano sempre a carico dell’amministrazione.

Per quanto riguarda invece la scelta del partner privato, da espletarsi tenendo sempre presente il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (rapporto qualità/prezzo), è prevista una procedura ad evidenza pubblica fondata su di un capitolato prestazionale10 predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice stessa.

Il documento dovrà contenere una minuziosa e dettagliata descrizione di tutte le necessità e i fabbisogni che si intendono soddisfare con l’opera, sia sotto il profilo tecnico e funzionale, sia sotto quello economico e finanziario. Tali elementi sono indispensabili per consentire l’operatività delle clausole contrattuali relative al canone di disponibilità11, dato che il capitolato contiene già le modalità per calcolarne la riduzione nell’eventualità di un inadempimento agli standard pattuiti. 

Dall’altro lato, ciascun concorrente si propone alla stazione appaltante presentando un progetto di fattibilità rispondente alle caratteristiche indicate, corredato non solo dalle garanzie ordinarie, ma anche da una garanzia fideiussoria pari al 2% del prezzo base indicato nel bando o nell’invito (a sua scelta, sotto forma di cauzione o di fideiussione); in aggiunta, è dovuta una garanzia definitiva pari al 10% dell’importo contrattuale da parte di colui che risulti aggiudicatario del contratto. 

Semmai sia consentito ravvisare una singolarità del contratto di disponibilità dal punto di vista procedurale, quella la si ha nella disposizione ex articolo 188, comma 5: a differenza degli appalti e delle concessioni, infatti, è il solo affidatario ad approvare – senza comunque poter trasgredire né al progetto di fattibilità tecnica-economica approvato né alle norme ed ai provvedimenti applicabili – sia la progettazione definitiva ed esecutiva sia le eventuali varianti in corso d’opera che egli ritiene opportune per una maggiore economicità di costruzione o gestione.

Tuttavia, ogni volta siffatta approvazione deve essere preceduta da una comunicazione all’amministrazione aggiudicatrice; ciò è dovuto al fatto che quest’ultima può motivatamente opporsi, purché entro il termine di 30 giorni, laddove vi siano profili progettuali che si discostano da quanto fissato nel capitolato prestazionale.

Come ulteriore garanzia a tutela del soggetto pubblico, il quale deve essere posto nella condizione di poter verificare che quanto pattuito con l’operatore economico privato sia stato correttamente eseguito, il Legislatore ha previsto che l’attività di collaudo dell’opera rimanga, senza eccezioni, in capo al committente pubblico.

In sintesi, il contratto di disponibilità presenta un collaudo innegabilmente più incisivo e penetrante del solito.

Invero, questa attività mira a verificare che la realizzazione dell’opera sia avvenuta nel pieno rispetto di quanto indicato nel capitolato prestazionale nonché delle norme e disposizioni cogenti.

Una volta terminato l’accertamento, per assicurare la conformità suesposta, la stazione appaltante stessa può prescrivere modificazioni, varianti e rifacimento di lavori eseguiti oppure, a patto che siano a qualsiasi modo assicurate le caratteristiche tecniche e funzionali essenziali, la riduzione del canone di disponibilità.

Dopotutto, “il canone di disponibilità può essere oggetto di riduzione proporzionale o, addirittura di annullamento, anche nel corso della fase di ‘messa a disposizione’/utilizzo dell’opera, rispettivamente nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell’amministrazione aggiudicatrice12.

Nondimeno, sempre a norma del comma 6, ciò potrà avvenire solo tenendo ben presente la soglia minima di riduzione del canone individuata dal contratto, oltrepassata la quale il rapporto tra le parti si risolve automaticamente, finanche a tutela dei soggetti finanziatori.

4. Considerazioni conclusive

Orbene, tenuto conto delle numerose criticità che l’Italia sta riscontrando nel redigere il proprio piano di rilancio nell’ambito dei finanziamenti del Next Generation EU, non pare trascurabile la circostanza per cui il leasing finanziario pubblico abbia fatto ingresso nel nostro ordinamento – più segnatamente nell’abrogato Codice dei Contratti pubblici13 – per mezzo di quel cd. Decreto Liberalizzazioni14 che mirava al rilancio ed alla crescita di un Paese ancora tramortito dalla crisi finanziaria del 2008.

Si è così inteso dotare la PA di una figura negoziale in grado di garantirle la disponibilità di immobili ed infrastrutture funzionali all’erogazione di pubblici servizi con il minimo rischio, e soprattutto con la possibilità di contabilizzarne i costi off-balance.

Di talché, a fronte della crisi economica che l’Italia si trova nuovamente ad affrontare, da un lato, e delle sfide che l’attendono, dall’altra, viene facile pensare come – ancora una volta – una delle possibili chiavi di volta possa essere rinvenuta nell’efficientamento della collaborazione tra imprese e pubblica autorità.

Invero, nonostante l’istituto in esame non sia certo immune da critiche – dovute soprattutto ad una normativa spesso troppo formale e farraginosa –, tra gli strumenti più promettenti di cui la contrattualistica pubblica italiana a tutt’oggi dispone, vi sono senz’altro la locazione finanziaria ed il contratto di disponibilità.

Del resto, dopo decenni di archetipi contrattuali antagonisti, all’orizzonte sembrano finalmente delinearsi finanche delle strutture giuridiche di tipo collaborativo, ove tanto la sfera pubblica quanto quella privata rivestono la medesima importanza in tutte le fasi del procedimento.

E quando funziona, lo schema logico-giuridico delle collaborazioni non può che apportare benefici al mercato dei contratti pubblici per mezzo di meccanismi in grado di trasformare l’eterna rivalità tra amministrazioni ed imprese in una stabile alleanza diretta alla realizzazione di un obiettivo comune15.

 

 

 

 

 


1 Cfr. G. Santi (2019), Il partenariato pubblico-privato ed il contratto di concessione nella normativa europea e nazionale. Gli interventi di sussidiarietà orizzontale ed il baratto amministrativo. Il contraente generale, in Diritto dei contratti pubblici. Assetto e dinamiche evolutive alla luce del nuovo codice, del decreto correttivo 2017 e degli atti attuativi, Mastragostino F. (a cura di), Torino, Giappichelli, pp. 189-190.
2 Contratto atipico di derivazione anglosassone, che di recente ha trovato un inquadramento normativo anche nel nostro ordinamento ad opera della L. 4 agosto 2017, n. 124 in materia di concorrenza.
3 Si veda AVCP, “Linee guida sulle operazioni di leasing finanziario e sul contratto di disponibilità”, 22 maggio 2013, determinazione n. 4.
4 M. Viggiani (2018), Le forme di partenariato, in Appalti Pubblici, Cabiddu M.A., Colombo M.C. (a cura di), Milano, Il Sole 24 Ore Editore, p. 29.
5 Contra A. Di Giovanni (2012), Il contratto di partenariato pubblico privato tra sussidiarietà e solidarietà, Torino, Giappichelli, p. 111.
6 Sul punto, ex multis, C. Conti Sez. Riun., deliberazione n. 49, 2 agosto 2011.
7 G. Santi, op. cit., p. 189.
8 M. Viggiani, op. cit., p. 33.
9 Sul punto, si veda G. Fidone (2012), “Dalla locazione finanziaria al contratto di disponibilità: l’evoluzione del contratto di leasing immobiliare pubblico”, Foro Amministrativo TAR, p. 1059.
10 M. Viggiani, op. cit., p. 36.
11 Si consideri, sul punto, Cons. St., comm. spec., parere n. 855, 1 aprile 2016.
12 G. Santi, op. cit., p. 202.
13 D.lgs. 163/2006. 
14 D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, come convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.
15 Sul punto, si veda Valaguzza S. (2019), Collaborare nell’interesse pubblico. Perché passare da modelli antagonisti agli accordi collaborativi, Napoli, Editoriale Scientifica.

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Ilaria Baisi

Laureata cum laude in Giurisprudenza (percorso transnazionale), è attualmente dottoranda di ricerca in Diritto Amministrativo e dell'Ambiente presso l'Università degli Studi di Firenze. È allieva del seminario di Studi e Ricerche Parlamentari "Silvano Tosi" e nel 2022 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

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