Dalla responsabilità precontrattuale nei rapporti tra i privati alla responsabilità precontrattuale nei rapporti tra pubblica amministrazione e privati

Dalla responsabilità precontrattuale nei rapporti tra i privati alla responsabilità precontrattuale nei rapporti tra pubblica amministrazione e privati

Sommario: 1. Premessa – 2. Le ipotesi di responsabilità precontrattuale di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. – 3. La teoria dei vizi incompleti – 4. Il dibattito sulla natura della responsabilità precontrattuale e i danni risarcibili – 5. La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione

 

 

1. Premessa 

Il rapporto tra Pubblica Amministrazione e privati è venuto a collocarsi in un contesto normativo profondamente modificato rispetto a quello degli anni passati ed è caratterizzato dal progressivo avvicinamento del diritto amministrativo al diritto civile.

Ciò appare evidente, in particolare, con riguardo alla progressiva estensione della responsabilità precontrattuale ai soggetti pubblici. Pertanto, anche i comportamenti amministrativi “scorretti”, ovvero contrari al dovere di buona fede, fanno sorgere in capo al privato incolpevole il diritto al risarcimento del danno.

2. Le ipotesi di responsabilità precontrattuale di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.

Nel sistema del codice civile vigente la fase delle trattative e della formazione del contratto è disciplinata da regole di comportamento e regole di validità, tra cui rilevano quelle che disciplinano i vizi del consenso (errore, violenza e dolo) di cui agli artt. 1427 c.c. e seguenti.

Con riguardo alla fase delle trattative, la violazione di regole di comportamento di una delle parti determina la responsabilità precontrattuale per lesione della libertà negoziale altrui.

Il codice civile disciplina due ipotesi di responsabilità precontrattuale agli articoli 1337 e 1338 c.c.

L’art. 1337 c.c. richiama la regola della buona fede. Essa trova espressione in diverse norme del codice civile atteso che tale regola deve presiedere ogni fase del rapporto contrattuale (trattative, formazione del contratto, esecuzione, interpretazione).

In particolare, la buona fede precontrattuale costituisce una clausola generale espressione del principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione e rileva sotto due aspetti, lealtà e salvaguardia. Infatti, essa comporta l’obbligo di comportarsi lealmente e di salvaguardare l’utilità dell’altra parte nei limiti dell’apprezzabile sacrificio.

L’obbligo di buona fede si caratterizza per la sua elasticità nel senso che da esso è possibile trarre una serie di obblighi ulteriori in base alle circostanze concrete e la cui violazione comporta responsabilità precontrattuale.

Normalmente vengono ricondotti alla buona fede gli obblighi di informazione[1], chiarezza[2], segreto[3].

Con riguardo al dovere di informazione, esso è inteso in senso ampio; tuttavia, occorre rilevare che non ogni reticenza è illecita dovendosi distinguere le omissioni informative consentite e quelle sleali. Infatti, l’obbligo di informazione trova un limite nell’onere di informarsi, espressione del principio di autoresponsabilità che grava su ciascun soggetto nella fase delle trattative. Pertanto, se la parte non adempie al suo onere di informazione non potrà ricevere tutela giuridica.

La violazione della regola di comportamento di cui all’art. 1337 c.c. può discendere anche dal recesso ingiustificato nelle trattative. Infatti, durante questa fase le parti sono libere di decidere se pervenire alla conclusione del contratto; tuttavia, esse sono tenute ad evitare di assumere comportamenti scorretti in grado di ledere il legittimo affidamento della controparte.

Il recesso ingiustificato può essere sia doloso che colposo. Ricorre la prima ipotesi quando il soggetto intraprende le trattative con l’intenzione di non concluderle. Si ha la seconda ipotesi quando, ad esempio, il soggetto avvia le trattative senza valutare correttamente la sua possibilità di portarle a termine.

Una particolare ipotesi di responsabilità precontrattuale è disciplinata dall’art. 1338 c.c. del codice civile e riguarda l’obbligo di comunicazione delle cause di invalidità del contratto. Tale norma prevede la responsabilità della parte che, conoscendo o dovendo conoscere suddette cause, non ne ha dato notizia all’altra parte.

In merito all’ipotesi disciplinata dall’art. 1338 va evidenziato che la notizia di cause di invalidità secondo l’orientamento dominante, deve essere interpretata in senso ampio ricomprendendo in essa i casi di nullità, annullabilità ed inefficacia. Inoltre, la norma presuppone l’assenza di colpa nell’altra parte. Sul punto la stessa giurisprudenza ha precisato che non sussiste la responsabilità precontrattuale quando l’invalidità deriva da una norma di legge rispetto alla quale vale la presunzione assoluta di conoscenza da parte della generalità dei cittadini.

3. La teoria dei vizi incompleti

In tema di responsabilità precontrattuale, secondo un orientamento, accanto alle ipotesi previste dagli artt. 1337 e 1338 del c.c., si può configurare una particolare forma di responsabilità precontrattuale derivante dai cosiddetti vizi incompleti del contratto che non sono in grado di provocarne l’annullabilità.

Il dibattito nasce dalla tradizionale distinzione tra regole di condotta e regole di validità. Le prime attengono al contegno delle parti nella fase delle trattative e la loro violazione può comportare responsabilità ma non invalidità del contratto. Le seconde espongono il negozio all’invalidità.

Le regole di condotta sono regole di responsabilità salvo che il legislatore non le qualifichi come regole di validità.

I vizi incompleti o quasi vizi sono comportamenti scorretti sono comportamenti scorretti che consistono nella violazione di regole di comportamento precontrattuale non disciplinate dal legislatore quali regole di validità. Un’ipotesi è il dolo incidente disciplinato dall’art. 1440 c.c., inserito tra le norme in materia di vizi del consenso.

Ai sensi dell’art. 1439 c.c. il dolo è causa di annullamento quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato.

Si ha invece, il dolo incidente di cui all’art. 1440 c.c. quando i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso  ma comunque, senza di essi, il contratto sarebbe stato concluso a condizioni diverse. In tal caso la parte vittima di raggiri potrà agire con il rimedio risarcitorio derivante  dall’art, 1337 c.c. in tema di responsabilità precontrattuale.

In passato, la giurisprudenza riteneva che la responsabilità precontrattuale da contratto valido poteva essere ammessa solo nei casi previsti espressamente dal legislatore. Di recente, invece, l’orientamento dominante ritiene che l’art. 1440 c.c. è un principio generale applicabile anche ad altre ipotesi come alla lesione “intra midium” che non comporta l’applicazione dell’art. 1448 c.c.

La teoria dei vizi incompleti ha trovato particolare espressione nella sentenza del 23 marzo  n. 5762 del 2016 della Corte di Cassazione. Con tale sentenza, il Giudice di legittimità ha  evidenziato che la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, bensì anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto.

4. Il dibattito sulla natura della responsabilità precontrattuale e i danni risarcibili

Con riguardo alla natura della responsabilità precontrattuale, secondo un primo orientamento la responsabilità precontrattuale avrebbe natura aquiliana. Tale tesi parte dal presupposto che nella fase delle trattative il vincolo contrattuale non si è ancora formato e, pertanto, i soggetti coinvolti non sono ancora tenuti al rispetto delle obbligazioni contrattuali; pertanto, vale solo il principio del neminem ledere di cui all’art 2043 c.c..

Secondo un’altra tesi, oggi prevalente, nella fase delle trattative tra i soggetti in contatto si istaura un legame tale simile a quello contrattuale, da contatto sociale, che ingenera il reciproco affidamento dei contraenti ed è qualificato dagli obblighi di buona fede, di informazione e di protezione[4].

In tema di responsabilità precontrattuale, un’altra questione dibattuta riguarda la delimitazione dei danni risarcibili. Secondo l’orientamento prevalente, con riguardo alle ipotesi di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c., i danni risarcibili sono limitati al cosiddetto interesse negativo, derivante dal pregiudizio subito dalla parte per essere stata coinvolta in trattative inutili o per aver impiegato risorse ed energie nella conclusione di un contratto invalido o inefficace. Il danno è risarcibile nelle due componenti del danno emergente, consistente nelle spese sostenute nel corso delle trattative e del lucro cessante, che consiste nella perdita delle occasioni di eventuali stipulazioni con altri soggetti di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi. Nel caso di responsabilità precontrattuale da contratto valido si farà riferimento all’interesse positivo differenziale, ossia alla differenza tra ciò che il contratto è e ciò che sarebbe stato in assenza della violazione della regola di condotta precontrattuale.

5. La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione

Per lungo tempo sia la dottrina che la giurisprudenza hanno negato la possibilità di configurare in capo alla PA la responsabilità precontrattuale sul presupposto che essa nello svolgimento della sua attività volta al perseguimento dell’interesse pubblico, non poteva compiere atti illeciti. Inoltre si evidenziava che l’apprezzamento da parte del giudice ordinario delle ragioni del recesso dalle trattative da parte della PA, avrebbe comportato un giudizio sull’esercizio discrezionali dei poteri dell’Amministrazione, travalicando i limiti della giurisdizione ordinaria.

Successivamente è stata progressivamente riconosciuta la responsabilità precontrattuale della PA.

In particolare fino al 2018 si riteneva che tale responsabilità della PA poteva sorgere solo dopo in presenza di una aggiudicazione valida non seguita dalla stipula del contratto sulla cui conclusione il privato abbia fatto ragionevole affidamento[5].

 Nel 2018 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato[6] ha chiarito che il principio di buona fede, per la sua rilevanza costituzionale, opera ogni qual volta viene in rilievo una situazione relazionale qualificata tra PA e privati, capace di generare ragionevoli affidamenti e fondate aspettative. Pertanto, la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione si può configurare anche nei momenti precedenti l’aggiudicazione, sia prima che dopo la pubblicazione del bando, a condizione che vi siano i seguenti presupposti:  1) che l’affidamento incolpevole risulti lesa da una condotta della PA oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; 2) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile alla PA, a titolo di colpa o dolo; 3) che il privato provi sia il danno- evento (ovvero la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale) , sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa della condotta scorretta della PA) , sia il nesso di causalità tra tali danni e il comportamento della PA.

L’estensione della responsabilità precontrattuale alla PA operata dalla giurisprudenza costituisce un ulteriore tassello importante ai fini dell’ampliamento della sfera di tutela del privato nei confronti nei soggetti pubblici e del ridimensionamento dello squilibrio che per lungo tempo ha caratterizzato il rapporto tra Amministrazione e singolo.

 

 

 

 

 


Bibliografia
CARINGELLA F., MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, 2020;
CARINGELLA F.- BUFFONI L., MANUALE DI DIRITTO CIVILE, 2020
FRATINI, MANUALE SISTEMATICO DI DIRITTO CIVILE, 2020
GAROFOLI ROBERTO, MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, 2020.

[1] L’obbligo di informazione comporta che ciascuna parte è tenuta a comunicare all’altra le circostanze rilevanti ai fini della conclusione del contratto.
[2] L’obbligo di chiarezza impone a ciascuna impone a ciascuna parte di utilizzare nella fase delle trattative un linguaggio chiaro e comprensibile.
[3] Il dovere di segreto implica che le parti sono tenute a non divulgare le notizie apprese nella fase precontrattuale.
[4] Cass. Civ, I Sez., sentenza del 12/07/2016 n. 14188.
[5] Cons. Stato SEZ III, 15 APRILE 2016, N. 1532.
[6] Cons. Stato, A.P., 4 maggio 2018 n. 5.

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