Dalla tutela infortunistica alla salute e sicurezza nei nuovi luoghi del lavoro

Dalla tutela infortunistica alla salute e sicurezza nei nuovi luoghi del lavoro

Nel settembre del 2020, in un momento di tregua nell’andamento del contagio da Coronavirus, un’impiegata amministrativa di un’azienda metalmeccanica di Treviso in lavoro agile (concordato con il datore di lavoro) scivola da un gradino della propria abitazione mentre è impegnata in una conversazione telefonica inerente una questione lavorativa. La denuncia presentata all’Inail subito dopo la refertazione dell’unità operativa di emergenza sanitaria del locale pronto soccorso rileva danni all’apparato muscolo-scheletrico con postumi permanenti per i quali, in conclusione, viene riconosciuto l’infortunio sul lavoro e il conseguente indennizzo[1]. È il primo caso registrato di infortunio in lavoro agile che rende attuale la copertura assicurativa per gli infortuni e le malattie professionali risalendo di conseguenza, a ritroso, a quali siano gli obblighi di salute e sicurezza nelle moderne prestazioni da remoto derogati in tutta la fase transitoria negli aspetti più formali (l’informativa sui rischi[2]) e quindi in via di interpretazione e perfezionamento.

L’integrità psico-fisica del lavoratore, nella legge sul lavoro agile, è schermata da ben due articoli appositamente dedicati, alternativamente inerenti la “sicurezza sul lavoro” (articolo 22) e l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali” (articolo 23) con altri richiami ad essi correlati (articolo 18[3]). Quello che il primo caso di infortunio in lavoro agile ha reso tacito per tutti gli addetti ai lavori è che lo svolgimento della prestazione da remoto non influisce sul ricorrere o meno dei requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti ai fini della ricorrenza dell’obbligo assicurativo e che impongono la copertura assicurativa di quelle che storicamente si definiscono “attività protette[4].  Questa norma di portata generale traslata nella stessa legge del 2017[5] comprende infatti sia i rischi connessi alla prestazione lavorativa resa esternamente, sia quelli cosiddetti in itinere, ossia avvenuti durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali. D’altra parte l’interpretazione autentica è contenuta nelle prime istruzioni operative emanate dall’Inail nel 2017[6], subito dopo l’introduzione del lavoro agile, in cui la tutela si applica secondo criteri di carattere generale validi per tutti i lavoratori poiché “l’analisi della lavorazione eseguita in modalità di lavoro agile non differisce da quella normalmente compiuta in ambito aziendale, ai fini della riconduzione al corretto riferimento classificativo da adottare[7]”. Più semplicemente, se i rischi che corrono i lavoratori sono pressoché gli stessi, tanto da omologarne la classificazione tariffaria, come ad esempio per il rischio elettrico conseguente all’uso di macchine di ufficio fornite dal datore di lavoro (mezzi telematici, computer, videoterminali, ecc.), la tutela si estende anche al luogo di lavoro esterno purché l’infortunio sia causato da un rischio connesso[8] alla prestazione. Nessun dubbio interpretativo dunque, se non fosse per la condizione posta, qualificata dal luogo esterno scelto e quindi condiviso con il datore di lavoro e riportato nell’accordo individuale, che non è affatto scontata. L’esistenza di una diretta connessione dell’evento con la prestazione lavorativa, con particolare riferimento alla fattispecie dell’infortunio in itinere, opera per espressa previsione di legge, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da “esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza[9]. Nel quadro regolatorio della disciplina individuale e collettiva dell’accordo di lavoro agile, il luogo esterno della prestazione diventa suscettibile di dovuta accortezza in ordine ai criteri postulati dal legislatore, proprio ai fini della tutela infortunistica. Più in dettaglio, la necessità connessa alla prestazione di recarsi in un determinato posto è il nesso che collega l’evento infortunio all’occasione di lavoro. Viceversa, si rischierebbe una configurazione negativa, ormai consolidata in giurisprudenza, da ricomprendere nel cosiddetto “rischio elettivo[10]” dato dal comportamento contrario al buon senso posto in essere dal lavoratore e che esclude l’indennizzabilità se anche volta a “conciliare in un’ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle familiari[11]”. La presunta discrezionalità sull’individuazione della sede esterna, espressione della conciliazione vita-lavoro, risulta ridimensionata e “negoziata” per cui “la scelta dei luoghi nei quali svolgere la prestazione di lavoro agile non è infatti rimessa alla discrezionalità del lavoratore, ma al contrario rientra nel potere organizzativo/direttivo del datore di lavoro (ex art. 2103 del cod. civ.) e deve trovare specifica indicazione nell’accordo istitutivo della modalità di lavoro agile[12]”.

La funzione dell’accordo individuale[13] in cui prevedere uno o più luoghi della prestazione a distanza assume un ruolo dirimente nel coprire un aspetto che si è mostrato vulnerabile in tutta la fase emergenziale e in cui si è paventata la possibilità di svolgere attività lavorativa da qualsiasi luogo, anche da quello di vacanza (workation[14]).  La mancanza o l’insufficienza di indicazioni espressamente contenute nell’accordo darebbe adito ai dovuti accertamenti Inail[15] ai fini dell’indennizzabilità, appositamente diretti a “verificare la sussistenza dei presupposti sostanziali della tutela” e quindi al collegamento tra l’attività svolta dal lavoratore agile e l’evento infortunistico “in quanto necessitata e funzionale”.  Da quanto detto si direbbe che in un sistema teorico perfettamente estremizzato si potrebbe ammettere la massima conciliazione delle esigenze private del lavoratore purché basate su un determinato sistema di raggiungimento degli obiettivi assegnati dal datore di lavoro. In altre parole, il datore di lavoro sarebbe portato ad acconsentire in sede negoziale ai più svariati luoghi richiesti dal lavoratore a patto di riceverne migliori risultati produttivi. Il limite a tale ipotesi c’è ed è rinvenibile nel noto “obbligo di sicurezza[16]” a carico del datore di lavoro, punto di partenza di tutta legislazione tecnica della materia, e che si concretizzata nel dovere di porre in essere tutte quelle misure che, sulla base della scienza e della tecnica, nonché dei rischi specifici del tipo di lavoro che si svolge, siano necessarie o quantomeno opportune a ridurre al minimo il rischio per il lavoratore. In pratica, accettare qualsiasi luogo esterno di lavoro avrebbe la conseguenza di esporre il datore di lavoro a valutarne la relativa idoneità per quanto riguarda la salute e sicurezza prevista dal Testo Unico del 2008[17], considerando che il campo di applicazione include anche i “lavoratori a distanza[18] e che la “valutazione dei rischi[19]” è obbligo indelegabile del datore di lavoro.  Ciò che ne discende non è solo il corretto utilizzo e la conformità delle strumentazioni messe a disposizione ma anche una omnicomprensiva valutazione dei rischi che dovrebbe tener conto necessariamente del luogo in cui la prestazione avviene, fintanto che sia previsto nell’accordo individuale. Un luogo esterno in cui si svolge un’attività lavorativa è certamente un cambiamento “nella sistemazione dei luoghi di lavoro[20]” da esaminare in fase di valutazione tanto più che ne è consentito l’accesso al domicilio (se indicato come luogo di lavoro) da parte del datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità ispettive (con i limiti dovuti alle norme nazionali, i contratti collettivi e con debito preavviso e consenso del lavoratore) proprio “al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza[21]”. L’interesse che attende l’uscita dalla fase transitoria è quello di aspettarsi una configurazione diversa nell’ambito della tutela della salute e sicurezza sul lavoro, quantomeno con elementi rinnovati rispetto al passato. Fra questi l’“informativa scritta[22]” quale documento di “garanzia” che il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore stesso e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nella quale “sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa[23]”. In pratica, “l’azienda la quale decida di utilizzare una parte delle prestazioni lavorative dei propri lavoratori in modalità smart working dovrà innanzitutto valutare i rischi ai quali tali lavoratori sono esposti in relazione alla parte della prestazione lavorativa resa ovunque (o, meglio, ovunque sia consentito dall’accordo tra le parti) dal lavoratore identificando le relative misure di tutela (ad esempio, se è previsto l’uso del pc, la sorveglianza sanitaria per mezzo del medico competente) e, in base ad essa, predisporre e consegnare l’informativa[24]”. In un’ipotesi di informativa fornita dall’Inail[25] durante la fase emergenziale del 2020 è stata contemplata la possibilità di prevedere i “comportamenti di prevenzione generale richiesti allo smart worker” e di fornire le indicazioni per lo svolgimento in “ambienti outdoor” e “ambienti indoor privati”, come l’utilizzo sicuro dello “smartphone”, degli “impianti elettrici”, fino al “rischio incendi per il lavoro agile”. In conclusione, prendendo proprio spunto dalla citata informativa Inail si potrebbe arrivare ad escludere “quei luoghi che potrebbero esporre il lavoratore a rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici della propria attività svolta in luoghi chiusi[26]”.

In sintesi il sistema prevenzionistico che scaturisce dall’esperienza emergenziale e dalla moderna legge sul lavoro agile concerne posizioni diverse che hanno attinenza alla “sicurezza partecipata[27] alcune delle quali notoriamente attribuite al datore di lavoro: una di “responsabilità” (articolo 18 comma 2) e un’altra di “garanzia” (articolo 23 comma 1). Ma ne considera un’altra, consolidata e accresciuta, questa volta nei riguardi del lavoratore quale soggetto “tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro”. Una posizione che non può dirsi sconosciuta se si considerano anche le recenti ammissioni in via giurisprudenziale[28] dirette all’esistenza di un “sistema collaborativo” e un “principio di autoresponsabilità del lavoratore” sempre derivanti dal Testo Unico del 2008[29], in cui è mutato “il nuovo ruolo richiesto al lavoratore non più destinatario passivo di precetti da seguire, ma soggetto attivo e responsabile[30]”. Il riferimento all’obbligo dei lavoratori “nel prendersi cura della propria salute[31]” in conformità alla formazione, le istruzioni e i mezzi forniti dal datore di lavoro sta assumendo una definizione nuova.  Un certo incremento di attribuzione al lavoratore agile nel “cooperare all’attuazione delle misure” non si può negare totalmente in ragione del fatto che è lui stesso a prescegliere il luogo della prestazione esterna e lui stesso lo conosce anche in relazione a situazioni o condizioni rischiose che potrebbero palesarsi improvvisamente, al contrario del datore di lavoro che non avrebbe alcuna possibilità di conoscerle, almeno preventivamente, al fine di apportare i dovuti accorgimenti.

 

 

 

 

 


[1] La vicenda ha registrato in un primo momento il rigetto della richiesta della lavoratrice da parte della sede Inail competente (Direzione Regionale Veneto) secondo la negazione di un nesso di causalità collegato all’attività di lavoro con conseguente opposizione mediante ricorso amministrativo avverso il provvedimento contestato (articolo 104 del Decreto del Presidente della repubblica n. 1124 del 30 giugno 1965 “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”), salvo poi il definitivo ravvedimento Inail che ha evitato l’eventuale iter giudiziario previsto e di competenza del giudice del lavoro.
Fonte: Patronato Inca-Cgil di Treviso, Marco Bocci, https://www.inca.it/notizie/907-infortunio-sul-lavoro-quando-si-e-in-smart-working.html?pagina=7).
[2] Articolo 22 co. 1 della Legge 22 maggio 2017 numero 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[3] Si evidenzia all’articolo 18 il comma 2 della Legge n. 81 del 22 maggio 2017 in cui “Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
[4] Capo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 30 giugno 1965 “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.
[5] Articolo 23 della Legge 22 maggio 2017 numero 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[6] Circolare Inail (Direzione Generale) n. 48 del 2 novembre 2017 avente ad oggetto “Lavoro agile. Legge 22 maggio 2017, n. 81, articoli 18-23. Obbligo assicurativo e classificazione tariffaria, retribuzione imponibile, tutela assicurativa, tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Istruzioni operative”.
[7] Così la circolare Inail (Direzione Generale) n. 48 del 2 novembre 2017 in riferimento all’articolo 4 del Decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 12 dicembre 2000 “Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività, e relative modalità di applicazione”.
[8] Articolo 23 comma 2 della Legge 22 maggio 2017 numero 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[9] Articolo 23 comma 3 della Legge 22 maggio 2017 numero 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[10] Cassazione Civile n. 2642 del 22 febbraio 2012 sul “rischio elettivo, intendendosi per tale quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento”.
[11] Cassazione Civile n. 17752, Sezione Lavoro, del 29 luglio 2010.
[12] Marco Lai, Salute e sicurezza e lavoro agile, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, n. 3 (2016), pp. 465-474.
[13] Articolo 18 comma 1 della Legge 22 maggio 2017 numero 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[14] Il termine “workation” (dall’inglese, “lavoro-vacanza”) può essere considerato un fenomeno non ha alcun riscontro in giurisprudenza ma connotati puramente sociali e di costume ed è rappresentato in questa sede solo al fine di contestualizzare la dubbia scelta di legittimità rispetto a luoghi esterni in cui svolgere lavoro agile. A titolo esemplificativo si riconduce l’uso del termine all’articolo di Alessandra Favaro, “Workation, lavorare in vacanza per aiutare il turismo interno” pubblicato il 1 aprile 2021 sul quotidiano La Repubblica (online) per la rubrica “Economia A&F Osserva Italia”.
[15] Circolare Inail (Direzione Generale) n. 48 del 2 novembre 2017 avente ad oggetto “Lavoro agile. Legge 22 maggio 2017, n. 81, articoli 18-23. Obbligo assicurativo e classificazione tariffaria, retribuzione imponibile, tutela assicurativa, tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Istruzioni operative”.
[16] Articolo 2087 del Codice Civile inerente la “Tutela delle condizioni di lavoro”.
[17] Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
[18] Articolo 3 comma 10 del Decreto Legislativo n. 81 del 9 Aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
[19] Articolo 17 comma 1 lett. a del Decreto Legislativo n. 81 del 9 Aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
[20] Articolo 28 comma 1 del Decreto Legislativo n. 81 del 9 Aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
[21] Articolo 3 comma 10 del Decreto Legislativo n. 81 del 9 Aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
[22] Articolo 22 comma 1 della Legge 22 maggio 2017 numero 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
[23] Ivi.
[24] Lorenzo Fantini, Salute e sicurezza sul lavoro, telelavoro e smart working, www.dottrinalavoro.it, 2018.
[25] Pagina web del sito Inail del 12 giugno 2020 “Coronavirus – fase 3: ulteriori disposizioni attuative per il contenimento dell’emergenza in tutta Italia. Lavoro agile” disponibile all’indirizzo https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/avvisi-e-scadenze/avviso-dpcm-11-giugno-2020.html.
[26] Contenuti del format disponibile sul sito Inail “Informativa sulla salute e sicurezza nel lavoro agile ai sensi dell’art. 22, comma 1, L. 81/2017” (https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/avvisi-e-scadenze/avviso-dpcm-11-giugno-2020.html).
[27] Marco Lai, Il diritto della sicurezza sul lavoro tra conferme e sviluppi, Giappichelli Editore, 2017, ISBN/EAB 978-88-9210-570-6.
[28] Il riferimento è alla sentenza della Cassazione Penale, Sezione 4, n. 15172 del 13 aprile 2015.
[29] Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
[30] Marco Lai, Il diritto della sicurezza sul lavoro tra conferme e sviluppi, Giappichelli Editore, 2017, ISBN/EAB 978-88-9210-570-6.
[31] Articolo 20 comma 1 Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 con le successive integrazioni quale “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.

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Ciro D'Ambrosio

Attualmente in servizio presso ente pubblico di ricerca italiano con pregresse esperienze nel campo delle politiche del lavoro nell’ambito di programmi nazionali ed europei inerenti l’occupazione. Formazione accademica in Diritto del lavoro, dell´impresa e delle nuove tecnologie, e in Comunicazione istituzionale e d’impresa, perfezionamento post lauream in Diritto del lavoro e alta formazione universitaria in Progettazione Europea. Già autore di pubblicazioni sul tema della bilateralità contrattuale, organismi per la sicurezza sul lavoro, profili delle nuove modalità lavorative (smart working), inclusione e transizione istruzione e lavoro.

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