Danni cagionati dall’alunno a se stesso: che tipo di responsabilità è configurabile in capo all’istituto scolastico?
Nota a sentenza Corte di Cassazione, Sez. III, 28 aprile 2017, n. 10516
Sommario: 1. La massima – 2. Il caso di specie – 3. Il principio di diritto – 4. L’onere della prova.
1. La massima
La Suprema Corte, nella sentenza in esame che si andrà ad approfondire nel merito nelle prossime righe, ha stabilito che in caso di danni cagionati dall’alunno a se stesso o da lui patiti per responsabilità ascrivibili a difetto di vigilanza o controllo degli organi scolastici, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante ha natura contrattuale: quanto alla scuola, l’instaurazione del vincolo negoziale consegue all’accoglimento della domanda di iscrizione, mentre, con riferimento al precettore, il rapporto giuridico con l’allievo sorge per contatto sociale.
2. Il caso di specie
Il fatto alla base della vicenda giuridica su cui si sono soffermati i giudici di legittimità, può certamente definirsi una tragedia: in primo grado, il tribunale ha condannato il Ministero dell’Istruzione al risarcimento dei danni a seguito del decesso di uno studente minore di età, avvenuto allorquando quest’ultimo, terminate le lezioni scolastiche, intento a salire sullo scuola bus che effettuava giornalmente il trasporto scolastico, veniva incastrato nella porta del pullman improvvidamente azionata in modo automatico dal conducente, quindi trascinato e successivamente travolto dallo stesso automezzo che ne cagionava lesioni da cui derivava il decesso. A fondamento della responsabilità dell’amministrazione statale (per la parte riconosciuta a suo carico), il tribunale ha individuato il ruolo assunto dal comportamento colposo dell’insegnante della vittima (dipendente del ministero convenuto), la quale, non seguendo attentamente l’ingresso del minore sul pullman, aveva indotto il conducente ad avviare la marcia rassicurandolo sulla circostanza che tutti gli scolari da trasportare fossero regolarmente saliti a bordo. L’appello del Ministero dell’Istruzione è stato disatteso nel merito, con l’integrale conferma della sentenza di primo grado. In particolare, la Corte d’appello ha sottolineato la sicura responsabilità del Ministero in relazione al comportamento seguito dall’insegnante che, << nello svolgimento dei compiti di vigilanza esercitata sugli scolari fino al relativo ingresso sul pullman per il trasporto (compiti costantemente assolti anche in passato) – e dunque nell’esecuzione dei doveri connessi alla posizione di garanzia così assunta – era incorsa in evidenti difetti di diligenza e di attenzione: mancanze certamente imputabili alla responsabilità contrattuale dell’amministrazione scolastica, trattandosi dello svolgimento di aspetti esecutivi, riguardanti la vigilanza e la protezione degli scolari minorenni, comunque connessi ai compiti istituzionali del Ministero>>.
Avverso la sentenza d’appello, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha proposto ricorso per cassazione.
3. Il principio di diritto
Nella specie, il Supremo Collegio ha osservato come, con riguardo alla natura contrattuale (per inadempimento di obbligazioni) del titolo della responsabilità ascritta a carico dell’amministrazione ricorrente, non sussista alcun dubbio. Sul punto ha richiamato il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui <<in caso di danno cagionato dall’alunno a sé stesso (ma anche in caso di danno cagionato all’alunno per responsabilità ascrivibili a difetto di vigilanza o di controllo degli organi scolastici), la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante ha natura contrattuale, atteso che, quanto all’istituto, l’instaurazione del vincolo negoziale consegue all’accoglimento della domanda di iscrizione, e, quanto al precettore, il rapporto giuridico con l’allievo sorge in forza di ‘contatto sociale’ >>.
Sul punto, è utile ricordare che la giurisprudenza colloca determinate fattispecie nell’alveo della responsabilità contrattuale seppure alla base del rapporto non vi sia un contratto inteso in senso stretto, ma sussista una particolare relazione sociale idonea a far sorgere specifici obblighi comportamentali, oltre al generico principio del neminem laedere (come ad esempio, nel caso della responsabilità del medico dell’Asl nei confronti del paziente).
In secondo luogo la Cassazione ha individuato in capo all’ istituto scolastico e più in particolare agli insegnanti, un preciso obbligo di protezione nei confronti degli alunni consistente nel vigilare sul minore affidatogli sino al momento in cui un altro soggetto non ne acquisisca il controllo concretamente. Nel caso in esame, tali doveri di protezione, secondo la Corte, devono ritenersi estesi, nel quadro della posizione di garanzia che incombe a carico dell’istituto scolastico e degli insegnanti, anche al dovere di non perdere la vigilanza dei minori fintanto che il Comune (o un altro istituto o una società di servizi) non ne abbia in concreto e di fatto assunto il controllo.
Da questo fondamentale assunto la Corte ha desunto che non ha rilievo il fatto che il sinistro sia avvenuto fuori dal cancello dell’istituto scolastico o in un momento successivo alla fine delle lezioni: la Cassazione infatti, ha confermato la sentenza di condanna della Corte d’Appello in quanto al momento del tragico infortunio la società alla quale era stato appaltato il trasporto degli alunni non aveva ancora assunto la posizione di garanzia sul minore, che è risultato essere sempre sotto il controllo dell’insegnante, con i relativi obblighi in capo al medesimo.
4. L’onere della prova
Alla luce della riconosciuta natura contrattuale della responsabilità dell’amministrazione statale, per quanto riguarda il regime probatorio applicabile, si può agevolmente affermare che, ai sensi dell’articolo 1218 c.c., è il danneggiato che deve provare esclusivamente che l’evento dannoso si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre la scuola ha l’onere di dimostrare che l’evento è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante (così come già affermato in passato da Cassazione, Sez. III, 25 febbraio 2016, n. 3695, in un caso di richiesta di condanna al risarcimento dei danni patiti da un’alunna minorenne, in conseguenza di un infortunio a lei occorso alla fine dell’ora di educazione fisica presso la Scuola media a cui era iscritta ).
Peraltro, la prova può essere fornita dall’istituto scolastico anche a mezzo di presunzioni e solo se la causa resta ignota, secondo il nostro sistema legislativo, le conseguenze patrimoniali negative restano a carico di chi sia stato oggettivamente inadempiente. Così è stato sostenuto dai giudici di legittimità nel caso concreto in cui un minore ,a seguito di caduta sugli sci dovuta a perdita di equilibrio, ha riportato lesioni: in breve, la Corte ha negato la responsabilità della scuola di sci, a fronte della peculiarità dell’insegnamento impartito e del comune dato d’esperienza che “è impossibile imparare a sciare senza cadere” (Cass. Sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3612).
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