Danni causati da cani randagi: la responsabilità grava sulla P.A.
Sommario: 1. Premessa – 2. Vicenda giuridica – 3. Ricorso in cassazione – 4. Motivi della decisione – 5. Conclusioni
1. Premessa
La responsabilità[1] per i danni causati da cani randagi spetta esclusivamente all’ente cui è attribuito dalle singole leggi regionali il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi.
In particolare, la Regione Campania, al fine di realizzare sul proprio territorio un corretto rapporto uomo-animale-ambiente, promuove e disciplina il controllo del randagismo[2] con la legge regionale 24 novembre 2001, n. 16 al fine di realizzare in modo efficace il risultato di migliorare il benessere dei cani e dei gatti e il loro rapporto con l’uomo.
All’attuazione della presente legge provvedano, nei rispettivi ambiti di competenza, la regione, le province, i comuni, le comunità montane e le aziende sanitarie locali (AA.SS.LL.) con la collaborazione dei veterinari liberi professionisti attraverso le organizzazioni che li rappresentano a livello regionale (ordini e sindacati) oltre agli enti ed associazioni di volontariato protezionistiche, zoofile ed animaliste regolarmente riconosciute ed iscritte nell’apposito albo regionale.
2. Vicenda giuridica
A tal riguardo, preme richiamare una recente vicenda che ha visto coinvolto un soggetto alla guida di un veicolo, il quale per evitare l’investimento di un cane randagio che improvvisamente attraversava la strada è andato a finire contro un muro di sostegno provocando danni alla vettura ma soprattutto riportando ferite gravi che hanno comportato un’invalidità del 15%.
Nel giudizio tenutosi davanti al Tribunale di Benevento, l’ASL ha chiamato in causa il Comune nel cui territorio si è verificato l’incidente, addebitando a quest’ultimo la responsabilità dovuta alle omissioni di controllo sull’animale randagio.
Il giudice di prime cure ha ritenuto responsabile il solo comune e lo ha condannato al risarcimento dei danni subiti dagli attori, escludendo una qualsiasi responsabilità in capo all’ASL
Avverso tale sentenza il comune ha proposto appello, facendo valere la responsabilità esclusiva dell’ASL, obbligata, in base alla suindicata legge regionale campana, alla prevenzione del randagismo.
La Corte d’appello di Napoli ha accolto questo motivo condannando in solido il comune e l’ASL.
3. Ricorso in cassazione
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli ha proposto ricorso principale il comune con due motivi di censura.
Con il primo motivo il comune ha prospettato la violazione della legge n. 16 del 2001 della regione Campania.
La tesi del comune è che, in base a tale legge, l’unica responsabile della prevenzione del randagismo e, dunque, della cattura degli animali randagi, deve ritenersi essere l’azienda sanitaria locale, con esclusione di ogni responsabilità in capo ai comuni.
Per contro, la Corte di appello, pur avendo preso atto di tale disposizione, ha condannato in solido il comune con la ASL, anziché solamente quest’ultima.
Con il secondo motivo il comune ha prospettato la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 156, comma II, c.p.c., per via della contraddizione tra motivazione e dispositivo.
Infatti, la Corte d’appello, dopo aver preso atto che in base alla legge regionale l’obbligo di controllo degli animali randagi grava sulla ASL, ha condannato in solido, sia al risarcimento che alle spese, entrambe le parti mentre avrebbe dovuto condannare la sola ASL.
4. Motivi della decisione
Per la Suprema Corte di Cassazione i due motivi sollevati dal comune sono fondati.
Infatti, “la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi grava esclusivamente sull’ente cui le singole leggi regionali, attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuiscono il compito di cattura e custodia degli stessi” (Cass. n. 3737/2023, che con riferimento alla regione Campania, ha ritenuto l’obbligo gravante sulla ASL, in base alla legge del 2001; cass. n. 32884/2021).
Poiché la legge n. 16 del 2001 individua l’ASL come l’ente a cui è demandato il compito di prevenzione e controllo del randagismo, ne deriva chiaramente che è l’ASL a doversi ritenere responsabile dei danni provocati dalla omissione di tali obblighi, e che, pertanto, non c’è ragione di ipotizzare una responsabilità solidale in capo al comune, la quale presuppone che quest’ultimo abbia contribuito al danno con una qualche condotta attiva od omissiva, che però non è individuata dalla Corte di merito.
L’obbligo grava per legge regionale sulla ASL, e non si può dire che venga assolto semplicemente delegando, in base ad una convenzione, i propri compiti ad altri: la convenzione vale tra le parti che stipulano, e non verso i terzi, nei confronti dei quali la legge istituisce come obbligata la ASL.
E, dunque, la ASL resta il soggetto obbligato, salvo i suoi diritti contrattuali verso il soggetto che si era impegnato nei suoi confronti[3].
5. Conclusioni
Con tale sentenza la Suprema Corte chiarisce che ai danni provocati da cani randagi si applica la responsabilità ex art. 2043 c.c. e che l’ente preposto alla vigilanza si individua sulla scorta della normativa regionale.
[1] Collocata nell’ambito dell’art. 2043 c.c.
[2] Ai fini della legge regionale 24 novembre 2001, n. 16 si definiscono “animali randagi” tutti gli animali domestici che non hanno un proprietario o detentore a qualsiasi titolo.
[3] Cassazione civile, sez. III, ordinanza 31 maggio 2024, n. 15244.
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Simona Becchetti
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