Daspo “fuori contesto”: legittima la valutazione della pericolosità al di fuori delle fattispecie tipiche
Con la sentenza 2278/2021 del 20 gennaio u.s, la Corte di Cassazione si è pronunciata circa la legittimità dell’applicazione del DASPO alle ipotesi che non sono collegate ai reati non realizzati in occasione o a causa delle manifestazioni sportive.
La L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6, comma 1, lett. c), come modificato dal D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2019, n. 77, prevede attualmente la possibilità di adottare i provvedimenti amministrativi di divieto di accesso ai luoghi destinati a ospitare manifestazioni sportive e la sottoposizione all’obbligo di presentazione all’autorità di polizia in concomitanza con tali manifestazioni anche nei confronti di “coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, commi 1 e 2, alla L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 5, al D.L. 26 aprile 1993, n. 122, art. 2, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 1993, n. 205, all’art. 6-bis, commi 1 e 2 e art. 6-ter della presente legge, per il reato di cui al D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, art. 2-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2007, n. 41, o per alcuno dei delitti contro l’ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro secondo, titoli V e VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all’art. 588, ovvero per alcuno dei delitti di cui all’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. f) e h), anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive“.
Si tratta del cosiddetto “DASPO fuori contesto”, cioè adottato indipendentemente dalla realizzazione di condotte violente in occasione o a causa di manifestazioni sportive, qualora, per effetto della precedente condanna o anche solo della denuncia per uno dei reati indicati nella disposizione, venga formulato, a seguito della realizzazione di condotte violente, un giudizio di pericolosità nei confronti del soggetto precedentemente condannato o denunciato e che si sia reso autore di condotte violente, al quale sia necessario, proprio per la sua pericolosità (desunta da tali condanne o denunce e dalla nuova realizzazione di condotte violente), impedire l’accesso ai luoghi destinati a ospitare manifestazioni sportive e imporre anche la misura di prevenzione atipica dell’obbligo di presentazione, allo scopo di evitare che all’interno delle tifoserie si verifichino infiltrazioni di soggetti sospettatati di terrorismo o comunque ritenuti pericolosi, e anche di prevenire, in tal modo, la realizzazione di attentati in luoghi ad alta densità sociale.
La Corte esamina la disciplina della misura di sicurezza che stabilisce l’estensione operativa della D.A.S.P.O anche a fatti violenti fuori dal contesto sportivo e commessi in data anteriore alla introduzione della suddetta modifica normativa.
Andando al merito del provvedimento giudiziario, il ricorso risulta strutturato su due censure: – illegittimità della misura di sicurezza in quanto alla sua base ci sono condotte scollegate ad eventi sportivi; – illegittimità in quanto considera penalmente rilevanti condotte anteriori all’entrata in vigore della legge n.77 del 2019.
E’ bene ricordare come, di recente, la legge n.77 del 2019 ha esteso la disciplina della D.A.S.P.O ricomprendendovi condotte violente non legate ad eventi/manifestazioni sportive. La ragione di tale intervento normativo va infatti rinvenuto nell’estensione della tutela di sicurezza pubblica.
In tale contesto l’adozione della D.A.S.P.O a soggetti che non abbiano avuto condotte violente o penalmente rilevanti legate ad eventi sportivi realizza quell’esigenza che è alla base della misura di sicurezza: arginare la pericolosità sociale che può derivare da soggetti dediti ad azione illecite.
Altro motivo di ricorso, anch’esso ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione, è legato all’efficacia temporale. Il ricorrente ha contestato che condotte anteriori alla entrata in vigore della disposizione che consente l’adozione di tali misure possano essere considerate al fine della adozione di tale provvedimento, giacché ciò si tradurrebbe in una interpretazione analogica in malam partem, vietata nella materia penale.
Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che: <<…Si tratta di censura infondata, sia perché il nuovo testo della disposizione fa chiaramente riferimento a condanne o denunce evidentemente precedenti alla entrata in vigore della disposizione, che,, altrimenti, risulterebbe priva dell’immediato effetto di tutela della sicurezza pubblica che è volta a salvaguardare; sia perché l’interpretazione censurata dal ricorrente non determina affatto una analogia in malam partem, come sostenuto dal ricorrente, né una applicazione retroattiva di leggi penali, espressamente vietate dall’art. 14 preleggi, dall’art. 1 c.p. e dall’art. 25 Cost., in quanto non vengono sanzionate condotte anteriori alla entrata in vigore del nuovo testo della cit. L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1, lett. c), bensì successive, di cui muta solamente la considerazione di gravità e rilevanza alla luce di fatti precedenti (le condanne o le denunce per uno dei fatti indicati nella disposizione), che non vengono però sottoposti a sanzione sulla base di una norma a essi sopravvenuta, ma solamente considerati quale antecedente storico, che costituisce il presupposto per l’applicazione della nuova previsione a condotte successive alla sua entrata in vigore, sulla base di una autonoma e attuale valutazione di pericolosità dell’autor di tali condotte. Deve, pertanto, escludersi che si sia verificata una interpretazione analogica in malam partem o l’applicazione retroattiva di norme penali, entrambe vietate, per effetto della imposizione al ricorrente della misura di prevenzione atipica dell’obbligo di presentazione alla autorità di polizia in conseguenza della sua partecipazione a disordini in occasione di una manifestazione non autorizzata, per essere in precedenza stato denunciato per il reato di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 5, giacché tale denuncia, precedente alla modifica del testo della L. n. 401 del 1989, art. 6, è stata considerata non a fini sanzionatori ma solo quale antecedente storico nella valutazione dei presupposti per l’applicazione della nuova previsione…>>.
Pertanto, si evince come la misura di sicurezza del D.A.S.P.O resta, nelle intenzioni del legislatore, uno dei primi strumenti volti alla tutela della sicurezza pubblica.
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Rosalia Manuela Longobardi
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