Diagnosi tardiva: la struttura sanitaria risponde solo dell’aggravamento

Diagnosi tardiva: la struttura sanitaria risponde solo dell’aggravamento

Con la recente sentenza n. 514 del 15.01.2020 la Cassazione chiarisce quali siano i limiti della responsabilità della ASL in caso di peggioramento delle condizioni di un paziente già affetto da malattia.

In particolare risponde ad un interrogativo ben preciso: la struttura sanitaria è responsabile per i danni causati dalla condotta del medico che abbia contribuito ad ingenerare dei postumi ancor più gravi in capo al paziente, già affetto da patologia?

A tal proposito è stato stabilito che, sebbene sia innegabile che la struttura sanitaria sia responsabile dei danni che il medico ha contribuito a cagionare al paziente, risulta altresì evidente che la stessa struttura non possa rispondere dei danni in senso ampio, bensì solo di quelli che siano stati causalmente determinati dalla condotta del medico preposto.

La sentenza trae origine dalla controversia instauratasi tra un uomo avverso due diverse ASL al fine di ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, determinati dalla omessa diagnosi e relativa immediata cura di un ictus cerebrale, a cui era seguita una tetraparesi della parte destra corpo, peraltro impedendogli di continuare a prestare la propria attività lavorativa.

Sebbene nei primi due gradi di giudizio era stato escluso che l’omessa diagnosi avesse causato un peggioramento delle condizioni (già gravi) del paziente, i giudici di legittimità, pur non condividendo la ricostruzione operata dal ricorrente, hanno operato una diversa interpretazione del fatto, partendo da una importante distinzione tra: evento lesivo caratterizzato dall’ictus cerebrale, ai sensi dell’art. 41 c.p. e art. 1227 c.c.; le conseguenze causate dalla malattia, ossia il livello di invalidità subito dall’uomo, ai sensi dell’art. 1223 c.c..

Nella sentenza in oggetto, in particolare, si chiarisce che, se “sotto il profilo della causalità materiale risulta indifferente il fatto che la condotta umana (attiva od omissiva) concorra con la causa naturale nella produzione dell’evento lesivo, sotto il profilo della causalità giuridica, le conseguenze dannose determinate dall’evento vanno liquidate secondo la loro effettiva e complessiva consistenza, attribuendo all’autore dell’illecito la (sola) percentuale di aggravamento della situazione preesistente”.

Di talché, dal punto di vista della responsabilità da ascrivere alla struttura sanitaria, occorre verificare proprio tale ultima categoria, al fine di valutare l’entità del danno determinato in ragione della omessa e/o errata condotta umana.

A tale scopo, è necessario eseguire un’analisi prognostica, dovendo verificarsi se, anche senza il fatto illecito del medico, il peggioramento si fosse o meno verificato.

In conclusione, con la sentenza in esame, la Cassazione afferma che, ove a seguito dell’errata e/o omessa diagnosi nel caso di una situazione pregressa di compromissione della salute del paziente, si verifichi un relativo aggravamento, la struttura sanitaria dovrà rispondere solo del danno differenziale, ottenuto sottraendo alla percentuale di invalidità complessiva quella preesistente.

Infatti, il danno biologico patito da persona già portatrice di postumi è pari alla differenza tra le conseguenze complessivamente patite dalla vittima (i postumi complessivi) e le più lievi conseguenze dannose che avrebbe patito a causa della sua patologia pregressa, se l’illecito non si fosse verificato (Cass. 28986/2019).


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