Dichiarare un reddito entro gli studi di settore non esonera dall’accertamento fiscale
E’ quanto statuito dalla sentenza n. 6951 del 17 marzo 2017 la quale afferma che, qualora la contabilità sia attendibile e vi sia congruità tra ricavi e standard, è altresì legittimo l’atto impositivo.
Più specificamente, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso proposto da un esercente attività d’installazione di opere idrauliche, impianti e riscaldamento, nei confronti del quale veniva accertato un maggior reddito imponibile ai fini Irpef, Iva ed Irap, in seguito ad una ricostruzione operata dall’Agenzia delle Entrate con metodo analitico-induttivo.
Detto accertamento veniva effettuato anche tenendo conto dei dati dichiarati dallo stesso contribuente, il quale lamentava una violazione e falsa applicazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d), affermando che il giudice d’appello non aveva tenuto conto della congruità dei ricavi con quanto riportato nello studio di settore relativo all’attività svolta.
A supporto di ciò, un recente orientamento giurisprudenziale ha affermato che l’accertamento ex articolo 39, primo comma, lettera d) è previsto qualora “l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulti dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’ articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa, nonchè dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’ articolo 32”.
Le scritture contabili, infatti, devono rispecchiare l’attività dell’azienda ed esse fungono da prova della congruità delle operazioni fiscali poste in essere dall’imprenditore.
Orbene, se l’ufficio riscontri una contabilità formalmente corretta, ma che sia inattendibile nella sostanza, esso può ricorrere all’accertamento induttivo.
Ciò è stato confermato da numerosi orientamenti giurisprudenziali, tra i quali assume rilievo un recente orientamento della Suprema Corte, la quale ha affermato che è possibile procedere alla rettifica della dichiarazione dei redditi in seguito ad accertamento induttivo, anche in presenza di scritture contabili formalmente regolari, purché l’accertamento risulti fondato su presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
L’Amministrazione Finanziaria, dunque, può presumere ricavi e corrispettivi anche in presenza di una contabilità completa e tenuta correttamente dal punto di vista formale, nel caso in cui risultino incongruenze fra il reddito dichiarato e quello che è desumibile dall’andamento del settore di riferimento dell’attività svolta.
Tale principio è stato ribadito anche da una recente pronuncia del 2015.
In conclusione, gli ermellini hanno affermato che dichiarare un reddito entro gli studi di settore non esonera dall’ accertamento fiscale, essendo tali strumenti utilizzabili dall’ amministrazione finanziaria per accertare in via presuntiva il reddito reale del contribuente, anche nel caso in cui il reddito dichiarato risulti congruo allo studio di settore.
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