Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti: “revenge porn” e violenza di genere

Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti: “revenge porn” e violenza di genere

Sommario: 1. Introduzione – 2. La condotta antigiuridica: il difetto del consenso dell’avente diritto – 3. Disciplina normativa: la legge n. 69 del 9 luglio 2019 – 4. Bene giuridico tutelato: reato plurioffensivo – 5. Conclusioni: il “revenge porn” può essere considerato come una nuova forma di violenza di genere?

 

1. Introduzione

I rapporti interpersonali hanno subito una profonda metamorfosi a seguito dell’ascesa di Internet e dei Social media. Tali moderne forme di interazione sociale – le quali presuppongono come elemento accumunante la “distanza” – se da un lato hanno semplificato lo scambio di informazioni e dati tra soggetti che per comunicare non devono inevitabilmente  trovarsi nel medesimo luogo, dall’altro hanno creato terreno fertile per la nascita e il conseguente sviluppo di azioni criminose lesive dei diritti assoluti della persona.

2. La condotta antigiuridica: il difetto del consenso dell’avente diritto

La presente disamina intende soffermarsi su un fenomeno oramai dilagante rappresentato dallo scambio illecito di immagini e video a contenuto “sessualmente esplicito” (1), meglio conosciuto come revenge porn (2).

Occorre partire dal presupposto che lo scambio di immagini o video intime tra soggetti non presenta di per sé natura antigiuridica, potendosi difatti ricomprendere nella più ampia pratica del c.d. sexiting (3). Quest’ultima si fonda su uno scambio consapevole e condiviso di immagini di nudo mediante l’impiego di messaggi. Invero, proprio la consapevolezza reciproca tra le parti e la consensualità risultano essere attributi indispensabili ai fini della liceità  della pratica stessa. Ne discende che l’elemento attribuente antigiuridicità alla fattispecie de qua consista nel difetto della conformità d’intenti, ovvero l’assenza di qualsivoglia autorizzazione affinché determinati contenuti possano essere acquisiti e successivamente divulgati a terzi.

Per completezza è utile precisare che il consenso  se in taluni ipotesi difetta ex post, ovvero solo dopo il verificarsi di un iniziale scambio cosciente di immagini intime, in altri può risultare inesistente ex ante, vale a dire sin dal momento in cui detti contenuti vengono captati dall’agente. Basti pensare all’acquisizione illecita di immagini o video servendosi di una telecamera appositamente installata, o mediante la sottrazione illecita di contenuti prodotti da altri.

3. Disciplina normativa: la legge n. 69 del 9 luglio 2019

Orbene, per quanto concerne l’inquadramento normativo della fattispecie de qua è opportuno richiamare la legge n. 69 del 9 luglio 2019 (“Codice Rosso”). Detta riforma ha apportato rilevanti novità nell’ordinamento giuridico, recando modifiche al Codice Penale e di Procedura Penale e introducendo,   nella specie,  una norma ad hoc: l’art. 612 ter c.p. (4), rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, la cui ratio è quella di punire la diffusione di materiale pornografico destinato a rimanere privato. Dalla lettura del dispositivo si evince, in primo luogo, che trattasi di un reato comune (5); inoltre, si rileva che il soggetto attivo del reato non deve essere necessariamente l’autore del contenuto diffuso, potendo divenire tale anche colui il quale l’abbia semplicemente sottratto ad altri servendosi della coercizione o di altri mezzi volti ad acquisirli contro l’altrui volontà o conoscenza. In secondo luogo, bisogna evidenziare come, ancorché il termine “revenge” in inglese voglia significare “vendetta”, la norma de qua non intenda punire soltanto colui che compia l’azione animato da un sentimento di rivalsa, bensì anche chi, spinto da differenti motivi, agisca compiendo azioni atte a realizzare gli elementi integrativi della fattispecie criminosa. Con riferimento al secondo comma dell’art. 612 ter c.p., il legislatore ha tipizzato la condotta di chi dopo aver ricevuto o comunque acquisito determinati contenuti li pubblichi al fine di arrecare “nocumento”. Tale disposizione normativa estende la responsabilità penale a quei soggetti (c.d. secondi distributori) che avendo ricevuto immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, non essendone loro i principali produttori, le inviano, cedono, pubblicano o diffondono senza approvazione della persona raffigurata con il fine precipuo di cagionarle un danno. In questa seconda ipotesi delittuosa è previsto il dolo specifico, nel senso che l’antigiuridicità del fatto discende non già dalla divulgazione non consensuale del materiale privato, ma dalla effettiva sussistenza in capo al soggetto agente dell’intento di nuocere alla vittima.

4. Bene giuridico tutelato: reato plurioffensivo

La fattispecie de qua lede una molteplicità di diritti assoluti della persona: la libertà di autodeterminazione, il diritto all’immagine, il diritto all’integrità morale (6), il diritto all’identità personale, il diritto alla riservatezza ed intimità privata. Ebbene, in virtù di ciò le condotte illecite ricondotte nell’alveo del revenge porn evidenziano la sua natura sostanzialmente plurioffensiva. Invero, una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (7) ha statuito che ci si possa ricondurre a differenti ipotesi criminose in concorso formale e non apparente, quali atti persecutori, diffamazione, trattamento illecito di dati, quando un unico comportamento sia suscettibile di ledere i beni della libertà morale, reputazione, onore e riservatezza.

5. Conclusioni: il “revenge porn” può essere considerato come una nuova forma di violenza di genere?

In conclusione, è doveroso porre l’attenzione su un dato oggettivo in costante crescita: il revenge porn risulta prevalentemente rivolto in modo sproporzionato nei riguardi del genere femminile, tanto da assurgere a  una nuova forma di “violenza di genere” (8), rispecchiante una condizione di discriminazione sociale nei confronti delle donne nonché di diseguaglianza tra i sessi. La violenza di genere può manifestarsi attraverso molteplici profili, ognuno fondato sul predominio dell’uomo sulla donna, sulla sopraffazione e sul totale annientamento della dignità e dell’identità femminile. Sicché, essendo sovente questi i fattori determinanti e motivanti l’agire oggetto della condotta sino a ora esaminata, non può che considerarsi quale nuova forma di espressione di violenza – insita nella cultura odierna, e che affonda le proprie radici in una ancora più remota – che, giacché venga perpetrata mediante l’ausilio di mezzi e strumenti nuovi e adattati ai tempi, è sempre diretta all’unico scopo di arrecare sofferenza e danno alla persona.

 

 

 

 

 


Note:
(1) La definizione di “sessualmente esplicito” è rimessa al libero apprezzamento del Giudice in sede decisoria.
(2) La definizione proposta dal dizionario di Cambridge è la seguente: «Private sexual images or films showing a particular person that are put on the internet by a former partner of that person, as an attempt to punish or harm them». L’espressione, di origine anglosassone, può essere tradotta in italiano con “porno-vendetta” (accademia della crusca);
(3) Deriva dall’inglese “texting”, ossia inviare un “test-message”. In relazione al fenomeno criminoso in esame, detto termine acquisisce una connotazione di stampo sessuale, riferendosi essenzialmente all’invio o scambio di immagini a contenuto hard;
(4) Dispositivo dell’art. 612 ter Codice Penale: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
(5) Un reato si dice comune quando può essere indistintamente commesso da qualsiasi soggetto, indipendentemente da qualifiche soggettive, status, condizioni, posizioni e qualità personali;
(6) Nella sua accezione di reputazione, onore e decoro;
(7) Cass. Pen., sent. 30455 del 10 luglio 2019;
(8) Art. 1 – Declaration on the elimination of violence againts women, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 20/12/1993, New York. È violenza di genere “…ogni atto di violenza fondato sul genere che comporti o possa comportare per la donna danno o sofferenza fisica, psicologica o sessuale, includendo la minaccia di questi atti coercizione o privazioni arbitrarie della libertà, che avvengono nel corso della vita pubblica o privata”. Continua descrivendo “…la violenza contro le donne è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna, che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione delle donne…”.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Vittoria Treccosti

Dottoressa in Giurisprudenza; Abilitata alla professione forense.

Articoli inerenti