Digital Services Act: una proposta di legge a garanzia di uno spazio digitale sicuro e responsabile
Il ventunesimo secolo è stato contraddistinto da una permeante digitalizzazione che ha impattato notevolmente sulle nostre vite: le modalità di comunicazione, di acquisto di beni o servizi e di accesso alle informazioni si sono moltiplicate e sono tutt’ora in continua evoluzione.
Indubbiamente le piattaforme online hanno generato vantaggi significativi per i consumatori e per l’innovazione ed hanno consentito al mercato interno dell’Unione europea di diventare sempre più efficiente, facilitando gli scambi transfrontalieri e l’accesso a nuovi mercati.
Sebbene vi sia un ampio consenso sui benefici di questa trasformazione, non sono poche le preoccupazioni legate all’utilizzo dello spazio digitale e all’impatto sui diritti fondamentali online.
Esistono, invero, poche grandi piattaforme che controllano importanti ecosistemi nell’economia digitale: sono i c.d. giganti del web che agiscono come legislatori privati con regole che talvolta si traducono in condizioni inique tanto per le aziende quanto per i consumatori.
Tuttavia, l’attuale regolamentazione dei servizi legati ad internet è ancora legata alla Direttiva E-Commerce (Dir 2000/31/EC) la quale – sebbene oggetto di interventi della Corte di Giustizia- è rimasta pressoché invariata negli ultimi anni.
Ebbene, consapevole dell’inadeguatezza dell’attuale quadro giuridico, la Commissione europea si è impegnata a portare avanti una forte strategia digitale, la c.d. Shaping Europe’s Digital Future, tesa a rafforzare il mercato digitale nonché a promuovere innovazione e competitività dell’ambiente online europeo.
È questo lo scenario in cui si innesta il Digital Services Act (DSA), un pacchetto di norme proposto dalla Commissione europea lo scorso 15 dicembre 2020 allo scopo di disciplinare i servizi digitali, emendando alcuni aspetti della richiamata Direttiva E-Commerce.
La stessa Vicepresidente della Commissione Vestager ha sottolineato come tale intervento persegue l’obiettivo di creare un apparato di regole applicabile in tutta Europa che renda il digitale uno spazio rispettoso dei valori fondanti la nostra Comunità nell’ottica di un bilanciamento di interessi tra sicurezza e integrazione etica delle opportunità digitali.
Esaminando la proposta più nel dettaglio, vengono in rilievo quattro tematiche principali riferite ad altrettante problematiche giuridiche, economiche e sociali provocate dall’attuale configurazione normativa.
La prima attiene alle modalità di comunicazione con le autorità.
Nell’ottica di garantire comunicazioni più dirette ed efficaci con le autorità degli Stati Membri, l’art. 10 dispone che i servizi di intermediazione dovranno scegliere un unico point of contact anche qualora non abbiano stabilimenti nell’Unione.
In tali ultime circostanze, invero, sarà necessario designare un legale rappresentante, sia esso persona fisica o giuridica, che risulterà responsabile in caso di mancata compliance con gli obblighi previsti dal Digital Service Act.
Un secondo aspetto fondamentale riguarda l’accrescimento della protezione dei consumatori con regole commerciali comuni.
Secondo quanto proposto dalla Commissione all’art. 12, sarà obbligatorio riportare all’interno dei terms and conditions ogni restrizione o limitazione che i providers impongono in relazione all’uso dei loro servizi, al fine di assicurare trasparenza.
Dovranno essere comunicate, altresì, le procedure, le misure e gli strumenti impiegati allo scopo di effettuare content moderation, anche rendendo noto quando questi sono sottoposti al vaglio di algoritmi o al controllo umano.
Sono state, in quest’ottica, proposte anche nuove regole in materia di pubblicità personalizzata online e di raccomandazioni affinchè gli utenti godano di maggiore trasparenza con riguardo alla profilazione dei contenuti offerti e alle modalità di funzionamento degli anzidetti algoritmi.
L’implementazione dei servizi di notice and take down rappresenta un’altra importante questione del Digital Service Act.
L’art. 14, invero, stabilisce che in caso di rimozione di contenuti, i provider di servizi di hosting dovranno implementare meccanismi che rendano più semplice l’espletamento della suddetta attività.
In particolare la bozza della proposta normativo, mantenendo il sistema di responsabilità attualmente in vigore (art.14 Dir. E-Commerce), specifica che tali procedimenti dovranno essere standardizzati al fine di consentire ad ogni individuo o entità di notificare facilmente la presenza di contenuti ritenuti illegali.
In caso di rimozione ovvero disabilitazione di un contenuto, il successivo art. 15 dispone che all’utente venga fornito uno statement of reasons ossia una adeguata motivazione.
Oltre a ciò, ai sensi dell’art. 19, le piattaforme online dovranno adottare le misure necessarie affinché alle suddette notifiche venga assegnata assoluta priorità quando ad inviarle siano i c.d. trusted flaggers – letteralmente “segnalatori di fiducia”- ossia soggetti dotati di particolari qualifiche personali e/o professionali.
Inoltre, il Digital Service Act definisce una serie di obblighi per le piattaforme online.
Sul punto occorre premettere che la Commissione europea ha progettato un insieme di obblighi strettamente connessi alle dimensioni delle piattaforme, tenendo in considerazione l’influenza che queste possono avere sul mercato e sulle scelte degli utenti.
Alcuni di questi obblighi, invero, si estendono alle sole very large online platforms, ossia quelle piattaforme che coinvolgono oltre 45 milioni di destinatari (art. 25).
Ai sensi dell’art. 26, questi colossi del web dovranno effettuare regolarmente attività di risk assessment soprattutto con riguardo alla disseminazione di contenuti illegali, sviluppando strumenti di gestione utili a mitigare rischi connessi alle proprie attività e rischiando sanzioni fino al 6% del fatturato in caso di mancato risetto degli obblighi di controllo e rimozione.
Nell’ambito del complesso di obblighi proposti, la Commissione ha altresì previsto l’introduzione di due figure: il Compliance Officer e il Digital Service Coordinator.
Il primo sarà designato dalla piattaforma per monitorare la compliance al regolamento ed agirà sempre in completa autonomia ed indipendenza.
Il secondo, invece, incarna una nuova autorità nazionale deputata alla vigilanza sul rispetto del Regolamento in modo imparziale, trasparente e tempestivo.
La Commissione, infatti, ha stabilito che questa nuova autorità potrà ricevere reclami contro i providers per le loro violazioni, potrà svolgere indagini, colloqui ed ispezioni e potrà anche imporre sanzioni, penalità di mora e misure provvisorie.
Il Digital Service Act, dunque, rappresenta un grande cambiamento di paradigma in quanto, con un approccio di hard law, mira a sottrarre il potere di regolamentazione ai privati a favore di un quadro giuridico più uniforme.
Il fil rouge che lega le proposte della Commissione è ben evidente: il rispetto dei diritti e dei principi fondamentali nel rispetto dei capisaldi dell’ordinamento europeo quali la trasparenza, l’accountability e la proporzionalità.
Fermo il dialogo con gli altri impianti normativi, uno tra tutti il GDPR, l’intento non è solo quello di normare in maniera uniforme il ruolo delle piattaforme, ma altresì accompagnare l’Europa verso il digitale, rendendola sempre più competitiva.
Per citare la Vicepresidente Vestager, si tratta di “una sfida per la nostra democrazia” che non coinvolge solo le Istituzioni, motivo per cui la Commissione ha consultato un’ampia gamma di parti interessate nella preparazione di questo pacchetto legislativo: il settore privato, le organizzazioni della società civile, le autorità nazionali, il mondo accademico, la comunità tecnica, le organizzazioni internazionali ed il pubblico in generale.
Trattandosi di una proposta di legge, occorrerà ora attendere il completamento dell’iter legislativo che, presumibilmente, impiegherà diversi anni anche alla luce della portata rilevante degli interessi in gioco.
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Claudia Cea
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