DINIEGO DI CITTADINANZA: l’interesse alla sicurezza nazionale giustifica una motivazione anche “per relationem”
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, 1° settembre 2015, n. 10989
a cura di Giacomo Romano
Nei casi in cui il provvedimento di diniego della cittadinanza italiana sia fondato su ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica esso è sufficientemente motivato, ai sensi dell’art. 3, L. n. 241 del 1990, quando consenta di comprendere l’iter logico seguito dall’amministrazione nell’adozione dell’atto, non essendo necessario che vengano espressamente indicate tutte le fonti ed i fatti accertati sulla base dei quali è stato reso il parere negativo.
Il fatto
Il ricorrente impugnava il provvedimento del Ministero dell’Interno con il quale veniva respinta la domanda di concessione della cittadinanza italiana, presentata ai sensi dell’ art 9 lettera f) della L. n. 91 del 5 febbraio 1992 (straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica). Il Ministero dell’Interno basava il provvedimento sull’attività informativa esperita in sede di istruttoria procedimentale, dalla quale emergevano elementi ostativi sotto il profilo della sicurezza della Repubblica.
La decisione
Preliminarmente, il Collegio ha osservato che, in tutte le ipotesi di concessione della cittadinanza, ai sensi dell’ art. 9 della L. n. 91 del 1992, l’Amministrazione gode di un ampio potere di valutazione discrezionale circa l’esistenza di una avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale. Un tale provvedimento non costituisce atto dovuto in presenza dei presupposti di legge, implicando una valutazione discrezionale dell’amministrazione circa la possibilità che lo straniero sia ammesso a far parte della comunità nazionale (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III 16 novembre 2011 n. 6046; T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, 19 giugno 2012 n. 5665 ).
Il Collegio ha, inoltre, evidenziato che il concetto di sicurezza della Repubblica non è legato ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali o anche solo giudiziari a carico del richiedente, ma può riguardare anche solo specifiche frequentazioni dello straniero e l’appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103; nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 ottobre 2012 n. 1749) o sulla condivisione dei valori che possano mettere in pericolo la comunità nazionale.
Nella specie il provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza italiana risultava motivato con riferimento all’emersione – in seguito all’esperimento dell’attività informativa – di elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica ai sensi dell’ art. 9 della L. n. 91 del 1992. Tali elementi venivano confermati e specificati nella comunicazione riservata, acquisita a seguito della istruttoria disposta dal Tribunale.
Il T.A.R. capitolino ha, infine, respinto le doglianze imperniate sul difetto di motivazione e sulla mancata valutazione degli elementi relativi alla compiuta integrazione del ricorrente nella comunità nazionale.
Il detto obbligo di motivazione si conforma alla natura del provvedimento e non si può configurare nella materia de qua nei termini di cui all’art.3 L. n. 2141 del 1990 non essendo sempre possibile rendere note, per ragioni di riservatezza e sicurezza, le risultanze dell’istruttoria; per cui può ritenersi assolto se contenga la chiara indicazione, pur in termini ridotti all’essenziale, della ragione ostativa all’accoglimento della domanda, ossia dei fatti o sospetti determinanti il diniego, in modo da consentire all’interessato la loro confutazione, nel pieno esercizio dei diritti assicuratigli dagli artt. 24 e 113 Costituzione (cfr. Cons. St., III Sezione, n. 6161 del 17.12.2014).
In definitiva, il Collegio ha ritenuto che il preminente interesse alla sicurezza nazionale giustifica una motivazione sintetica del provvedimento, anche “per relationem“, e senza riferimenti espliciti agli atti istruttori specifici elle persone da cui sono state attinte le notizie riservate, purché, come è avvenuto nella specie, nel corso del giudizio l’Amministrazione evidenzi gli elementi, fatti o sospetti, dai quali risulti il motivo per cui ha valutato non “opportuna” la concessione della cittadinanza, rendendo possibile all’interessato contraddire ed esercitare il proprio diritto di difesa (Tar Lazio II quater n.816 del 2015).
La valutazione sfavorevole all’accoglimento dell’istanza presentata dal ricorrente operata dal Ministero, quindi, non si configura viziata sotto il profilo del difetto di motivazione e non si discosta dai parametri di ragionevolezza, considerato anche che il provvedimento di concessione della cittadinanza determina l’acquisizione in via definitiva di detto status, successivamente irrevocabile e quindi le valutazioni dell’amministrazione preposta devono essere improntate a particolare intensità e rigore (cfr. Cons. Stato sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289).