Diritti e doveri nascenti dal matrimonio
1. Il principio di uguaglianza. Nel diritto civile, l’istituto del matrimonio va considerato nella sua duplice natura di atto giuridico e di rapporto giuridico intercorrente tra i coniugi. Il codice civile regolamenta i diritti ed i doveri derivanti dal matrimonio, così come riformati dal d.lgs. 154/2013. L’istituto ad oggi si fonda sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi dinanzi alla legge, fanno eccezione alcuni diritti riconosciuti unicamente alla moglie quali: il diritto al parto anonimo. Il figlio può infatti non conoscere l’identità della madre fino alla morte di quest’ultima; i casi di separazione e divorzio, che vedono i figli generalmente “affidati” alla madre.
Dapprima se ne occupa la Costituzione, ove all’art. 29 statuisce che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Di seguito, si trattano diverse norme per meglio comprendere l’inquadramento dell’istituto. L’art 144 c.c [1] sancisce che le decisioni sulla vita familiare sono prese mediante accordo. In caso di disaccordo a subentrare è infatti l’art 145 [2], il quale prevede l’intervento del giudice per risolvere le controversie. Quest’ultimo può essere richiesto senza particolari formalità da parte di uno dei coniugi.
2. L’obbligo di fedeltà. La fedeltà va qui intesa sia dal punto di vista dell’intimità – da considerarsi riservata esclusivamente al coniuge – che della dedizione spirituale ossia nell’astenersi dall’intraprendere altre relazioni (ivi comprendendo anche quelle di natura virtuale).
3. L’obbligo di assistenza morale materiale e di collaborazione. L’obbligo di assistenza art.146 [3] si espleta nei casi di difficoltà, di natura morale e materiale. Con il termine « morale» si intende la necessità di sostenere, proteggere, non sminuire il partner. Il termine « materiale » invece, concerne gli obblighi di assistenza nei confronti del partner in caso di malattia, vecchiaia, ivi comprendendo l’obbligo di partecipare alle spese della famiglia per soddisfare esigenze di carattere primario.
4. L’obbligo di coabitazione e di contribuzione. I coniugi devono risiedere insieme, sotto lo stesso tetto e sono obbligati a contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle proprie capacità di lavoro e professionale. Gli stessi sono inoltre tenuti a rispettare ciascuno la privacy dell’altro, ad esempio non frugando tra gli oggetti personali e/o impossessandosi del cellulare dell’altro.
5. I Doveri verso i figli. Si considerino gli artt. 147 c.c. [4] e 315 bis c.c [5] i quali impongono rispettivamente il dovere di mantenere, istruire ed educare i propri figli tenendo conto della loro personalità – pena l’applicazione di cui all’art. 570 c.p [6], che disciplina la tutela dei rapporti interpersonali intercorrenti all’interno di una famiglia – e dei diritti e doveri del figlio in relazione alle proprie capacità.
[1] Si riporta il testo dell’art.144 c.c – Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia: “I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa [29 Cost]. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.”
[2] Si riporta il testo dell’art. 145 c.c – Intervento del giudice: “in caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l’intervento del giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una soluzione concordata [41 att.]. Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna la fissazione della residenza [144] o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non impugnabile [art. 737 c.p.c], la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dell’unità e della vita della famiglia”
[3] Si riporta il testo dell’art. 146 c.c – Allontanamento dalla residenza familiare: “il diritto all’assistenza morale e materiale previsto dall’art. 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare [144], rifiuta di tornarvi. La proposizione della domanda di separazione [150 ss.] o di annullamento [117 ss.] o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare. Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi [179,215 ss.], nella misura atta a garantire l’adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 143, terzo comma, e 147”.
[4] Si riporta il testo dell’art. 147 c.c. – Doveri verso i figli: “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’art. 315 – bis [107, 155, 279, 330, 333; 30 Cost; 570-572 c.p]”
[5] Si riporta il testo dell’art 315 bis c.c – Diritti e doveri del figlio: “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.”
[6] Si riporta il testo dell’art. 570 c.p – Violazione degli obblighi di assistenza familiare: ”Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore , ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.”
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Anna Guarnaccia
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