Diritto alla conoscenza delle proprie origini

Diritto alla conoscenza delle proprie origini

L’adottato ha diritto, nei casi di cui all’art. 28, comma 5, Legge n. 184 del 1983, di conoscere le proprie origini accedendo alle informazioni concernenti, non solo l’identità dei propri genitori biologici, ma anche quella delle sorelle e fratelli biologici adulti, previo interpello di questi ultimi mediante procedimento giurisdizionale idoneo ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità dei soggetti da interpellare, al fine di acquisirne il consenso all’accesso alle informazioni richieste o di constatarne il diniego, da ritenersi impeditivo dell’esercizio del diritto. Cassazione civile, sez. I, sentenza 20 marzo 2018, n. 6963.

di Elisabetta Catalano

La vicenda

La Corte d’Appello di Torino, sezione minori e famiglia, confermando quanto deciso dal Tribunale per i minorenni, rigettava l’istanza di acquisizione delle generalità delle sorelle, proposta da P.L.Z.

A sostegno della richiesta P.L.Z. sosteneva che sia lui che le sue sorelle venivano adottati da famiglie diverse e di aver rivolto già due istanze analoghe al riguardo, ugualmente rigettate.

Secondo l’istante, il Tribunale dei minorenni doveva procede ad un bilanciamento tra il legame familiare ed il diritto alla riservatezza dei fratelli biologici, trovando cosi applicazione la Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia del 20/11/1989.

La Corte d’Appello a sostegno della propria reiezione ha ritenuto prevalente il diritto alla riservatezza delle sorelle tutelato addirittura mediante la previsione del reato di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 73.

Il diritto ai legami familiari veniva considerato ed apprezzato limitatamente alle origini e all’identità dei genitori biologici. L’accesso ai dati dei fratelli biologici adottati non era previsto al pari di un’istruttoria preventiva nei loro confronti ed anche l’ascolto finalizzato a verificare il consenso all’accesso ai dati sarebbe destinato a ripercuotersi sui delicati equilibri connessi allo stato di soggetto adottato delle sorelle oltre che sui genitori adottivi delle stesse.

Avverso tale pronuncia P.L.Z., ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi:

Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 7 e 8 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 ottobre 1989, resa esecutiva con la L. n. 176 del 1991, laddove si impone il rispetto dei diritti del minore ivi compresi quelli volti a preservare la sua identità, il suo nome e le sue relazioni familiari. Per l’adottato l’identità consiste proprio nel ricercare le proprie origini, le proprie radici e conoscere le informazioni relative alla famiglia biologica. Viene altresì dedotta la violazione dell’art. 30, della Convenzione dell’Aja 29 maggio 1993, resa esecutiva con la L. n. 476 del 1998, e l’errata interpretazione della L. n. 184 del 1983, art. 28, commi 4 e 5, ritenendo che si possano comprendere nei legami familiari anche i fratelli.

Infine, in relazione al diritto alla riservatezza delle sorelle, il ricorrente rileva che il diritto azionato è di natura esclusiva ed attuale, essendo riconosciuto da norme costituzionali e convenzionali. Il pregiudizio dovuto all’ascolto od interpello delle sorelle è invece soltanto ipotetico. La riservatezza peraltro può essere tutelata mediante adeguata istruttoria tendente ad accertare quale potrebbe essere la reazione delle sorelle alla predetta richiesta.

Nel secondo motivo, il ricorrente sottolinea come una fase istruttoria riservata preserverebbe i diritti concorrenti delle sorelle.

La decisione della Corte di Cassazione 

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha osservato che un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell’art. 28, comma 5, Legge n. 184 del 1983 possa valorizzare il richiamo testuale al diritto di accedere alle informazioni sulla propria origine in modo da includervi oltre ai genitori biologici, in particolare nell’ipotesi in cui non sia possibile risalire ad essi, anche i più stretti congiunti come i fratelli e le sorelle ancorché non espressamente menzionati dalla norma.

La natura del diritto e la funzione di primario rilievo nella costruzione dell’identità personale che viene riconosciuta alla scoperta della personale genealogia biologico-genetica, induce ad accogliere tale interpretazione estensiva. Deve, tuttavia, rilevarsi che l’esercizio del diritto nei confronti dei genitori biologici e nei confronti degli altri componenti il nucleo familiare biologico-genetico originario dell’adottato, non può realizzarsi con modalità identiche.

Nei confronti dei genitori biologici, il legislatore ha svolto una valutazione generale ex ante sulla netta preminenza del diritto dell’adottato rispetto a quello dei genitori biologici tale da escludere alcun bilanciamento d’interessi da eseguirsi ex post.

Soltanto nei confronti dei genitori biologici, di conseguenza, il diritto del soggetto adottato adulto che voglia accedere alle informazioni sulle proprie origini si può configurare alla stregua di un diritto potestativo.

La medesima soluzione non è, tuttavia, automaticamente applicabile anche al diritto di conoscere l’identità delle proprie sorelle e fratelli, in considerazione della radicale diversità della loro posizione rispetto a quella dei genitori biologici.

Può legittimamente determinarsi una contrapposizione tra il diritto del richiedente di conoscere le proprie origini, e quello delle sorelle e dei fratelli a non voler rivelare la propria parentela biologica ed a non voler mutare la costruzione della propria identità attraverso la conoscenza d’informazioni ritenute negativamente incidenti sul raggiunto equilibrio di vita.

Mentre, quindi, nei confronti dei genitori biologici si configura un diritto potestativo dell’adottato, nei confronti delle sorelle e dei fratelli deve, invece, ritenersi necessario procedere, in concreto, al bilanciamento degli interessi tra chi chiede di conoscere le proprie origini e chi, per appartenenza al medesimo nucleo biologico familiare, può soddisfare tale esigenza, ancorché riconosciuta come diritto fondamentale.

Ai fini di un corretto bilanciamento delle due posizioni astrattamente in conflitto, pur non sussistendo per le sorelle ed i fratelli un divieto espresso a far conoscere la propria identità, come quello che vige per la madre biologica che ha scelto l’anonimato al momento del parto, deve riconoscersi anche ai predetti componenti del nucleo familiare originario il diritto di essere interpellati in ordine all’accesso alle informazioni sulla propria identità, trovandosi a confronto posizioni giuridiche soggettive di pari rango e di contenuto omogeneo sulle quali non vi è stata alcuna predeterminazione legislativa della graduazione gerarchica dei diritti e degli interessi da comporre, come invece previsto nell’art. 28, commi 5 e 6, con riferimento all’adottato maggiorenne che voglia conoscere l’identità dei propri genitori biologici.


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