Diritto all’ascolto del minore nei procedimenti di separazione e divorzio

Diritto all’ascolto del minore nei procedimenti di separazione e divorzio

I procedimenti di separazione e divorzio, in concomitanza agli aspetti meramente giuridici che interessano il marito e la moglie, coinvolgono anche e soprattutto la famiglia nell’interezza come nucleo che inevitabilmente subisce una trasformazione. In questa prospettiva, occorre tutelare la figura del minore che diventa protagonista di un evento non voluto né richiesto ma che incide sulla sua vita presente e futura, sullo sviluppo della sua personalità. Tutelare il minore in situazioni destinate a produrre effetti sulla sua sfera sostanziale è obbligo di ogni Stato di diritto: quando si concentra il focus sui fanciulli occorre innalzare il livello di tutela che, nella prassi, non risulta sempre di agevole applicazione.

Attualmente il minore è soggetto titolare di diritti, in particolare nei procedimenti di separazione e divorzio, il diritto all’ascolto che ha subito nel tempo tutele sempre maggiori e rafforzate. Il passaggio da oggetto di diritti, avulso dal processo, a soggetto non è stato repentino e il nostro ordinamento ha lentamente recepito norme internazionali che, seppur tardive, hanno contribuito alla metamorfosi giuridica del minore. La vera svolta si ha con la Convenzione Onu di New York sui diritti del fanciullo del 1989, attraverso la quale si realizza una tutela del diritto all’ascolto del minore, inteso come libertà di espressione della opinione del fanciullo, tenuto conto dell’età e del suo grado di maturità.

La Convenzione di Strasburgo del 2003 rafforza il principio: l’art. 6, rubricato “Diritto del minore di essere informato, consultato ed esprimere la propria opinione”, al 1° comma stabiliva che un minore, ritenuto capace di discernimento, ha il diritto, a meno che ciò non sia manifestamente contrario al suo interesse superiore, di ricevere tutte le informazioni pertinenti, di essere consultato e di esprimere la sua opinione, e al 2° comma aggiungeva di dover dare la dovuta importanza a tali opinioni, ai desideri e sentimenti del minore. In seguito, l’Italia ratifica la suddetta Convenzione, ma il principio tarda ad essere applicato concretamente, limitandosi a mera nozione teorica.

Occorre far riferimento anche alla legge n. 54 del 2006, la quale ha il merito di aver introdotto nell’ordinamento giuridico italiano il principio della bigenitorialità: il minore ha diritto ad avere rapporti continuativi ed equilibrati con ciascuno dei genitori, anche in caso di separazione o divorzio degli stesso. Se da un lato questo principio rappresentava una importante vittoria, dall’altro l’esigenza di tutelare maggiormente il minore diventava sempre più urgente: il pericolo che lo stesso potesse diventare oggetto di contesa genitoriale hanno comportato la traslazione del minore nel processo come parte dello stesso, attraverso l’esercizio del diritto all’ascolto.

Il nostro ordinamento, a tal proposito, attraverso la Legge 219 del 2012 e il Decreto Legislativo n. 154 del 2013 introduce nel nostro ordinamento gli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies Codice civile.

L’articolo 315 bis c.c., al terzo comma, sancisce il diritto del fanciullo, che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano, disponendo che il minore sia ascoltato dal giudice.

L’art. 336 bis dispone che il minore sia ascoltato dal giudice nell’ambito dei in cui l’ascolto sia in contrasto con il suo interesse o manifestamente superfluo.

Il giudice, durante l’audizione, ha facoltà di avvalersi di esperti o altri ausiliari, può anche autorizzare ad assistere all’ascolto i genitori – anche quando siano parti processuali del procedimento – i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se nominato, ed il pubblico ministero. Costoro possono proporre al giudice argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento. Preliminarmente all’ascolto, il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’audizione: dell’adempimento è redatto processo verbale nel quale ne è descritto il contegno, ovvero è effettuata registrazione audio video.

L’art. 337 octies dispone: «Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 337 ter, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo.

Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 337 ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli. »

Dunque, l’ascolto del minore è previsto come obbligo e non mera facoltà, in tutti i procedimenti che lo coinvolgono, ciò a tutela dei suoi interessi, della espressione della sua volontà, riconoscendo in capo al fanciullo, preliminarmente, l’obbligo a essere informato e ad esprimere le proprie opinioni. L’importanza del principio in questione è testimoniata dalla previsione da parte del legislatore di una nullità nel caso in cui non venga rispettato, mitigata d’altra parte da una relativa discrezionalità del giudice. Questi, infatti, può disporre la non necessarietà dell’ascolto qualora sia manifestamente superfluo o contrario con l’interesse del minore.

L’ascolto del fanciullo durante un procedimento è garanzia del principio di contraddittorio e qualsiasi elusione arbitraria violerebbe un principio di rango primario, previsto dalla nostra Costituzione all’art 111, pertanto il giudice dovrà motivare debitamente qualsiasi decisione contraria al diritto di ascolto, fornendone adeguate ragioni.

Il diritto in questione tende a evitare che il fanciullo divenga oggetto di contese dei genitori, o pretesto per futili e dannose vendette degli adulti, tutela il fanciullo nello sviluppo della sua personalità e dei suoi interessi, per garantire una crescita serena, scevra da turbamenti.

Ma se il principio esposto appare rispettoso di esigenze contrapposte e del minore, non sempre l’ascolto dello stesso, agli occhi del giudice, appare libero da ogni condizionamento. A tal proposito, è opportuno citare la sentenza della Corte di Cassazione n. 12018/2019, con cui gli Ermellini, in seguito all’audizione di un minore che esprimeva la volontà di stare col padre, hanno giudicato questo desiderio condizionato dal comportamento dello stesso in opposizione alla madre, «coinvolgendolo in un ruolo e scelte di decisioni che competono agli adulti. Pertanto, il clima di conflittualità genitoriale impedisce al minore di manifestare una volontà libera e incondizionata.» Il giudice, dunque ha facoltà di discostarsi da quanto espresso dal minore, disattendendo alle sue richieste espresse. Ciò pone non pochi quesiti sulla reale portata del diritto all’ascolto, su quanto sia realmente utile e sul ruolo del giudice in quanto peritus peritorum: esprimere un giudizio che pone un margine pur sempre presente di discrezionalità su una sfera così personale e delicata, per quanto supportata da una consulenza tecnica, non sempre risulta condivisibile e soprattutto, non sempre capace di tutelare davvero l’interesse del minore.


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