Disabilità: prospettive alla luce della sentenza n. 152/2020 della Corte Costituzionale

Disabilità: prospettive alla luce della sentenza n. 152/2020 della Corte Costituzionale

Premessa. L’inadeguatezza delle tutele economiche riservate alle persone con disabilità è, negli ultimi anni, un tema di grande rilevanza non solo in un’ottica sociopolitica, ma soprattutto da un punto di vista ordinamentale. A tale riguardo, un grande contributo in termini di tutela dei diritti delle persone con disabilità si rinviene nel costante controllo di legittimità effettuato della giurisprudenza costituzionale, che da ultimo, con la Sentenza n.152 si è pronunciata sul giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale promosso con ordinanza dalla Corte d’appello di Torino, sezione lavoro. Sinteticamente, le norme impegnate sono – in via principale – l’articolo 12, comma 1°, della legge 30 marzo 1971, n.118 e – in via subordinata – l’articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n.448.

Concentrandosi sull’analisi degli elementi cardine della motivazione ed in estrema sintesi, si può evidenziare che:

– la Corte Costituzionale ha rilevato profili di illegittimità solo con riguardo alla questione sollevata in via subordinata, ovvero l’articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n.448 nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili, dispone che i benefici incrementativi di cui al comma 1° (n.d.r. Incremento al milione) sono concessi “ai soggetti di età pari o superiore a sessant’anni” anziché “ai soggetti di età superiori a diciotto anni”;

– per quanto attiene alla questione di illegittimità dell’articolo 12, comma 1°, della legge 30 marzo 1971, n.118, la Corte, pur ritenendo inammissibile la questione di illegittimità posta dalla Corte remittente per il profilo ostativo della discrezionalità legislativa, riconosce comunque profili di illegittimità rispetto agli articoli 3 e 38, primo comma, della Costituzione, in riferimento all’ammontare della pensione di inabilità;

– la Corte ha auspicato un intervento del Legislatore diretto a rimodulare ed eventualmente coordinare in un quadro di sistema, la disciplina delle misure assistenziali vigenti.

Analisi del contesto. L’attuale sistema di provvidenze economiche riservate a persone con disabilità si presenta come un complesso di differenti strumenti la cui ratio risente di alcune ed evidenti criticità. Infatti, per quanto diversi e specifici, gli strumenti di carattere pensionistico risultano tutti d’importo assai esiguo e, di fatto, inadeguati a soddisfare i più elementari bisogni di mantenimento della persona. A ciò si correla dunque un uso tendenzialmente improprio dell’indennità di accompagnamento, che viene difatti percepita ed impiegata come ulteriore strumento d’integrazione al reddito e non come strumento di autonomia.

Sul piano formale e sostanziale, suddetto sistema è la proiezione di tre criteri di articolazione della platea:

– La capacità lavorativa. È un criterio di per sé dirimente, che separa due distinte platee. La prima, costituita da tutti coloro che, pur presentando forme di disabilità diverse per tipologia e gravità, sono considerati potenzialmente compatibili con un’attività lavorativa. La seconda, costituita invece dai soli inabili, ovvero dei soggetti “nei cui confronti, in sede di visita medico-sanitaria, sia accertata una totale inabilità lavorativa”.

– La tipologia di minorazione. Il sistema prevede anche provvidenze economiche specificamente correlate alla tipologia di disabilità. È questo ad esempio il caso della pensione di cecità assoluta riconosciuta alle persone con disabilità visiva piuttosto che la pensione per sordi riconosciuta alle persone con disabilità uditiva.

– La gravità della minorazione. Un criterio che, intersecandosi con il secondo, produce un ulteriore livello di articolazione, profilando per gravità all’interno delle diverse tipologie. Esiste infatti la pensione di cecità assoluta e la pensione di cecità parziale o, ancora, pensione per invalidi civili totali per coloro che hanno una percentuale massima d’invalidità e assegno mensile di assistenza per invalidi civili per coloro che hanno una percentuale dal 74 al 99%.

È però la capacità lavorativa a segnare il principale discrimine, orientando diversamente le politiche di sostegno. Per gli inabili è infatti previsto un approccio meramente protettivo, orientato al solo mantenimento della persona e fondato sulla pensione di inabilità. Per tutte le altre categorie, l’approccio prevede anche una componente di promozione della persona: invalidi civili, ciechi, sordi sono infatti destinatari non solo di specifiche provvidenze economiche, ma anche di politiche che ne favoriscono l’inclusione lavorativa e dunque una progettualità di vita potenzialmente fondata sul lavoro.

Prospettive. Gli effetti nel breve periodo del controllo di conformità effettuato dalla Corte Costituzionale hanno condotto il Legislatore ad intervenire estendendo lo strumento del c.d. incremento al milione per tutti i cittadini invalidi totali di età superiore ai 18 anni. Seppur meritorio, tale misura non ha affatto sanato, in una prospettiva di medio lungo termine, le innumerevoli questioni giacenti e consolidate e non solo riguardanti le categorie degli invalidi totali.

Sarebbe auspicabile dunque una riforma organica dell’intero sistema di tutele economiche, finalizzata a consolidarne e razionalizzarne l’impianto, ottemperando anche alla non meno rilevante esigenza di giustizia. In tale prospettiva, la riforma potrebbe svilupparsi nel rispetto dei seguenti indirizzi:

– Preliminare riforma del processo di accertamento della condizione di disabilità. Per conformarsi a quanto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – ratificata dall’Italia con la Legge 3 marzo 2009, n. 18 – è infatti necessario individuare un nuovo sistema di riconoscimento, valutazione e definizione di disabilità e persona con disabilità, che sostituisca ogni altra ed obsoleta dicitura e sia altresì in grado di generare un output multidimensionale utile allo sviluppo dei progetti individualizzati.

– Identificazione di un’unica soglia di gravità al di sopra della quale la condizione di disabilità dovrà costituire un fattore significativamente e potenzialmente ostativo al lavoro. Ciò consentirebbe di superare l’attuale frammentato quadro, nonché di cancellare l’inabilità quale categoria concettuale giuridica che esclude sul piano formale, sostanziale, nonché del vissuto individuale e collettivo, la persona da ogni prospettiva d’inclusione lavorativa.

– Istituzione della “pensione di disabilità” quale unico strumento di sostegno al reddito, in grado di soddisfare effettivamente i bisogni di mantenimento e proteggere la persona da povertà e indigenza, con conseguente assorbimento nel nuovo istituto dell’attuale sistema di provvidenze economiche soggette a reddito.

– Riforma dell’istituto dell’indennità quale unico strumento di promozione dell’autonomia e autosufficienza della persona, assorbente ogni altro strumento monetario a ciò finalizzato. Il nuovo istituto dovrà prevedere una maggiore gradualità del beneficio in funzione dell’intensità di sostegno di cui la persona necessita, e modalità di erogazione atte a configurarlo quale budget di autonomia, da impiegarsi su base mensile e nel rispetto di determinate e verificabili logiche di spesa.


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