Disoccupazione: il lavoratore può cumulare NASpI e redditi da lavoro?
Sommario: 1. Il diritto a percepire la NASpI – 2. Le conseguenze civili dell’indebita percezione della NASpI – 3. Le conseguenze penali dell’indebita percezione della NASpI – 4. Le sanzioni amministrative applicabili in caso di indebita percezione della NASpI
1. Il diritto a percepire la NASpI
La NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego)[1] è un’indennità mensile di disoccupazione, avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato[2] che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione[3] e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti (art. 3, comma 1, D.lgs. n. 22/2015):
– siano in stato di disoccupazione, ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. n. 150/2015;[4]
– possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
– possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.[5]
Ai sensi dell’art. 11 del D.lgs. n. 22/2015, il lavoratore decade dalla fruizione della NASpI nei seguenti casi:
– perdita dello stato di disoccupazione;
– raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato[6];
– acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, salvo il diritto del lavoratore di optare per la NASpI.
Invece, qualora durante il periodo di percezione della NASpI il lavoratore presti attività lavorativa, non decade necessariamente dal diritto di conseguire la prestazione previdenziale.
Infatti – ai sensi dell’art. 9, comma 2 e 3, e dell’art. 10, comma 1, I cpv., del D.lgs. n. 22/2015 – conserva il diritto alla prestazione:
– il lavoratore che instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione (pari ad € 8.145 annui)[7], a condizione che comunichi all’INPS entro 30 giorni dall’inizio dell’attività il reddito annuo previsto[8] e che il datore di lavoro o – qualora il lavoratore sia impiegato con contratto di somministrazione – l’utilizzatore, siano diversi dal datore di lavoro o dall’utilizzatore per i quali il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI e non presentino rispetto ad essi rapporti di collegamento o di controllo ovvero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti;
– il lavoratore titolare di due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale che cessi da uno dei detti rapporti a seguito di licenziamento, dimissioni per giusta causa, o di risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione dinanzi alla Commissione Provinciale di conciliazione di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966, e il cui reddito corrisponda ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’art. 13 del Testo Unico delle imposte sui redditi (T.U.I.R.) di cui al d.P.R. n. 917/1986[9], a condizione che comunichi all’INPS entro 30 giorni dalla domanda di prestazione il reddito annuo previsto;[10]
– il lavoratore che intraprenda un’attività autonoma o di impresa individuale, dalla quale ricava un reddito che corrisponde ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’art. 13 del Testo Unico delle imposte sui redditi (T.U.I.R.) di cui al d.P.R. n. 917/1986, a condizione che informi l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne.[11] Il lavoratore esentato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi è tenuto a presentare all’INPS un’apposita autodichiarazione concernente il reddito ricavato dall’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale entro il 31 marzo dell’anno successivo, a pena di restituzione della NASpI percepita dalla data di inizio dell’attività autonoma o di impresa individuale.
Tuttavia, in tali ipotesi eccezionali la NASpI non verrà corrisposta in misura integrale, ma sarà ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto (art. 10, comma 1, D.lgs. n. 22/2015).
2. Le conseguenze civili dell’indebita percezione della NASpI
All’infuori dei casi esaminati, il lavoratore non ha diritto di percepire la NASpI, sicché l’eventuale percezione della prestazione previdenziale risulterà indebita, con conseguenze in ambito civile e penale.
In particolare, l’INPS – Istituto Previdenziale erogante –, accertato che il lavoratore non ha diritto a percepire la NASpI, può senz’altro richiedere la restituzione delle somme erogate, ai sensi dell’art. 2033 c.c., il quale dispone che “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”.
Tuttavia, in virtù del disposto di cui all’art. 10, comma 2-bis, T.U.I.R. – il quale dispone che le somme assoggettate a ritenuta “sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili” – la ripetizione delle somme erogate a titolo di NASpI, essendo assoggettate a ritenuta IRPEF[12], può avere ad oggetto soltanto le somme effettivamente percepite dal lavoratore e, dunque, al netto delle ritenute fiscali[13] operate dall’INPS in qualità di sostituto di imposta.[14]
In caso di mancata restituzione delle somme, l’INPS potrà agire giudizialmente, in via esecutiva, nei confronti del lavoratore al fine di recuperare le somme corrisposte, con conseguente possibile aggravamento delle spese a carico del lavoratore.
Ai sensi dell’art. 2935 e dell’art. 2946 c.c., l’azione di ripetizione dell’indebito si prescrive nel termine ordinario decennale, decorrente dal giorno in cui l’INPS può far valere il suo diritto, che deve individuarsi nel momento in cui l’Istituto Previdenziale viene a conoscenza dell’illegittima percezione della NASpI da parte del lavoratore disoccupato.
Ciò salvo che non intervenga un atto interruttivo della prescrizione.
Infatti, ai sensi dell’art. 2943 c.c., il compimento di determinati atti[15] comporta l’interruzione della prescrizione, per effetto della quale – ai sensi dell’art. 2945, comma 1, c.c. – inizia un nuovo periodo di prescrizione.
In ogni caso, ai sensi dell’art. 2043 c.c. – il quale dispone che “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” – l’INPS potrà agire al fine di ottenere il risarcimento del danno subìto a causa della condotta illecita del lavoratore.
Ai sensi dell’art. 2947, comma 1, c.c., “Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato”.
Tuttavia, il suddetto termine prescrizionale trova applicazione soltanto laddove un fatto risulti illecito esclusivamente in ambito civilistico.
Infatti, ai sensi dell’art. 2947, comma 3, I cpv., c.c. “[…] se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile”.
Pertanto, in tale ultimo caso, ai fini prescrizionali, dovrà farsi riferimento a quanto di seguito esposto.
3. Le conseguenze penali dell’indebita percezione della NASpI
Da un punto di vista prettamente penalistico, l’indebita percezione della NASpI può astrattamente configurare le seguenti ipotesi di reato:
– Il delitto di “Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” di cui all’art. 640-bisp., il quale dispone che “La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d’ufficio se il fatto di cui all’articolo 640 (Truffa c.d. “semplice”) riguarda contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”;
– Il delitto di “Indebita percezione di erogazioni pubbliche” di cui all’art. 316-terp., il quale dispone che “Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640 bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. […] Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”;[16]
– Il delitto di “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” di cui all’art. 483 c.p., il quale dispone che “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni”.[17]
Come sopra esposto con riferimento alle azioni civili, anche l’azione penale può cadere in prescrizione, estinguendo così il reato e, conseguentemente, impedendo all’Autorità Giudiziaria di punire il colpevole.
In particolare, l’art. 157 c.p. dispone che “La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria”.
Sulla scorta del suddetto principio, quindi, il delitto di cui all’art. 640-bis c.p. si prescrive nel termine di 7 anni, mentre quello di cui all’art. 316-ter e all’art. 483 c.p. nel termine di 6 anni.
Segnatamente al momento in cui il termine prescrizionale inizia a decorrere, si richiama l’art. 158 c.p., il quale dispone che “Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; […] per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione”.
Pertanto, per il delitto di falsità ideologica – trattandosi di reato istantaneo che si consuma nel momento in cui viene realizzata la condotta illecita (nel caso di specie, la presentazione della domanda di NASpI all’INPS) – la prescrizione decorrerà dal giorno di presentazione della domanda ove fu attestata la falsità; invece, per i delitti di truffa aggravata e di indebita percezione – trattandosi di reati permanenti (i quali continueranno a consumarsi finché verrà percepita la NASpI) – la prescrizione decorrerà dal momento in cui cesserà l’illegittima percezione della prestazione previdenziale.
Tuttavia, ciò risulta valevole nel caso in assenza di atti interruttivi della prescrizione.
Infatti, ai sensi dell’art. 160 c.p., il compimento di determinati atti[18] comporta l’interruzione della prescrizione, la quale comincerà nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione.[19]
4. Le sanzioni amministrative applicabili in caso di indebita percezione della NASpI
Per completezza, si segnala che, in ipotesi meno gravi e quindi in via del tutto residuale, la legge prevede la punizione dell’indebita percezione della NASpI soltanto con l’irrogazione di sanzioni amministrative[20].
Infatti, l’art. 115, comma 1, del R.D.L. n. 1827/1935 dispone che “Chi indebitamente riscuote con alterazioni di dati o con altri modi dolosi l’indennità di disoccupazione è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire ottocentomila a quattro milioni ottocentomila”.
Altresì, il successivo art. 116 dispone che “Chiunque fa dichiarazioni false o compie altri fatti fraudolenti al fine di procurare indebitamente a sé o ad altri prestazioni che rientrino nelle assicurazioni contemplate nel presente decreto, è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trecentomila a un milione ottocentomila”.
[1] La NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI introdotte dall’art. 2 della Legge n. 92/2012 (c.d. “Legge Fornero”), con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015 (art. 1, II cpv., D.lgs. n. 22/2015). Ai sensi dell’art. 5 D.lgs. n. 22/2015, “La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alle metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni”, per un massimo di 24 mesi.
[2] Sono esclusi da tale diritto i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato. A decorrere dal 1° gennaio 2022 sono destinatari della NASpI anche gli operai agricoli a tempo indeterminato delle cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci (art. 2 D.lgs. n. 22/2015).
[3] Ai sensi dell’art. 3, comma 2, D.lgs. n. 22/2015, la NASpI è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione dinanzi alla Commissione Provinciale di conciliazione, ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 604/1966. ““l’evento coperto dal trattamento di disoccupazione è l’involontaria disoccupazione per mancanza di lavoro, ossia quella inattività, conseguente alla cessazione di un precedente rapporto di lavoro, non riconducibile alla volontà del lavoratore, ma dipendente da ragioni obiettive e cioè mancanza della richiesta di prestazioni del mercato di lavoro (così Corte Cost. 16/07/1968, n. 103). La sua funzione è quella di fornire in tale situazione ai lavoratori (e alle loro famiglie) un sostegno al reddito, in attuazione della previsione dell’art. 38 II comma della Costituzione” (v., Cass civ. – Sez. L, Sentenza n. 28295 del 04/11/2019)” (Cass. n. Trib. Udine, Sez. lavoro, Sent. 26.08.2022).
[4] “Sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro di cui all’articolo 13, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego”, art. 19, comma 1, D.lgs. n. 150/2015.
[5] “Il requisito di cui al comma 1, lettera c), cessa di applicarsi con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2022” art. 3, comma 1-bis, D.lgs. n. 22/2015.
[6] La decadenza dal diritto di percepire la NASpI si realizza automaticamente al momento del raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, a prescindere dalla materiale percezione o meno di tale prestazione previdenziale (cfr. Corte d’Appello Roma, Sez. lavoro, Sent., 13.12.2022); contra, Trib. Lucca secondo cui “Ai sensi dell’art. 2, co. 40, lett. c) della L. n. 92 del 2012, la decadenza dal beneficio NASpI avviene al “al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipata” e “la decadenza si realizza al momento in cui si verifica l’evento che la determinata, con obbligo di restituire l’indennità che eventualmente continuato a percepire”. Come efficacemente e in modo condivisibile osservato dalla giurisprudenza di merito, nel formulare tale disposizione il legislatore ha impiegato il termine “pensionamento” -e non pensione- proprio per indicare che “non è sufficiente l’acquisizione dei requisiti per l’accesso teorico alla pensione ma è necessaria l’acquisizione della pensione (“pensionamento”), a seguito di effettiva domanda amministrativa” (Cfr. Corte d’Appello di Roma, Sez. Lav., sent. n. 1127/2021). La norma citata infatti mira a evitare che il soggetto interessato possa cumulare i due benefici, ossia il trattamento pensionistico e la NASpI, perché altrimenti percepirebbe indebitamente due fonti di reddito” (Trib. Lucca, Sez. lavoro, Sent., 30.09.2021).
[7] Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a 6 mesi. In tal caso la prestazione è sospesa d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro (art. 9, comma 1, D.lgs. n. 22/2015).
[8] Il lavoratore decade dalla fruizione della NASpI in caso di inizio di un’attività lavorativa subordinata senza provvedere
alla comunicazione (art. 11, lett. b), D.lgs. n. 22/2015).
[9] “1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), spetta una detrazione all’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell’anno, pari a: a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro […]; b) 1.910 euro, aumentata del prodotto tra 1.190 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 13.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro; c) 1.910 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro). 1.1. La detrazione spettante ai sensi del comma 1 è aumentata di un importo pari a 65 euro, se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 35.000 euro. 3. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di pensione di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), spetta una detrazione dall’imposta lorda, non cumulabile con quella prevista al comma 1 del presente articolo, rapportata al periodo di pensione nell’anno, pari a: a) 1.955 euro, se il reddito complessivo non supera 8.500 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro; b) 700 euro, umentata del prodotto fra 1.255 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 19.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.500 euro ma non a 28.000 euro; c) 700 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro. 3-bis. La detrazione spettante ai sensi del comma 3 è aumentata di un importo pari a 50 euro, se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 29.000 euro. 5. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 50, comma 1, lettere e), f), g), h) e i), ad esclusione di quelli derivanti dagli assegni periodici indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c), fra gli oneri deducibili, 53, 66 e 67, comma 1, lettere i) e l), spetta una detrazione dall’imposta lorda, non cumulabile con quelle previste ai commi 1, 2, 3 e 4 del presente articolo, pari a: a) 1.265 euro, se il reddito complessivo non supera 5.500 euro; b) 500 euro, aumentata del prodotto fra 765 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 22.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 5.500 euro ma non a 28.000 euro; b-bis) 500 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro. 5-bis. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi derivanti dagli assegni periodici indicati fra gli oneri deducibili nell’articolo 10, comma 1, lettera c), spetta una detrazione dall’imposta lorda, non cumulabile con quelle previste dai commi 1, 2, 3, 4 e 5, in misura pari a quelle di cui al comma 3, non rapportate ad alcun periodo nell’anno. 5-ter. La detrazione spettante ai sensi del comma 5 è aumentata di un importo pari a 50 euro, se il reddito complessivo è superiore a 11.000 euro ma non a 17.000 euro. 6. Se il risultato dei rapporti indicati nei commi 1, 3, 4 e 5 è maggiore di zero, lo stesso si assume nelle prime quattro cifre decimali” (art. 13, d.P.R. n. 917/1986).
[10] Il lavoratore decade dalla fruizione della NASpI in caso di inizio di un’attività lavorativa subordinata senza provvedere alla comunicazione (art. 11, lett. b), D.lgs. n. 22/2015).
[11] Il lavoratore decade dalla fruizione della NASpI in caso di inizio di un’attività lavorativa subordinata senza provvedere alla comunicazione (art. 11, lett. c), D.lgs. n. 22/2015). “[…] la decadenza si verifica, secondo quanto stabilito dall’art. 11 cit., quando l’interessato, iniziando un’attività lavorativa nel periodo in cui beneficia della NASPI, non abbia comunicato entro 30 gg. dall’inizio di tale attività il prevedibile reddito annuo da essa conseguibile e non già nella diversa ipotesi – che viene qui in considerazione – in cui l’interessato già anteriormente alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato (in dipendenza della quale viene corrisposta la NASpI) svolga attività lavorativa, e ciò tanto più considerando che la comunicazione del reddito, secondo il disposto di legge, va effettuata entro 30 gg. “dall’inizio dell’attività” mentre secondo l’INPS l’odierna appellata sarebbe decaduto per non aver effettuato la comunicazione entro 30 gg. dalla domanda amministrativa di NASPI. Il fatto che la decadenza per tale differente ipotesi sia stata stabilita dalla Circolare I.n.p.s. n. 94/1995 (… la decadenza si verifica anche quando la mancata comunicazione sia relativa ad un’attività lavorativa iniziata prima della cessazione del rapporto di lavoro subordinato …”) nulla aggiunge ai fini della decisione poiché le disposizioni sulla decadenza, in quanto di natura eccezionale, non possono applicarsi in via analogica ai casi non espressamente previsti (v. Cass., nn. 8700/2000, 3023/1990, 4260/84)” (Corte d’Appello Torino, Sez. lavoro, Sent. 22.11.2022); contra, Trib. Bari secondo cui “La soluzione estensiva indicata dalla Circolare Inps 94/2015 (“in caso di svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma … il soggetto beneficiario deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, o entro un mese dalla domanda di NASpI se l’attività era preesistente, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività”) è in effetti del tutto ragionevole, imponendo uguale trattamento, in assenza di ragioni di differenziazione, senza distinguere tra attività già in atto prima della NASpI ed attività avviate successivamente alla percezione del beneficio” (Trib. Bari, Sez. lavoro, Sent. 3.07.2020; nello stesso senso, ex plurimis, Corte d’Appello Roma, Sez. lavoro, Sent., 15.11.2022).
[12] Ai sensi dell’art. 6, comma 2, del T.U.I.R. “I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”.
[13] Invero, prima dell’introduzione del comma 2-bis all’art. 10 del T.I.U.R., tale principio era già affermato dalla giurisprudenza maggioritaria (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. lavoro, Sent., n. 1464/2012; Cons. Stato n. 1164/2009).
[14] Ai sensi dell’art. 64, comma 1, d.P.R. n. 600/1973 “Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso”.
[15] “La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo. È pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio. […] La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore […]” (art. 2943 c.c.).
[16] Sul punto, G. Tringali, Indebita percezione e truffa ai danni dello Stato: i confini tra le due fattispecie, in Altalex, 2016, https://www.altalex.com/documents/news/2016/11/29/indebita-percezione-e-truffa-ai-danni-dello-stato-il-confine-tra-le-fattispecie.
[17] Invero, il reato di “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” resta assorbito in quello di “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” in tutti i casi in cui l’uso o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi costituiscano elementi essenziali di quest’ultimo.
[18] “Interrompono la prescrizione l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria, su delega del pubblico ministero, o al giudice, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio, il decreto di citazione a giudizio e il decreto di condanna” (art. 160, comma 2, c.p.).
[19] In nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto – o, nell’ipotesi del reato di truffa aggravata di cui all’art. 640-bis c.p., della metà – del tempo necessario a prescrivere.
[20] Sul punto, M. Miscione, Sanzioni per illegittime indennità di disoccupazione o illegittimo Reddito di Cittadinanza, in Lav. Giur., 3, 2020.
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Avv. Andrea Persichetti
Dopo aver conseguito a pieni voti la Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Camerino con tesi in Diritto Amministrativo ("Il principio di precauzione e la valutazione del rischio: il caso dei vaccini obbligatori"), ha svolto la pratica forense presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino.
Svolge la professione di Avvocato occupandosi di diritto civile e di diritto del lavoro, con particolare riguardo alla materia previdenziale, alle questioni di infortunistica sul lavoro e controversie INAIL.
È abilitato a presentare istanze e ricorsi all'INPS ed è Intermediario abilitato a svolgere attività in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, ai sensi della Legge n. 12/1979.
Collabora con l’Ufficio del Massimario dell’Associazione dei Giovani Avvocati di Torino – AGAT ed è autore di articoli di interesse giuridico.
È iscritto all'Ordine degli Avvocati di Torino (Studio legale in Torino, Via Giannone n. 1 - Tel.: 011 51 11 005 - Mail: andreapersichetti91@gmail.com).