Disposizioni contro l’immigrazione clandestina. La parola alle Sezioni Unite

Disposizioni contro l’immigrazione clandestina. La parola alle Sezioni Unite

1. Con l’ordinanza 11889 del 2018, depositata in data 15 marzo 2018, la prima Sezione penale della Corte di Cassazione ha rimesso alla più autorevole composizione dell’organo di legittimità la questione relativa all’individuazione del discrimine tra l’articolo 12, primo comma, e 12, terzo comma, del Testo Unico sull’immigrazione clandestina di cui al Decreto Legislativo 286 del 1998.

Il primo comma dell’articolo in esame recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona.”

Nel terzo comma, invece, si dice: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui: a)il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b)la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti ontraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti”.

2. La questione prende le mosse da un procedimento penale avviato nei confronti di un imputato che, in concorso con altri, aveva compiuto atti diretti a procurare l’ingresso illegale nel territorio italiano a favore di tre cittadini pakistani, senza tuttavia che nessuno di essi riuscisse ad accedervi.

Una volta conclusa la prima fase di merito con l’affermazione della responsabilità del prevenuto per il reato di cui all’articolo 12, terzo comma, lettera d) del citato decreto, il Giudice del secondo grado derubricava il fatto nell’ipotesi più lieve prevista dal primo comma del medesimo articolo, avendo ritenuto determinante la mancanza di accesso nel territorio dello Stato da parte dei tre cittadini pakistani.

In seguito al ricorso in Cassazione da parte del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, la questione è stata affidata al vaglio delle Sezioni Unite, in virtù della sussistenza di due interpretazioni contrastanti circa il rapporto tra l’ipotesi di cui al primo comma e quella di cui al terzo comma dell’articolo 12 del decreto.

3. La problematica è duplice: in primis, osserva la Sezione remittente, occorre determinare se le ipotesi di cui al terzo comma integrino autonome fattispecie criminose ovvero circostanze del reato previsto dal primo comma, e, in secundis, se, preferita la prima soluzione, si tratti di un reato “a consumazione anticipata” ovvero se sia necessario l’effettivo ingresso dell’immigrato nel territorio dello Stato.

Su tali punti è possibile registrare un panorama giurisprudenziale vario e disomogeneo.

a) Da un lato si collocano le tesi di coloro che, a dispetto del tenore letterale della norma, qualificano la fattispecie in esame quale ipotesi circostanziata del reato previsto dal primo comma dell’articolo 12 (ex multis 14654 del 2016).

In quest’ottica, l’elemento determinante sarebbe da rinvenire nel rapporto strutturale tra i due commi, in virtù del quale sarebbe possibile riscontrare la specialità “per aggiunta” dei fatti criminosi elencati nel terzo comma rispetto alla condotta “semplice” prevista dal primo.

In questo senso è evidenziato il dato che, nonostante l’insolita formulazione della norma, l’elencazione tassativa di ipotesi più gravi rispetto a quella base corrisponderebbe alla tecnica di redazione “classica” delle ipotesi criminose aggravate.

Nella medesima luce, secondo questo primo indirizzo, dovrebbe essere letta anche la scelta di mantenere ciascuna condotta all’interno di un’unica norma incriminatrice, nella quale, non solo dovrebbe riscontrarsi la tutela dello stesso bene giuridico, ma sarebbe anche prevista una progressione sanzionatoria parallela alla gravità della condotta dell’imputato.

b) Dall’altro lato, secondo una esegesi alternativa, sarebbe preferibile la scelta di qualificare le ipotesi in commento quali fattispecie criminose autonome.

Tale approdo risolutivo si rinviene in due diverse soluzioni giurisprudenziali che si distinguono, tuttavia, nella diversa individuazione della soglia di consumazione del reato di cui al comma tre.

b1) Una prima impostazione ermeneutica ritiene che, diversamente dall’ipotesi di cui primo comma dell’articolo 12, il presupposto della fattispecie prevista dal terzo comma sarebbe l’ingresso effettivo dell’immigrato all’interno dello Stato.

Ciò troverebbe il suo fondamento logico nella maggiore previsione sanzionatoria del terzo comma e nella scelta del legislatore di considerare nel comma 3-ter le due fattispecie in commento in maniera distinta.

b2) Una seconda impostazione, invece, pur avvalorando la tesi dell’autonomia delle due fattispecie, sostiene che entrambe le ipotesi, sia il terzo comma che il primo comma, sarebbero da configurare quali reati di pericolo o “a consumazione anticipata”, indifferente perciò dall’effettivo ingresso dell’immigrato, in virtù del fatto che nel dato testuale della norma non vi sarebbe alcun elemento dal quale desumere altrimenti.

4. La sentenza in esame, pertanto, pone al vaglio delle Sezioni Unite una questione di non semplice soluzione, intorno alla quale – si è visto – la Corte di Cassazione si è pronunciata plurime volte, adottando scelte interpretative contrastanti, con conseguente pregiudizio per la funzione nomofilattica dell’interpretazione del Giudice di legittimità.

Devo tuttavia evidenziarsi quanto, a parere dello scrivente, in questo caso più che in altri, la tecnica redazionale adottata dal legislatore possa essere foriera di dubbi e perplessità, che, in una materia come quella dell’immigrazione, dovrebbero essere del tutto assenti, considerata la delicatezza del periodo storico nel quale ci troviamo e l’importanza dei diritti fondamentali coinvolti.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Gianlorenzo Franceschini

Gianlorenzo Franceschini nasce nel 1990 e si laurea in Giurisprudenza nel 2015, con il voto di 110/110, scrivendo una tesi in Economia dell'impresa e dell'innovazione dal titolo "Barriere all’Innovazione. Il loro impatto sulla performance dell’impresa e le strategie di intervento". Perfeziona, in seguito, anche la pratica forense in uno studio legale, occupandosi prevalentemente di diritto civile e di diritto di famiglia, ed il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 D.L. 69/13 presso la Procura della Repubblica di Pesaro. Nell'ottobre del 2018 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

Articoli inerenti